Il consolidamento della rupe e delle pendici di Civita di Bagnoregio: indagini pregresse e proposte di intervento

Parte II

 

7. Caratterizzazione geomeccanica

    7.1 Indagini geognostiche recenti

    7.2 Caratterizzazione geomeccanica delle ignimbriti stratificate e compatte

    7.3 Analisi dei risultati

    7.4 Nuovi sondaggi geognostici

    7.5 Rielevo meso strutturale della rupe

    7.6 Analisi dei risultati

8. Realizzazione del Modello Digitale del Terreno

    8.1 Sviluppo del progetto

9. Analisi a ritroso

    9.1 Applicazione della back analysis alle frane di Civita

10. Modello evolutivo dei versanti e analisi di stabilità

    10.1 Lineamenti generali

    10.2 Evoluzione del drenaggio

    10.3 Evoluzione dei versanti argillosi

    10.4 Tendenze evolutive in atto

    10.5 Analisi di stabilità

    10.6 Analisi dei risultati

    10.7 Analisi di stabilità della coltre detritica

    10.8 Validazione del modello evolutivo dei versanti

11. Analisi dell’esposizione

    11.1 Premessa

    11.2 Censimento e schedatura degli elementi a rischio

    11.3 Attribuzione di un indice d’esposizione (IE)

    11.4 Metodologia d’assegnazione dell’indice d’esposizione per i beni Arcitettonici e realizzazione della carta delle priorità

12. Analisi della vulnerabilità

    12.1 Definizione

    12.2 Metodologia adottata per l’assegnazione dell’indice di vulnerabilità

13. Analisi di pericolosità

    13.1 Definizione

    13.2 Metodologia per la definizione della pericolosità da frana a Civita

14. Analisi di rischio

    14.1 Definizione

    14.2 Metodologia per la valutazione del rischio da frana a Civita

15. Ipotesi dell’intervento di sistemazione

    15.1 Premessa

    15.2 Realizzazione di una sezione tipo

16. Bibliografia

Allegati

 

Indice Civita di Bagnoregio

 

7.  Caratterizzazione geomeccanica

 

7.1.  Indagini geognostiche recenti

Al fine di meglio caratterizzare dal punto di vista stratigrafico la formazione argillosa di Civita, nel mese di Maggio 2001, sono stati effettuati sotto il lato Nord della rupe due sondaggi verticali a carotaggio continuo, spinti fino a 30 m di profondità,  denominati S3 e S4 la cui ubicazione è riportata in Figura 17 e 18

I due fori sono stati realizzati con una sonda soil system D- 250 C con cingoli in gomme utilizzando il sistema aste e carotiere. In particolare è stato impiegato un carotiere semplice con corona al widia, sezione di 101 mm e con diametro delle aste di perforazione di 67 mm . Il foro è stato rivestito per 3 m dal p.c. da un tubo del diametro di 127 mm .

Nel fondo del foro S3 è stato posizionato un tubo inclinometrico e un cavo coassiale TDR, mentre a fondo del foro S4 è stato posto un tubo piezometrico da 2” ½ . Gli ultimi 10 m del tubo sono stati fessurati (tubo sfinestrato) ed in questo tratto è stata realizzata una superficie filtrante mediante “tessuto non tessuto” e ghiaietto.  

Fig.17  Ubicazione del sondaggio S3

 

Fig.18  Ubicazione del sondaggio S4

Nelle figure 19, 20 e 21 sono riportate le fasi di installazione del tubo inclinometrico e del tubo piezometrico ed il materiale di sondaggio relativo ad una data profondità.  

fig. 19             Messa in opera del tubo inclinometrico e del cavo coassiale  

 

Fig.20 Messa in opera del tubo piezometrico

 

Fig.21 Carote del sondaggio S4 raccolte da 0.0 a 5.0 m dal p.c.

 

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7.2.    Caratterizzazione geomeccanica delle ignimbriti stratificate e compatte

Al fine di disporre di  dati geotecnici significativi necessari per il modello evolutivo dei versanti e per la realizzazione del progetto di consolidamento della rupe di Civita,  è stato effettuato un sondaggio a carotaggio continuo adiacente alla piazza del Vescovato, in prossimità del ciglio Nord della rupe. Il sondaggio  è stato spinto sino a 58.5 m anche se i campioni prelevati interessano soltanto la formazione del tufo litoide superficiale che nel punto del sondaggio ha  una potenza di circa 25m. Nelle sottostanti piroclastiti, in virtù della loro scarsa coesione, non è stato possibile prelevare campioni indisturbati significativi anche con l’uso del doppio carotiere. Sulle carote cilindriche prelevate dal sondaggio, sono stati ricavati diversi provini utilizzati per effettuate le seguenti prove meccaniche (O. Iacurto et Al., 1995):

Nella tabella seguente, per ciascun intervallo di profondità, è stato riportato:

 

Tabella 15

Prova di carico puntiforme

Prova di taglio indiretto

 

Profondità(m)

Is(50)min.

(Kg/cm2)

Is(50)max.

(Kg/cm2)

Is(50)med.

(Kg/cm2)

CV

 Is(D)

(Kg/cm2)

sl min.

(Kg/cm2)

sl max.

(Kg/cm2)

sl med.

(Kg/cm2)

CV

3.60-3.85

1.99

2.95

2.52

0.16

2.21

1.85

2.89

2.33

0.24

6.60-7.00

3.06

5.24

4.49

0.20

4.02

3.10

4.60

3.82

0.18

10.30-10.70

2,69

5.83

4.18

0.21

3.65

3,35

5.04

4.00

0.16

13.00-13.30

3.66

5.73

4.78

0.25

4.15

3.80

4.93

4.27

0.13

15.30-15.70

3.31

6.19

4,24

0.27

3.36

3.03

5.22

4.13

0.21

15.70-16.30

2.91

5.71

4.52

0.21

4.90

2.68

5.44

4.00

0.23

17.30-17.80

3.43

6.78

4.52

0.24

4.00

3,46

5.89

4.75

0.17

19.80-20.10

2.17

5.14

3,78

0.29

3.25

3.37

6.23

4.82

0.22

20.45-20.65

2.27

4.78

3.68

0.22

3.16

2.56

6.22

4.01

0.35

25.30-25.60

1.22

3.58

2.11

0.44

1.8

0.92

2.51

1.76

0.39

 

Nella tabella 16 che segue sono stati riportati in ordine:

 

Tabella 16

Profondità

(m)

(Kg/cm2)

(Kg/cm2)

(Kg/cm2)

Et(50)min.

(Kg/cm2)

Et(50)max.

(Kg/cm2)

Et(50)med.

(Kg/cm2)

Esmin.

(Kg/cm2)

Esmax.

(Kg/cm2)

Esmed.

(Kg/cm2)

2.70-22.30

Secchi

10.91

27.76

15.45

850

1900

1302

440

1580

1062

2.90-22.25

Saturi

8.71

30.28

14.44

750

1900

1183

490

1820

992

 

Inoltre è stato calcolato il peso di volume nel caso di provini secchi e saturi:

 

Tabella 17

Caratteristiche provini/Peso di volume secco 

gdmin. (g/cm3)

gdmax. (g/cm3)

gdmed. (g/cm3)

Provini secchi

1.16

1.38

1.26

Provini saturi

1.11

1,36

1.22

 

I risultati delle prove di compressione sono stati anche utilizzati per determinare la posizione dei provini di tufo di Civita, nella classifica di Deere e Miller 1966 che distribuisce le rocce in 5 classi che vanno da A ad E in funzione decrescente della resistenza a compressione, ed in 3 gruppi (H=Alto,M=Medio,L=basso) in funzione decrescente del rapporto di modulo dato a sua volta dal rapporto tra Et(50) e la resistenza a compressione  riportate.  In tal senso sono stati considerati, per i provini cilindrici secchi e saturi, i valori di sf  in (MPa ed i valori di Et(50) in (GPa) (tabella 18). 

Tabella 18

Provini secchi

Provini saturi

   sf   (MPa)

Et(50) (GPa)

sf   (MPa)

Et(50) (GPa)

1,11

0,083351

0,897249

0,073545

1,07

0,100021

1,520911

0,103944

1,08

0,071584

1,175739

0,088254

1,71

0,156896

0,854103

0,066681

1,41

0,112769

1,442463

0,161799

1,56

0,112769

1,067873

0,166702

1,56

0,14709

1,45521

0,117672

1,36

0,156896

1,248304

0,067661

1,62

0,149051

1,524833

0,127478

2,72

0,186314

2,969257

0,186314

 

Se riportiamo questi dati su un diagramma i cui in ordinate poniamo Et(50) in GPa e  in ascisse sf in Mpa, otteniamo la distribuzione di figura 22.

           

Fig. 22 Posizione dei provini secchi e saturi nel grafico di Deere

 

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7.3.    Analisi dei risultati

Se prendiamo in considerazione la stratigrafia del sondaggio non distruttivo e vi riportiamo a lato i valori medi di Is(D) ottenuti con la prova di carico puntiforme, i valori medi di sl med ottenuti con la prova di trazione indiretta e i valori medi di sf  per i campioni secchi derivanti dalle prove E.L.L., notiamo:

  1. I termini a minor resistenza alla prova di carico puntiforme, caratterizzati da bassi valori di  Is(D),  si trovano fino a 6 m di profondità  e per  profondità superiori a 20 rispettivamente in corrispondenza del terreno di riporto  ed in prossimità  del passaggio ai tufi stratificati semilitoidi in cui il tufo si presenta molto alterato. Entrambi questi strati sono caratterizzati da scadenti proprietà meccaniche.

I campioni invece che provengono dai livelli intermedi hanno valori abbastanza uniforme di Is(D)

 

  1. La distribuzione dei valori di sl med. con la profondità mostra come i bassi valori di sl med .li troviamo, analogamente al caso precedente, fino a 6 m ed in  profondità superiori a 20m, mentre per profondità superiori si notano piccole discordanze tra i valori delle due prove.

 

  1. La distribuzione dei valori di  sf  con la profondità per i campioni secchi mostra come questi valori sono di molto superiori a quelli precedenti e presentano un andamento  con la profondità abbastanza uniforme fino a circa 16 m .

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7.4.    Nuovi sondaggi geognostici

Nel mese di Marzo 2001 nell’abitato di Civita, presso il lato Nord della rupe, sono stati effettuati due sondaggi inclinati a carotaggio continuo denominati S1 e S2 spinti rispettivamente a 20 m e 19 m dal p.c. (Fig.23 e 23). L’inclinazione dei sondaggi S1 e S2 rispetto all’orizzontale è rispettivamente di 40° e di 20°. La realizzazione dei due sondaggi ha avuto un duplice obiettivo: caratterizzare stratigraficamente la formazione tufacea e consentire l’installazione di due estensimetri multi base, costituiti da due basi di misura posizionate rispettivamente alla profondità di 12.5 m e di 19.5 m   in S1 e di 8.5 m e 18.5 m in S2.

I due fori sono stati realizzati con una sonda soil system D- 250 C con cingoli in gomme utilizzando il sistema aste e carotiere. In particolare è stato impiegato un carotiere semplice con corona al widia, sezione di 101 mm e con diametro delle aste di perforazione di 67 mm . La perforazione è stata eseguita a secco senza l’utilizzo di acqua come fluido di circolazione.

Figura 23  ubicazione e realizzazione del sondaggio S1  

 

Figura 24  ubicazione e realizzazione del sondaggio S2

Mentre nelle figure 25 e 26 sono riportate la messa in opera dell’estensimetro e una cassetta con il materiale estratto.

Fig.25  Fase della messa in opera dell’estensimetro

 

Fig.26 Materiale del sondaggio S1 estratto da 10.0 a 15.0 m dal p.c.

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7.5.   Rilievo meso - strutturale della rupe

La realizzazione del progetto di monitoraggio e consolidamento della rupe, necessita preliminarmente la conoscenza di dettaglio del grado di fatturazione delle due formazioni tufacee presenti a Civita. A tal fine è stata condotta una campagna di rilevamento (F. Cevolani et Alii,1990) delle discontinuità strutturali con l’identificazione della direzione e inclinazione delle fratture esistenti legate allo stato deformativi dei tufi litoidi. Lo studio della densità ed orientamento reciproco tra le diverse fratture rappresenta un ottimo strumento planimetrico per la progettazione e il dimensionamento di sistemi di consolidamento, ad esempio tramite ancoraggi, chiodature ecc. Il rilevamento meso - strutturale è stato condotto anche all’interno delle grotte e delle cantine ricavate nella formazione del tufo litoide, evidenziando la presenza di molte fratture attraversate dall’acqua di infiltrazione: la struttura dei tufi è relativamente rigida ma a causa della loro elevata porosità, l’assorbimento di acqua, da origine ad una riduzione della loro resistenza meccanica che può dar luogo a crolli anche in presenza di sollecitazioni isotrope relativamente basse (MANFREDINI G. ET ALII, 1980).  
Il rilevamento strutturale dello stato di fratturazione può evidenziare in quale misura, tale fenomeno sia legato alle deformazioni viscoplastiche originatesi nelle argille sottostanti oppure se sia conseguenza del collasso della rupe in seguito alla mancanza di contenimenti laterali (fenomeni di toppling).  
La metodologia adottata nel rilevamento e catalogazione delle fratture è quella descritta in SALVINI F.ET AL.,1982 basata sull’analisi statistica delle deformazioni (Fratture, piani di strato, faglie, ecc.) per definire tramite il modello interpretativo di ANDERSON
E.M. 1965, l’andamento areale dei principali campi di stress.

Sono state quindi realizzate 13 stazioni strutturali di rilevamento, di cui 7 nei tufi stratificati e 6 nei tufi litoidi (Fig.27)

Fig.27  Ubicazione delle stazioni di rilevamento

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7.6.    Analisi dei risultati

Le fratture complessivamente rilevate su entrambe le formazioni tufacee ammontano a 309. Di queste 121 sono state rilevate nelle 7 stazioni installate sui tufi stratificati e le rimanenti rilevate nelle stazioni interessanti il tufo litoide. Le misure effettuate nelle stazioni del tufo stratificato hanno interessato sia il bordo della rupe  con le stazioni 5, 6 e 10 che l’interno del tunnel etrusco e delle cantine all’interno di essa.  
Delle 6 stazioni ricavate nei tufi stratificati,
5 sono state realizzate sulla placca più interna  del tufo litoide e la rimanente, nella contrada Mercatello.
Dalle analisi effettuate risulta che la fatturazione del tufo litoide si dispone secondo due trend principali: il primo con maggior numero di misure è compreso tra l’E-O e il S-O-NE ed è simile (Fig.28) all’andamento riscontrato nei tufi stratificati; il secondo circa ortogonale è presente soprattutto sul lato meridionale della rupe ed è originato , quasi sicuramente , dall’interazione con il pendio attuale.

Fig.28 Distribuzione dei risultati meso strutturali relativi alla formazione del tufo litoide

Sulla base delle analisi strutturali risulta:

·    la formazione dei tufi stratificati ha risposto alle sollecitazioni passate fratturandosi.  In essa infatti non sono rinvenibili deformazioni plastiche se non alcune dovute alle loro modalità di deposizione.

·   che la formazione dei tufi litoidi è stata interessata da una intensa fatturazione con piani con pendenze pseudoverticali. La tipologia delle fratture e la loro elevata densità sui bordi della rupe rispetto all’interno, ha consentito di escludere la loro origine singenetica da raffreddamento e di optare per quella dovuta a cause meccaniche.

 

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8.      Realizzazione del modello digitale del terreno in formato GIS

L’utilizzo di un Sistema Informativo Geografico per lo studio del sito di Civita di Bagnoregio, grazie alla estrema versatilità della piattaforma GIS per gli studi ambientali a qualunque scala, ha permesso il raggiungimento di due risultati:

q  l’implementazione e l’aggiornamento, nelle diverse fasi di sviluppo dell’attività di ricerca,  di un progetto cartografico vettoriale costituito da diversi layer informativi (shape files) che permettono il continuo scambio e dialogo tra programmi di cartografia e grafica vettoriale (dxf, dvg  files) e archiviazione dati (dbf  file) differenti;

q  la realizzazione di un modello digitale del terreno, ottenuto a partire dalla elaborazione stereoscopica di fotoaeree, che ha condotto all’elaborazione sia dei dati derivati (acclività, esposizione, idrografia, ..), sia di un’immagine utile, nella fase di output grafico, alla rappresentazione delle reali dimensioni del contesto paesaggistico.

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8.1.   Sviluppo del progetto

Il progetto è stato sviluppato con l’utilizzo di un programma di fotorestituzione digitale (APEX PCIÒ), ed un GIS  (Arcview 8.1 , ESRI Ò ) secondo la seguente procedura:

Georeferenziazione della base topografica

La prima attività realizzata è stata la scelta della base topografica di riferimento, condizionata da un lato dalle esigenze di elevato dettaglio richieste dalle finalità del progetto e dall’altro dalla reale disponibilità della cartografia presso le Amministrazioni, gli Enti, le Aziende private locali e non.
Successivamente ad una fase di ricerca e reperimento delle basi cartografiche disponibili, si è deciso di georiferire uno stralcio in formato digitale della Carta Tecnica Regionale della Regione Lazio, in scala 1: 10.000, del 1991. La georeferenziazione della base topografica ha reso il lavoro utilizzabile da tutti i soggetti del settore che adottano lo stesso sistema di riferimento (nel nostro caso si è scelto UTM 32), ed è inoltre necessaria per la calibrazione dei punti d’appoggio per il modello stereoscopico digitale.

 

Fig. 29 – Stralcio della Carta Tecnica Regionale della Regione Lazio, scala 1:10.000 (1991)

Elaborazione stereoscopica delle foto aeree  

E' stata acquistata dalla Compagnia Generale Riprese Aeree una serie di immagini aeree, in formato digitale, del volo dell’anno 1999 (TerraItalyTM  in formato .tif, digitalizzati tramite scanner fotogrammetrico) con sovrapposizione utile all’analisi stereoscopica del territorio in esame.

Fig. 30 – Foto aerea dell’abitato di Civita di Bagnoregio (Compagnia Generale Riprese Aeree, 1999; TerraItalyTM 

e relativa ortofotocarta estratta dal modello stereoscopico realizzato tramite fotorestitutore digitale (APEX PCI Ò)

Fig. 31 – Modello digitale del terreno prodotto dall’elaborazione stereoscopica delle fotoaeree

Le immagini sono state acquisite all’interno del programma di fotorestituzione digitale APEX PCIÒ, attraverso l’orientazione interna relativa ed assoluta effettuata in stereoscopia digitale, che ha permesso, successivamente ad una fase di analisi stereoscopica, di estrarre, per l’area in oggetto, un DEM in formato GRID con passo 3x3 m. e di produrre un’ortofotocarta con curve di livello con equidistanza a 5 metri   (APEX PCIÒ).
Elaborazione in un sistema informativo geografico

I file relativi al DEM e all’ortofotocarta, prodotti dall’elaborazione stereoscopica in APEX PCIÒ, sono stati esportati  in Arcview 8.1 ESRIÒ ed adeguatatmente elaborati al fine di generare i primi layers informativi in formato GRID (cellsize 3x3), quali il modello digitale del terreno (DEM), la carta delle pendenze (Slope) e la  carta dell’esposizione (Aspect).  
Successivamente è stato realizzato il TIN (Triangulate Irregular Network) che fornisce un’immagine tridimensionale dell’area.

 a)

b)

Fig. 32 – Viste tridimensionali (TIN) della rupe, realizzate con Arcview; a) vista da S; b) vista da N


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9.   Analisi a ritroso

Le tipologie di fenomeni di instabilità presenti in natura come è noto, sono molte e diversificate, questo rende difficile il loro studio, la loro interpretazione e una corretta opera di mitigazione e prevenzione.

I fenomeni di instabilità possono coinvolgere ammassi litoidi (crolli, ribaltamenti toppling, rock slide, etc.,.) oppure svilupparsi interamente in terreni di copertura (colate , rotazionali, debris flow, soil slip etc.,), la reologia del materiale determina nella maggior parte dei casi le forme e l’evoluzione dei fenomeni di instabilità. Nel nostro caso specifico ad esempio, il fenomeno di instabilità ha inizio con  la creazione di una  o più fratture nel tufo litoide, come nel caso della frana di Civita del 1993, seguito  da uno scorrimento rotazionale nell’ambito dei tufi stratificati sottostanti.

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9.1 Applicazione della back analysis alle frane di Civita

Abbiamo visto precedentemente, come la rupe Nord di Civita sia stata interessata nel 1993 e nel 1996 da due frane che hanno interessato rispettivamente la formazione tufacea ed i detriti presenti nel cavon grande. Al fine di meglio caratterizzare i meccanismi che hanno interessato le due frane e tarare le caratteristiche meccaniche delle formazioni coinvolte si farà di seguito una back analysis relativa ai due eventi.

Frana 1993

La frana in oggetto ha interessato solo la formazione dei Tufi Stratificata, poiché la frattura presente nei Tufi compatti dislocando il blocco sovrastante lo aveva gia posto in condizioni di resistenza residue. Questo significa che nei dati di input sono stati inseriti solamente le caratteristiche meccaniche relative ai Tufi stratificati. Per tener conto della presenza del tufo compatto nell’analisi e nel calcolo dell’equilibrio, verrà considerata esclusivamente  la forza peso che simuli la presenza del blocco litoide sovrastante la massa dello stratificato.  
Abbiamo assunto come criterio di rottura, nei tufi stratificati, quello teorizzato da Mohr-Coulomb, criterio che ha validità nel campo delle terre, ipotizzando così anche per questa formazione un comportamento reologico del tutto simile a quello delle terre.

La forma della superficie di scivolamento individuata post evento è quella tipica per materiali non compatti, osservazione questa che ci ha autorizzato a formulare le ipotesi e le approssimazione per questa formazione.  

La formazione dei tufi stratificati di Civita presenta, oltre a numerosi strati di diverso spessore, anche una granulometria variabile da strato a strato. Questo rende estremamente difficile la conoscenza delle caratteristiche fisiche e meccaniche utilizzando solo i dati di laboratorio.  
Il blocco dislocato interessava sia i tufi litoidi che i tufi stratificati e presentava due fratture sub parallele  e sub verticali.

Per quanto riguarda la dinamica seguita dalle due fratture si era registrato nei primi mesi del 1993 un processo di divaricazione con andamento abbastanza simile e solo successivamente si è verificato un sensibile incremento della velocità di deformazione innescando la frattura che ha portato alla frana dei primi di Settembre 1993.  
Il meccanismo d’innesco della frana, per i tufi stratificati è riconducibile al modello di rottura di Mohr-Coulomb mentre per i tufi compatti non è ipotizzabile nessun comportamento a rottura  in quanto la frattura era gia aperta e le condizioni di resistenza ultima già raggiunte. L’applicazione della back analysis  con il metodo di Morgenstern & Price impone come primo step la definizione dei parametri di input da mettere nel programma per ciascuna formazione interessata dalla frana (tufi compatti e tufi stratificati).Per i tufi compatti i parametri c,
fegli conosciamo, per i tufi stratificati no ed è proprio questo che andremo a stimare con il modello a ritroso.  
Con la back analysis vogliamo trovare quindi i possibili valori di  c,
feg che forniscono FS=1, note le condizioni geometriche dell’evento. Poiché la frana è avvenuta in settembre, periodi di siccità, consideriamo l’equilibrio in assenza di falda con valore della piezometrica pari a zero.

A tal fine si procede iterativamente e alternativamente, assumendo ad esempio per i tufi stratificati  g =1.6g/cm3  e fornendo coppie di valori di c e f in condizioni di equilibrio limite (FS=1).

1° iterazione

Assumiamo per i tufi stratificati come primo tentativo c=112 (kg/cmq), f=45°

Tipologia formazione/Caratteristiche

Peso di volume

g(g/cm3)

Coesione

c(Kg/cm2)

Angolo attrito

f  (°)

Tufi compatti

1.4

0

0

Tufi stratificati

1.6

112

45

Fattore di sicurezza FS= 1,16

Essendo il valore troppo lontano dalla condizione limite si procede con il secondo tentativo.

2° iterazione

In questo tentativo per i tufi stratificati assumiamo c=112 (kg/cmq), e  f=35°

Tipologia formazione/Caratteristiche

Peso di volume

g(g/cm3)

Coesione

C (Kg/cm2)

Angolo attrito

f  (°)

Tufi compatti

1.4

0

0

Tufi stratificati

1.6

112

35

Fattore di sicurezza FS= 0.999

Quindi le coppie di valori c =112 (kg/cmq), f=35°e g =1.6g/cm3 forniscono FS≈1;  abbiamo trovato con l’analisi a ritroso, i possibili valori di coesione, angolo d’attrito e peso di volume che potevano avere i tufi stratificati durante la frana del 1993.

Ulteriori tentativi con lo stesso valore di ghanno fornito, le seguenti coppie di valori di c e f sempre in condizioni di equilibrio limite.

Coesione

c(Kg/cm2)

Angolo attrito

f(°)

60

55

94

45

113

35

118

30

Se riportiamo questi valori in un diagramma, ed interpoliamo i dati ottenuti  avremo la curva caratteristica per le condizioni di stabilità/instabilità per quella formazione e per quella geometria.

Fig.33 Andamento della curva dell’equilibrio limite

La curva rappresenta il luogo dei punti caratterizzati da coefficiente di sicurezza pari ad uno e divide l’area di stabilità (FS>1) dall’area di instabilità (FS minore o uguale a 1). Lungo tale linea vi sono quindi le possibili coppie di valori di c e  f per i tufi stratificati.

La ricostruzione della stratigrafia e del profilo topografico sono riportate nella seguente figura.

Fig.34  Profilo topografico e stratigrafia di massima

Frana del 1996

Abbiamo visto come nel 1996, la quasi totalità dei detriti piroclastici depositati nel cavon grande dalla frana del 1993, siano stati interessati da una frana che ha raggiunto i terreni di fondovalle.  
Come ipotesi possiamo assumere un fenomeno di rottura descritto dalla legge Mohr-Coulomb e che il piano di scivolamento sia ubicato lungo il contatto tra il detrito e le argille intatte.  
Per l’applicazione della back analysis assumiamo che gli strati interessati dalla frana del 1996,  procedendo dall’alto verso il basso, siano:

Per i valori di c, f eg delle argille intatte sono state considerati quelli di Cevolani poiché essendo stati prelevati in superficie e nella stessa area, sembravano i più rispondenti alle nostre esigenze. Pertanto le caratteristiche meccaniche e idrauliche delle argille intatte sono:

    Peso di volume g  =2.1 g/cm3  

    Coesione  c = 0.5 (Kg/cm2)

    Angolo attrito   f =33°

    Livello piezometrica=1

In questo caso quindi fornendo come dato di input  le caratteristiche meccaniche delle argille ci proponiamo di stimare  i valori di c, f e g  del detrito sovrastante, in condizione di equilibrio limite (FS=1).  
Dopo diverse iterazioni sono stati trovati i seguenti valori di c,
f e g   per cui FS=1

    g =1.8 g/cm3  

    Coesione c = 0.1 (Kg/cm2)

    Angolo attrito f =21°

Questi valori potrebbero essere quelli che caratterizzavano il materiale detritico lungo la superficie di scivolamento della frana del 96, localizzata al contatto tra il deposito e le argille intatte.  
Questi valori sono accettabili in quanto compresi tra i valori ottenuti con le prove di taglio residuo da Focardi e i valori di Napoleoni per le argille ammorbidite da lui investigate.

Nella figura che segue è evidenziata la geometria utilizzata per l’analisi a ritroso con in giallo il corpo di frana e la superficie di scivolamento a contatto con la formazione delle argille intatte.

Fig.35  Profilo topografico e stratigrafia di massima

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10.  Modello evolutivo e comportamentale dei versanti e analisi di stabilità

10.1.    Lineamenti generali

Le tappe principali dell'evoluzione geologica e geomorfologia a partire dalla messa in posto della formazione argillosa pliocenica, possono essere delineate come segue (MARGOTTINI C. ET ALII, 1997):

    a) Fase erosiva interessante i terreni del complesso argilloso-sabbioso-conglomeratico, che determina una morfologia caratterizzata da blande e larghe incisioni vallive.

    b) Successiva copertura dei terreni sedimentari ad opera di materiali piroclastici, provenienti dagli apparati vulsini. La deposizione di questi materiali dà origine ad un tavolato, di spessore variabile da poche a parecchie decine di metri, moderatamente inclinato verso est e nord-est.

    c) Impostazione di un reticolo idrografico conseguente, che modella il tavolato vulcanico con linee di drenaggio tendenzialmente dirette verso est  e nord-est.

    d) Progressivo approfondimento di questo reticolo, probabilmente connesso anche con un sollevamento tettonico di entità non precisabile, ma comunque dell'ordine del centinaio di metri, che ha interessato una vasta zona comprendente l'area in esame, come dimostrato dall'assenza di faglie di rilievo all'interno del tavolato. Le uniche faglie rilevanti, che dislocano la parte occidentale di questo tavolato, sono quelle connesse con gli sprofondamenti degli edifici vulcanici nelle zone crateriche e non interessano direttamente l'area in esame.

L'attuale situazione geologica e geomorfologica della rupe di Civita di Bagnoregio si colloca in quest'ultima fase, il cui sviluppo può essere analizzato, in modo necessariamente schematico, in termini di evoluzione del drenaggio dei versanti.

Fig. 36  Modello evolutivo della rupe di Civita di Bagnoregio

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10.2.   Evoluzione del drenaggio

Le attuali caratteristiche del drenaggio (MARGOTTINI C. ET ALII, 1997) si sono andate configurando nell'ambito del generale approfondimento del reticolo idrografico, sviluppatosi durante la fase d) precedente.
In relazione alle modalità con le quali si è realizzato questo approfondimento si possono formulare le seguenti considerazioni:

    a) L'approfondimento del reticolo si è realizzato con continuità, anche se con velocità variabile conseguente a variazioni del clima, delle caratteristiche della copertura vegetale, dell'uso del suolo, nonché dell'evoluzione del collettore principale (Tevere).  
Arresti significativi nell'approfondimento del reticolo fluviale si sono probabilmente verificati per brevi periodi, come testimoniato per le fasi più recenti, da alcuni lembi di terrazzi fluviali osservati nelle parti inferiori dei versanti e, per quelle più antiche, da resti di antichi fondovalle sospesi.

    b) La configurazione del reticolo fluviale può avere risentito di fenomeni di cattura verificatisi nel corso di fasi successive alla completa incisione della piastra tufacea.

    c) Un ruolo non trascurabile nei processi erosivi che hanno determinato l'attuale reticolo, è stato svolto da acque che specialmente in particolari fasi climatiche, sgorgavano in corrispondenza del contatto tra la piastra tufacea ed i sottostanti sedimenti argillosi.

    d) Nell'ambito delle fasi erosive più recenti il bacino idrografico del fosso Torbido ha manifestato la tendenza a sviluppare il suo versante sinistro a spese di quello destro del fosso di Lubriano, come dimostrato da vistose troncature (osservate 2- 3 Km ad est di Civita) di testate di affluenti del secondo, in conseguenza della migrazione verso nord delle testate di affluenti del primo. Questo fenomeno può essere imputato probabilmente a fenomeni erosivi connessi con l'esposizione.

    e) I processi che hanno portato all'approfondimento del reticolo idrografico sono stati, in gran parte condizionati da fenomeni franosi, che hanno variamente influenzato le modalità dell'incisione del fondovalle.

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10.3.    Evoluzione dei versanti argillosi

L'evoluzione dei versanti argillosi  avviene in conseguenza di fenomeni erosivi e di fenomeni franosi. Inoltre lo sviluppo della franosità nel tempo (Margottini C. et Alii, 1997), con particolare riguardo al verificarsi di nuovi movimenti franosi,  è legato a fenomeni distinti e parzialmente interagenti, fra i quali svolgono ruolo determinante:

Nell'ambito di un modello molto schematico, si può quindi considerare lo sviluppo della franosità come una sorta di continuo adeguamento complesso della conformazione dei versanti all'effetto combinato delle due variazioni citate.  
Tuttavia si possono formulare alcune valutazioni in grado di contribuire a delineare le tendenze evolutive in atto in modo da poter definire i possibili ambiti d'intervento:  

  1. Le frane hanno sempre avuto un ruolo determinante nell'evoluzione dei versanti nell'area considerata, nella quale si sono manifestate con tipologie e meccanismi analoghi a quelli che caratterizzano i dissesti attuali. Un ruolo preminente è in particolare quello svolto dagli "scoscendimenti", anche di grandi dimensioni, testimoniati da tracce evidenti lasciate in varie zone come nel caso della grande frana nel periodo medievale che ha interessato il versante sinistro del fosso di Lubriano .

  2. Le frane, oltre al ruolo "passivo" che è loro proprio (effetto di sforzi attivi sui versanti), hanno svolto talora un ruolo attivo, quando ostruendo i fondovalle, ne influenzano le modalità erosive. Un fenomeno di questo tipo è osservabile in corrispondenza della grande frana a sud di Lubriano, menzionata al precedente punto 1);

  3. L'esistenza della piastra tufacea ha avuto un effetto essenzialmente "ritardante" sull'evoluzione dei pendii argillosi, ostacolando il rapido adeguamento del profilo della loro parte superiore ai cambiamenti degli stati tensionali conseguenti alle modifiche di forma e di altezza nelle porzioni inferiori dei versanti.
    Questo effetto ha, in sostanza, trasformato quello che poteva essere un processo relativamente continuo, per erosione e per piccole frane ravvicinate nel tempo, in un processo "a scatti", caratterizzato da grandi frane distanziate nel tempo.

  4. La circostanza menzionata al punto precedente può aver avuto effetti a carattere più generale, influendo sulle modalità di interazione fra i due fattori che determinano lo sviluppo della franosità nel tempo: aumento degli sforzi per cambiamenti di forma del versante e diminuzione delle resistenze per decadimento delle caratteristiche dei materiali. Si osserva  in generale che il secondo fattore tende a progredire nel tempo e nello spazio con un certo ritardo rispetto al primo.

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10.4.    Tendenze evolutive in atto

Un ruolo determinante nella evoluzione morfologica in atto nell’area di Civita è dovuto alla continua opera di  erosione e di approfondimento delle incisioni di fondovalle ad opera dei torrenti settentrionale e meridionale che scorrono nella formazione argillosa.  
Limitandosi ai fenomeni che più direttamente interessano la stabilità della rupe di Civita, le valutazioni che si possono formulare sono:

    a) Gli affluenti di sinistra del fosso Torbido tendono tuttora a svilupparsi a spese di quelli di destra del fosso Lubriano. Questa tendenza, probabilmente imputabile a fattori connessi con l'esposizione comporta l'allungamento dei tratti inferiori (meno acclivi) dei profili longitudinali delle incisioni e la traslazione verso nord dei tratti superiori (molto acclivi).  
Nella zona di Civita questo fenomeno è molto evidente per i fossi posti a Sud e porta  ad una progressiva e rapida erosione delle due selle che delimitano, ad est e ad ovest, la rupe, aggravando le condizioni di stabilità delle due estremità dell'abitato.

    b) L'affluente di destra del fosso di Lubriano mostra una marcata tendenza all'approfondimento; è da segnalare che, oltre alle acque meteoriche e a quelle probabilmente provenienti dalla falda freatica avente sede nella piastra tufacea, le acque erosive sono forse alimentate anche da scarichi provenienti dalla rete di smaltimento della zona di Bagnoregio.

    c) In corrispondenza della confluenza fra il fosso Cireneo ed il fosso del Pidocchio, è tuttora attiva la tendenza ad erodere il piede del colle di Civita, in conseguenza della già citata frana di Lubriano che ha localmente modificato l'andamento naturale del reticolo idrografico.

    d) In relazione ad aspetti più generali delle tendenze evolutive in atto, è da richiamare il "ritardo" fra lo sviluppo della franosità sui versanti e l'approfondimento delle incisioni di fondovalle, già prospettato al paragrafo precedente.  
Una dimostrazione di questo ritardo è rappresentata dal contrasto esistente fra la modesta tendenza all'approfondimento di quasi tutti i fondovalle (ad eccezione di pochi casi nei tratti superiori di alcune incisioni quali l'affluente Cireneo del fosso di Lubriano) e l'imponente sviluppo della franosità dei versanti.  

Questa situazione induce a ritenere che questa franosità possa continuare a svilupparsi, nel futuro più o meno immediato, anche nel caso in cui l'approfondimento delle incisioni venisse in qualche modo arrestato, se si realizzeranno delle opere di sostegno e stabilizzazione dei materiali costituenti i versanti.  
Oltre a questi processi continui, devono però anche essere considerati fenomeni evolutivi a carattere discontinuo come gli scoscendimenti improvvisi che hanno frequentemente accompagnato l'evoluzione dell'area.  
Si può presumere che movimenti di questo tipo, possano riguardare in futuro prevalentemente la zona a nord e a nord-est dell'abitato, con fenomeni d'instabilità nelle porzioni superiori dei versanti e con eventi franosi complessi in corrispondenza del piede del versante stesso.

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10.5.     Analisi di stabilità

L'efficacia degli interventi da realizzare sul Cavon Grande, sarà la sintesi di due diversi approcci, uno di tipo numerico con l’ausilio di un modello geomeccanico e uno di tipo morfologico evolutivo relativo ai meccanismi che regolano le frane dell'area.

La modellazione numerica utilizzata nelle analisi di stabilità è quella del metodo dell’ equilibrio limite ed in particolare seguendo l’approccio di Morgenster & Price attraverso l’utilizzo del programma di calcolo GEOSLOPE. La modellazione, previo ricostruzione, topografica e stratigrafica del versante da modellare, calcola in maniera automatica ed iterativa le possibili superfici di scivolamento con i relativi coefficienti di sicurezza fornendo così le coppie delle possibili superfici potenziali di scivolamento e i valori dei coefficienti di sicurezza ad esse associate. Con questo modello di calcolo è stato possibile studiare la stabilità del versante di Civita ed analizzare diverse superfici potenziali di scorrimento, generate automaticamente, evidenziando quelle che nell'intervallo geometrico considerato sono risultate le più critiche.  

Le analisi di stabilità sono state condotte nelle due sezioni riportate in figura 37.

Figura 37 sezioni AB e CD su cui sono state condotte le analisi di stabilità.  

 Delle due sezioni scelte:

 Di seguito sono riportati i dati di input forniti al codice di calcolo per la esecuzione automatica delle analisi di stabilità:

·  profilo topografico di dettaglio del 1997

·  caratteristiche geotecniche delle formazioni presenti a Civita procedendo dall’alto verso il basso:

Tufi compatti

    Peso di volume g = 12.4 KN/m3

    Coesione dentro le fratture c  =10 KPa

    Angolo di attrito dentro la frattura f =45°

Tufi stratificati

    I dati sono stati desunti dalla back analisys eseguita sulla frana del 1993

    Peso di volume g =16 KN/m3

    Coesione c = 94 KPa

    Angolo di attrito  f =45°

Lente di sabbia presente lungo il contatto tra i tufi stratificati e le argille

    Peso di volume g =20 KN/m3

    Coesione c = 10 KPa

    Angolo di attrito  f =35°

Argille

    Peso di volume g = 2.1 KN/m3

    Coesione c = 50 KPa

    Angolo di attrito  f =33°

Detrito sovrastante le argille

    I dati sono stati desunti dalla back analisys eseguita sulla frana del 1996

    Peso di volume g = 18 KN/m3

    Coesione c = 10 KPa

    Angolo di attrito  f =21°

I risultati forniti dal codice di calcolo in uscita sono:

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10.6  Analisi dei risultati

Distinguiamo due casi

Sezione AB:  

Sono state condotte numerose iterazioni del modello e sono state analizzate le condizioni critiche per diverse superfici di scorrimento ottenute in funzione del valore del Fattore di Sicurezza(FS). La superficie di scorrimento prescelta è quella che corrisponde al valore minimo di FS pari a 1.294. Tale superficie interessa, contrariamente alle aspettative, i tufi litoidi, i tufi stratificati ed i primi 20- 30 m della parte superiore delle argille come si evince dalle figure seguenti:

Fig.38 Modello di stabilità per il profilo AB

   

Sezione CD:  

L’analisi di stabilità effettuata lungo questa sezione, fornisce un valore di FS=1.153 cui corrisponde un piano di scivolamento che interessa le due formazioni tufacee. Dalla modellazione il blocco tufaceo interessato dall’analisi  sembrerebbe trovarsi in condizioni prossime alla rottura dato il valore prossimo a 1 di FS. Pertanto future iniziative progettuali di consolidazione del Cavon Grande, dovranno tenere nel debito conto di questa situazione di criticità.  

Fig.39 Modello di stabilità per il profilo CD

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10.7  Analisi di stabilità della coltre detritica

Al fine di contribuire alla definizione delle condizioni di stabilità della coltre detritica lungo la sezione A-B, è stata condotta un’ulteriore analisi con il metodo di Morgenstern & Price in condizioni variabili del livello della  falda all’interno della massa detritica, imponendo un ipotetico piano di scivolamento lungo il contatto formazione argillosa–detrito (Figura 40).

Fig. 40 - Sezione longitudinale della massa detritica

Sono stati quindi calcolati diversi valori di FS in funzione del parametro Ru (Ru= Pressione interstiziale/Carico litostatico) riportati in Figura 30.

Fig.41 - Andamento del  fattore di sicurezza in funzione di Ru

 

Il diagramma di figura 30 mostra come i valori di FS sono sempre molto elevati e compresi tra 1.8 corrispondente a Ru=0.5 (saturazione del detrito) e 2.1 corrispondente a Ru=0.125.  
In queste condizioni quindi non vi sono pericoli di scivolamento della formazione detritica lungo il piano ipotizzato, dato che FS è sempre maggiore di 1.3 previsto dalla normativa (D.M.LL.PP. 11/03/88). In altre parole, la morfologia attuale si posiziona in condizioni di riposo rispetto alla possibile insorgenza di colate detritiche, come invece avvenuto nel 1996 quando la parte alta del versante si è trovata in condizioni di carico non drenato dovuto al precedente crollo del 1993.  

Per il detrito infine è stato effettuato un’ulteriore analisi, per approfondire in termini di stabilità, le condizioni meccaniche del versante, questa volta senza imporre piano di scivolamento e per diverse condizioni del livello di falda, in modo tale da mettere in luce quale parte del deposito detritico possa essere in futuro interessato da fenomeni di scivolamento

I Condizione: saturazione completa del detrito

Fig.42 - Posizione del livello di falda e della massa detritica instabile

 

In Figura 42, il livello della falda è prossimo alla superficie del detrito (linea azzurra) e l’analisi di stabilità fornisce un valore di FS = 0.88; ciò significa che il versante è in condizioni d’instabilità nella parte basale del detrito (Area verde).

II Condizione: parziale saturazione del detrito

Fig.43 - Posizione del livello di falda e della massa detritica instabile Fs=1.1

 

Nel grafico di Figura 43 il livello della falda satura circa la metà del deposito. Le analisi di stabilità effettuata in queste condizioni mostrano come l’area instabile sia praticamente coincidente con quella precedente e ciò è una ulteriore conferma della robustezza del modello e del valore di FS  (FS = 1.1). 

III Condizione: assenza di falda nel detrito

Nel caso di Figura 44 l’analisi è stata effettuata in condizioni drenate (Ru=0) cui corrisponde FS=1.4 (condizioni di stabilità)

Fig.44 - Sezione longitudinale  della massa detritica  in assenza di falda

A completamento dei tre casi precedenti sono state condotte sulla coltre detritica diverse analisi di stabilità, per differenti valori di Ru, che hanno fornito i corrispettivi valori del coefficiente di sicurezza FS così come riportato nella seguente tabella.

Ru

Fs

0,1

1,3

0,2

1,17

0,3

1,05

0,4

0,92

0,5

0,8

Nella tabella: si vede come i valori di FS siano compresi tra 0.8, corrispondente a Ru=0.5, e 1.3, corrispondente a Ru=0.1.

L’inviluppo dei dati è riportato in Figura 34 dalla quale si può evidenziare il trend di diminuzione di Fs all’aumentare di Ru.

Casella di testo: StabileCasella di testo: Instabile

Fig.45 -  Andamento di FS in funzione di Ru

Dalla Figura 45 si evince come la coltre detritica presenti condizioni di instabilità quando la falda raggiunge valori di Ru ³ 0,35. Si deduce quindi che, per limitare la potenziale insorgenza di fenomeni di instabilità all’interno della coltre dovranno essere adottate misure che limitino al minimo la risalita della falda verso valori critici per la stabilità (sistemi di drenaggio) (Napoleoni Q., 1991).

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10.8    Validazione del modello evolutivo dei versanti

Le analisi effettuate nel passato nell’area di Civita, tramite l’esecuzione di campagne di rilevamento, di monitoraggio, prove di laboratorio ed in sito ed elaborazione di modelli numerici per la stabilità dei versanti, hanno permesso la definizione di un modello evolutivo del sistema rupe-versante. A causa del limitato arco temporale di registrazione dei dati, l’attuale sistema di monitoraggio non ha permesso una conferma definitiva del modello ipotizzato (Conversini et alii). Di seguito sono riportate le analisi formulate relative ai due distinti settori del sistema, alla luce dei primi otto mesi di osservazioni registrate.

Rupe tufacea

Il sistema di monitoraggio installato durante gli anni ’90 ha permesso di registrare l’evoluzione dei movimenti e le deformazioni occorse nel settore periferico della piastra tufacea, nell’area che si estende da Piazza del Vescovado fino alle prime case in prossimità della porta di ingresso principale di Civita (settore NW del paese).  
La rete deformometrica manuale ha permesso di seguire, in particolare, lo sviluppo delle fratture presenti nel settore della rupe subito ad W della piazza del Vescovado, che è consistita in una divaricazione di circa 12 cm , a partire da maggio 1992, che ha portato al crollo del settembre 1993.  Nel settore soprastante il Cavon Grande la rete deformometrica ha registrato deformazioni di circa 2 mm . nel periodo tra giugno ‘94 e aprile ’97, mentre il deformometro a filo, posizionato a cavallo di una frattura beante e ribassata, ha registrato movimenti variabili tra 1 mm/mese (tra settembre ‘93 e giugno ’94) e 0.5 mm ./mese (tra giugno ’94 e giugno ’97).  

L’attività di monitoraggio iniziata nella primavera 2002, ha implementato il sistema e la vecchia rete di misura con nuovi strumenti ed ha permesso di arricchire la mole di dati precedentemente acquisiti.  

Come precedentemente descritto , il quadro fornito del ciglio della rupe è risultato piuttosto confortante, dal punto di vista dell’evoluzione deformativa. I dati registrati dai diversi strumenti di misura installati nel settore NW, individuato come il più attivo della rupe di Civita, indicano, infatti, velocità di deformazione bassissime se non nulle (vedi tabella seguente).

Strumenti

Deformazioni (d)

estensimetri in foro

0.2 mm ./anno< d < 2 mm ./anno

estensimetro a filo

d < 1 cm ./anno

estensimetro 3D

d lineari< 0.5 mm . e d angolari = 0

fessurometro

d < 0.2 mm ./8 mesi

Sintesi dei dati deformometrici rilevati dalla rete di monitoraggio

Al fine di definire le condizioni di stabilità della rupe è stato implementato, inoltre, un modello numerico lungo due profili topografici A-B e C-D : il primo è rappresentativo dell’area in cui la formazione tufacea ha pendenze elevate e assenza di ricoprimento, mentre il secondo interessa il blocco instabile dei tufi compatti. E’ stato applicato Il metodo dell’equilibrio limite, secondo l’approccio di Morgenster e Price, utilizzando sia dati derivati da prove di laboratorio sia dati ottenuti attraverso la back analysis della frana del settembre 1993.  
Lungo il profilo A-B, il valore minimo del Fattore di Sicurezza (FS) è stato individuato pari a 1.294 lungo una superficie di distacco che coinvolge i Tufi litoidi, i Tufi stratificati ed anche i primi 20- 30 m . delle argille. Il modello sviluppato lungo il profilo C-D fornisce un valore di FS = 1.153, inferiore al precedente, cui corrisponde una superficie di distacco che interessa esclusivamente le due formazioni tufacee.  
Sebbene i dati forniti dall’ultima campagna di monitoraggio, peraltro relativa ad un periodo di osservazione piuttosto ristretto (aprile - dicembre 2002), non diano indicazioni di attività attuale della rupe del versante NE di Civita, i dati di monitoraggio pregressi e la modellazione numerica indicano una condizione di instabilità latente e la necessità di protrarre il monitoraggio attualmente installato implementando, possibilmente, anche un sistema di allarme collegato alla strumentazione automatica esistente.

Coltre detritica

I dati registrati ed elaborati dall’inclinometro e dal piezometro, all’interno della coltre detritica del Cavon Grande, non forniscono per l’arco temporale che va da ad aprile a dicembre 2002, indizi di movimenti o di instabilità della coltre detritica, interessata in passato da fenomeni di instabilità dovuti a meccanismi di sovraccarico non drenato.  
In particolare le analisi di stabilità condotte attraverso l’analisi numerica  hanno fornito tre diversi scenari di stabilità per tre diversi livelli di falda ed una soglia di sovrappressione interstiziale limite (Ru
³ 0.35).  
Le tre analisi hanno fornito condizioni di instabilità per coltre completamente satura e satura al 50%, mentre hanno fornito stabilità in assenza di falda.
I dati piezometrici così come riportati in precedenza  forniscono un andamento dei livelli di falda in crescita con un picco non ancora raggiunto e probabilmente coincidente con la stagione fine inverno-inizio primavera. I dati a nostra disposizione, nel periodo che va dalla seconda metà di dicembre fino a fine mese, evidenziano livelli piezometrici che interessano, nella zona di installazione del piezometro, uno spessore di circa 3
¸4 m. della coltre detritica, a fronte di una coltre detritica di circa 6 metri .

La saturazione di circa il 50% dello spessore della coltre in quel punto non è stata accompagnata, nella realtà, da nessun movimento, seppur lieve, di tipo planare, registrato dalla sonda inclinometrica nel medesimo punto. Tali registrazioni sono in contrasto con i risultati della modellazione numerica che fornisce soglie di instabilità non appena il 50% della coltre venga influenzata da fenomeni di risalita di livelli di falda e saturazione.  
La spiegazione di questa contraddizione va ricercata sia nei bassi parametri di resistenza delle coltre detritica adottati nel modello (in senso cautelativo), sia nell’impossibiltà di associare un valore di misura puntuale, quale quello registrato dalla sonda inclinometrica e dal piezometro, all’intera superfice di potenziale scivolamento all’interfaccia coltre detritica-argille di base, così come discretizzata nel modello numerico.  
L’interpretazione e i dati del monitoraggio sono quindi ancora insufficienti per quanto riguarda l’analisi evolutiva della coltre detritica, fornendo per il momento una conferma della bontà, in senso cautelativo, dei parametri adottati nel modello.  
Una ulteriore e definitiva calibratura delle analisi di stabilità effettuate e dei parametri in esso adottati sarà possibile solo al termine della chiusura di un ciclo annuale di osservazioni, soprattuto per ciò che riguarda il regime pluviometrico e le connesse variazione dei livelli piezometrici all’interno della coltre detritica.

Allo stato attuale consideriamo valide e cautelative le informazioni desunte dalla modellazione numerica in attesa di una serie completa di dati di monitoraggio.

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11. Analisi dell’esposizione

11.1     Premessa

Elementi a Rischio (E)

Un fenomeno potenzialmente distruttivo può mettere a repentaglio numerose tipologie di beni: vite umane, strutture ed infrastrutture, attività economiche, reti di servizio, ecc.. Tali beni, nel loro complesso, costituiscono gli elementi a rischio, la cui caratterizzazione costituisce un passo fondamentale nell’analisi del rischio.Nel caso specifico trattandosi di Beni Culturali si farà riferimento esclusivamente alle categorie definite dal D.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 che si collocano in una data area esposta al rischio.

Classificare un Bene Culturale esposto significa, sostanzialmente, eseguire le seguenti operazioni:

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11.2     Censimento e schedatura degli elementi a rischio

Per la definizione dei BB.CC. a rischio si può fare riferimento alle classificazioni ed ai documenti di pianificazione (es. banca dati beni vincolati, piani di esproprio) prodotti dalle autorità competenti (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenze, dell’Istituto Centrale del Restauro) ed ai contenuti del testo unico, Legge 490/99.  
La carta degli elementi a rischio costituisce un documento di importanza fondamentale non solo per l’analisi completa del rischio (previsione), e quindi della valutazione delle conseguenze dei fenomeni franosi, ma anche per la programmazione degli interventi di mitigazione del rischio (prevenzione).  
Per il sito di Civita di Bagnoregio è stata adottata la schede riportata di seguito che ha permesso di caratterizzare le tipologie presenti nel centro storico e la realizzazione della carta dell’esposizione, allegato 6

Scheda censimento per i Beni Architettonici

 

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11.3.    Attribuzione di un indice di esposizione (IE)

Per ognuna delle tipologie di elemento a rischio è stato quantificato un Indice di Esposizione (IE) ispirato fondamentalmente alle caratteristiche storiche-culturali e alle condizioni in cui verte il BB.CC in esame.  
La valutazione dell’ IE è stata
condotta attraverso una semplice metodologia che riportiamo di seguito:  

La metodologia consiste nell’elaborare in maniera molto semplice ed immediata le informazioni ottenute durante la fase di censimento e schedatura.

Tali informazioni possono essere riassunte e sintetizzate attraverso degli indicatori la cui combinazione sotto forma di prodotto o somma fornisce il valore dell’indicatore d’esposizione per i Beni Architettonici

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11.4 Metodologia di assegnazione dell’indice di esposizione per i Beni Architettonici e realizzazione della carta delle priorità

Per i beni architettonici vengono presi in considerazione tre indicatori così come riportati nella tabella seguente:

   INDICATORE A - STORICO/CULTURALE

            rappresentativita‘

            frequenza tipologica

            presenza interventi

            presenza di elementi decorativi e beni

 

  INDICATORE B - ECONOMICO TURISTICO

            uso attuale

            indice volumetrico

 

  INDICATORE C - COMPLESSITA' DI RESTAURO

            stato di conservazione

            presenza di elementi decorativi

indice volumetrico

Una volta definiti e calcolati tutti è tre gli indicatori per ogni singolo elemento che abbiamo scelto come elemento base di rappresentazione (nel nostro caso le planimetrie catastali degli edifici del  centro storico), l’indice di esposizione verrà definito come la somma algebrica degli indicatori A, B, e C, ipotizzando in prima approssimazione una semplice sovrapposizione degli effetti (vedi allegato 7)

INDICE DI ESPOSIZIONE = INDICATORE A + INDICATORE B + INDICATORE C

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12. Analisi della vulnerabilità

12.1.   Definizione

Grado di perdita su un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno naturale di una data intensità (Varnes et al., 1984). E’ espressa in una scala da 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale) ed è una funzione dell’intensità del fenomeno e della tipologia di elemento a rischio.

V=V(I;E)

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12.2.     Metodologia adottata per l’assegnazione dell’indice di vulnerabilità

Per ogni singolo elemento censito nel centro storico di Civita di Bagnoregio è stata compilata la seguente scheda con cui è stato possibile associare un valore di vulnerabilità, suddivisa in classi, e quindi realizzare una carta della vulnerabilità del centro storico di Civita (allegato 8)

STIMA DELLE CONDIZIONI STATICO-STRUTTURALI

 

 

 

 

 

 

TIPO DI DANNO

 

% valore bene

Assenza di danno

0

nessuna

Danni leggeri non strutturali. La stabilità non è pregiudicata

1

qualche%

Fessurazione dei muri. Lievi danni strutturali

2

10 - 40 %

Deformazioni importanti. Fessure largamente aperte. Evacuazione necessaria

3

40 - 60 %

Cedimento parziale dei pavimenti, brecce nei muri, disarticolazione delle pareti. Evacuazione immediata

4

60  - 90 %

Struttura da molto danneggiata a totalmente distrutta. Recupero impossibile

5

90 - 100 %

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13. Analisi di pericolosità

13.1 Definizione

Probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo di determinata intensità, si verifichi in un dato tempo ed in una data area. Si esprime in termini di probabilità annuale o tempo di ritorno di un evento di frana. La pericolosità, dunque, espressa in tal modo, deve riferirsi ad una determinata intensità del fenomeno:

H = H (I)

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13.2.    Metodologia per la definizione della pericolosità da frana a Civita

Il modello evolutivo dei versanti della rupe di Civita, unito all’analisi storica dei processi avvenuti negli anni ha reso possibile la realizzazione di una carta della pericolosità per la rupe, intesa come probabilità d’innesco di fenomeni per un certo intervallo di tempo.  
E’ stato possibile inoltre discretizzare il profilo morfologico della rupe in zone ad isofrequenza di innesco divise per classi così come riportato in allegato 9.  
Grazie alla carta della pericolosità, ipotizzando una retrogressione di circa 1- 2 metri per evento è stato possibile realizzare l’evoluzione morfologica del profilo della rupe tra dieci anni (vedi sempre tavola 9)

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14. Analisi di rischio

14.1.     Definizione

Atteso valore delle perdite in termini di danni alla proprietà e alle strutture (beni archeologici e architettonici) e delle perturbazioni alle attività economiche ad essi collegati, dovuti all’occorrenza di un fenomeno franoso. Si esprime in termini di percentuale, numero o quantità di unità perse per anno. Esso è funzione degli elementi a rischio E e di una data intensità I del fenomeno di frana:

R(I;E) = H(I) V(I;E) IE

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14.2. Metodologia per la valutazione del rischio da frana a Civita

A questo punto, la realizzazione della carta del rischio (allegato 10) è stata realizzata tramite la semplice intersezione tra la carta della vulnerabilità e quella della pericolosità.  
Si è seguito un approccio abbastanza comune conosciuto come intersezione di carte indicizzate, che ha il pregio di avere un’ottima capacità descrittiva

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15. Ipotesi dell’interevento di sistemazione

15.1.  Premessa

L’area oggetto del presente studio è stata in passato interessata da diversi interventi di sistemazione, alcuni con buoni esisti altri con effetti anche peggiorativi delle condizioni di stabilità, una sintesi di questi interventi è riportata in allegato 4.

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15.2.  Realizzazione di una sezione tipo

La sintesi di tutte le analisi condotto sulla rupe di Civita di Bagnoregio ha portato alla realizzazione di un’ ipotesi progettuale di messa in sicurezza della parte Nord. E’ stata infatti realizzata una sezione lungo la frana del Cavon grande, risultata da tutte le suddette analisi l’area più pericolosa e a maggior rischio di frana, in cui sono stati riportati tutti i tipi di intervento da realizzare a Civita per il controllo e la mitigazione dei fenomeni franosi (vedi allegato 11)

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16. Bibliografia

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