Il consolidamento della rupe e delle pendici di Civita di Bagnoregio: indagini pregresse e proposte di intervento
Parte I
2.1. Inquadramento geologico generale
2.2. La serie del complesso vulcanico di Bolsena – Orvieto
2.3.
3.1.
Inquadramento geomorfologico
3.2. Inventario
dei fenomeni franosi ed analisi della franosità storica
3.2.1 Evoluzione morfologica in tempi storici
3.2.2. Fenomeni franosi recenti
3.3.
Distribuzione dei fenomeni di dissesto
5.1. Sistema di monitoraggio 1992-2001
5.2. Sistema di monitoraggio 2002
6.1. Descrizione delle campagne geognostiche
6.2. Determinazione delle caratteristiche fisiche
6.3. Determinazione delle caratteristiche meccaniche
6.4. Caratteristiche fisiche e meccaniche
dell’argilla di base
6.5. Comportamento delle argille sovraconsolidate
L’abitato
di Civita di Bagnoregio è situato su un rilievo a quota
Fig. 1 - Panoramica del ponte di collegamento tra Bagnoregio e Civita
Le
frane, che interessano la parte periferica dell'intero colle di Civita, hanno
prodotto nel tempo una graduale riduzione della superficie del suo abitato a
causa dei numerosi distacchi di roccia e di
colate che si sono verificati
lungo i versanti argillosi. I fenomeni più recenti e di maggior rilievo, che
hanno interessato il lato Nord della rupe, risalgono al Settembre 1993 e al
Dicembre 1996. Dai rilievi periodici effettuati sul bordo della scarpata, il
dissesto sembra evolversi con notevole celerità e gli effetti più immediati di
questa situazione sono rappresentati dalla continua riduzione della superficie
dell’abitato di Civita, dalla presenza di grosse lesioni che interessano
alcune abitazioni ubicate in prossimità del bordo della scarpata tufacea e da
alcune depressioni imputabili al crollo di alcune cavità artificiali presenti
nel sottosuolo di Civita.
I
versanti non interessati da fenomeni d'instabilità sono coperti principalmente
da formazioni boschive, e in maniera minore da vegetazione arbustiva o
semplicemente erbacea.
L’analisi geologica, oltre a
mirare ad una ricostruzione dell’evoluzione paleogeografia dell’area, è
indirizzata principalmente alla definizione delle unità litologiche presenti in
affioramento e nel sottosuolo e alla realizzazione di una cartografia di
dettaglio.
Lo studio è stato condotto, in primo luogo, consultando la letteratura e le
relazioni delle indagini precedentemente effettuate nell’area e,
successivamente, attraverso una campagna di rilevamento mirata a dettagliare i
dati di letteratura (vedi allegato 1)
2.1.
Inquadramento geologico generale
L’area posta fra l’abitato di Bagnoregio,
Civita e Lubriano, fa parte del foglio n.137 “Viterbo” della Carta Geologica
d’Italia scala 1:100.000. Dal punto di vista geologico l’area risulta
caratterizzata dalla presenza di formazioni relative a tre diversi ambienti: il
vulcanico (tufi stratificati, Ignimbriti ed in misura minore da lave), il
sedimentario marino nella parte restante dell’area ed il sedimentario
continentale (detriti e coltri di frana).
L’attuale configurazione geologica e litologica è la conseguenza dei
complessi eventi geodinamici che hanno coinvolto tutta l’area dell’Appennino
centrale. Al sollevamento della catena appenninica del Miocene superiore fa
seguito nel Pliocene inferiore una fase distensiva determinata dall’apertura
di un vastissimo bacino riferibile all’attuale Tirreno, con la formazione di
una serie di strutture tipo “horst” e “graben” ad andamento
prevalentemente appenninico (NW-SE). Le
grandi dislocazioni verticali che disarticolano l’area sono individuabili
nelle ampie depressioni dei bacini Paglia-Tevere ad Est e di Siena- Radiocofani
ad Ovest (Bertini et Alii, 1971).
In questo fase a causa di una serie di cicli
trasgressivi e regressivi, si ha la sedimentazione di enormi coltri di sedimenti
marini ed in parte continentali (fino a
Nel tardo Pleistocene si interrompe il ciclo vulcanico cui segue la messa in
posto di sedimenti continentali di tipo conglomeratico (De Rita 1992).
I prodotti vulcanici presenti nell’area
appartengono a tre complessi vulcanici che si distinguono tra loro per età e
per le caratteristiche petrografiche dei prodotti emessi.
Apparato Cimino
Rappresenta il complesso più antico tra questi
apparati (1.3 – 0.9 MA) ed è successivo alle argille plioceniche marine. La
sua attività si sviluppa inizialmente con l’emissione di prodotti
ignimbritici (peperino di Viterbo), cui segue la messa in posto di magmi molto
viscosi (duomi) ed infine si conclude con l’emissione
di lave trachitiche. I suoi prodotti sono stati ricoperti quasi completamente da
quelli dell’apparato di Vico. che ha avuto.
Apparato Vicano;
E’ il più recente dei tre apparati (0.8 –
0.09 MA) ed è stato caratterizzato da un un ciclo prevalentemente esplosivo
ricoprendo con i suoi prodotti buona parte dei colli Cimini (De Rita,
1992). Il
suo apparato vulcanico coincide con il lago di Vico, la cui morfologia attuale
è determinata soprattutto dallo sprofondamento della caldera della parte
centrale dell’antico edificio.
Apparato Vulsino
E’ il più settentrionale ed ha età intermedia
tra gli altri due. I prodotti della
sua attività, principalmente di natura esplosiva, hanno interessato l’area di
Civita di Bagnoregio. Da alcuni Autori (Trigila et
Alii, 1992), l’attività
dell’apparato Vulsino viene divisa in quattro complessi vulcanici:
a. Complesso
del Paleovulsino
Rappresenta probabilmente il primo centro di
emissione i cui prodotti più
antichi (colate laviche, piroclastici, ignimbriti) sono presenti a Est ed a Sud
dell’attuale conca lacustre di Bolsena.
b. Complesso vulcanico di
Montefiascone
Comprende una piccola depressione calderica
di diametro di circa
c. Complesso Bolsena – Orvieto
I prodotti maggiormente rappresentati sono
costituiti dalla successione piroclastica ed in misura minore da lave e da
ignimbriti. Essi si rinvengono nel settore nord orientale del lago di Bolsena.
d. Complesso vulcanico di Latera
Il complesso è ubicato nel settore orientale del
lago di Bolsena dove si rinviene un’ampia caldera di circa 80 Km2
all’interno della quale sono presenti manifestazioni geotermiche. I prodotti
sono di tipo lavico attribuibili ad una fase di attività di tipo stromboliano.
2.2.
La serie del complesso vulcanico di Bolsena – Orvieto
L’area di Civita di Bagnoregio ricade nel
complesso Bolsena – Orvieto la cui serie viene di seguito descritta in modo più
approfondito. Nell’area dei Vulsini orientali, facendo riferimento ai
caratteri stratigrafici e strutturali, vengono distinte le seguenti fasi (
Faraone et Al., 1988):
a. Nel periodo antecedente l’inizio
dell’ attività vulcanica la zona è stata interessata da un generale
sollevamento e da fenomeni erosivi che hanno dato inizio allo smantellamento dei
depositi marini pliocenici.
b. Circa 0.35 MA fa ha inizio un’attività
effusiva precalderica relativa a sistemi di faglie che interessano strutture
regionali. Sopra le lave si trovano le piroclastici stratificate (tufi
stratificati inferiori) caratterizzati da stratificazioni ritmiche prolungate
nel tempo che non sono uniformi ma che in alcune aree sono presenti insieme a
depositi continentali di tipo fluvio glaciale. I più noti di questi
depositi sono rappresentati dalla serie di
Albornz presso Orvieto (Pialli G. et Al., 1978) che rappresenta uno
strato interposto tra il tetto delle argille basali e la piastra tufacea
sovrastante.
c. Eruzioni piroclastiche
con deposizione di grandi spessori di ignimbriti in aree depresse ad Est
di Bolsena successive allo sprofondamento della caldera.
d. Nel tardo Pleistocene si chiude il ciclo
vulcanico con l’attività calderica di piccoli coni perifericisi
e la messa in posto di sedimenti continentali conglomeratici (De Rita
1992).
2.3.
A Civita di Bagnoregio è assente la serie piroclastica superiore mentre affiora il substrato delle vulcaniti. Procedendo dal basso verso l’alto descriviamo le formazioni affioranti:
Complesso argilloso-sabbioso-conglomeratico (Plio-Pleistocene)
Rappresenta la
formazione argillosa e argilloso-sabbiosa di base di origine marina e risulta
formata in prevalenza da strati e banchi argilloso-limosi con sottili
intercalazioni sabbiose. Il colore del complesso è turchino passante al grigio
perla, ma dove le argille sono alterate o secche assumono un colore bianco
giallastro. Nella parte sommatale affiora invece
uno spessore di circa 7-
Questo complesso, sottostante i tufi, è presente fino alla quota del fondovalle
ed è generalmente ricoperto, ad eccezione delle zone denudate dai dissesti, da
coltri di alterazione e da accumuli di frana il cui materiale proviene sia dal
Complesso stesso che dai tufi soprastanti, inglobando clasti tufacei, anche di
notevoli dimensioni.
Tufi stratificati inferiori
(Pleistocene
medio)
Rappresenta l’affioramento continentale più
antico delle vulcaniti e poggia direttamente sul complesso argilloso sabbioso.
Si tratta di tufi molto stratificati dello spessore complessivo di circa
Tufo litoide a scorie
nere
(Pleistocene superiore)
E’
dovuta alla fase eruttiva freato-magmatica ed è costituita da una ignimbrite
tefritico-fonolitica
dall’aspetto massivo di colore rosso giallastro
contenente blocchi di pomici, scorie nere e livelli di pozzolana ed ha uno
spessore compreso tra 6 e
Tufi stratificati superiori (Pleistocene)
Sono tufi leucitico-tefritici costituiti da strati terrosi giallastri,
sabbie vulcaniche grigiastre, poimici gialle o avana, sottili alternanze di
livelli cineritici e coriacei. Poggiano sull’ignimbrite trachitica e, in caso
di sua assenza, sulla serie piroclastica inferiore. La serie ha una potenza
media di
Coltri
detritiche (Olocene)
Nella
parte media e bassa del pendio sono presenti coltri detritiche di spessore
variabile costituite da clasti e blocchi di ignimbrite le cui dimensioni variano
da qualche cm. fino ad alcuni metri cubi, derivanti da numerose frane di crollo
della parete tufacea, talvolta con matrice limo sabbiosa. Nel
corso del tempo, l’azione erosiva degli agenti atmosferici, ha
assottigliato la coltre detritica fino alla completa scomparsa.
Una sintesi dei
rapporti stratigrafici tra le
formazioni è riportata nella figura 2.
Fig. 2 - Stratigrafia schematica dell’area di Civita (da Margottini et
Alii,
1990)
Questa parte dello studio consiste nella
ricostruzione dell’evoluzione geomorfologica e nell’individuazione della
tipologia e delle caratteristiche geometriche dei fenomeni franosi passati e
attivi allo stato attuale, dei parametri predisponenti e degli elementi
precursori i fenomeni stessi. L’analisi è stata condotta attraverso una
sintesi dei dati presenti in studi e relazioni preesistenti e attraverso una
verifica dei dati attraverso una campagna di rilevamento nell’area interessata
dai fenomeni franosi.
Il complesso dei dati raccolti fornisce indicazioni sulla distribuzione spaziale
delle aree maggiormente suscettibili di nuovi fenomeni e costituisce una base di
lavoro per la definizione della pericolosità dell’area.
3.1.
Inquadramento geomorfologico
L’area in esame è rappresentata da un’ampia vallata
che presenta un allungamento irregolare per circa
Fig. 3 - Ortofotocarta dell’area di Civita
Il limite della vallata è sempre evidenziato da una morfologia
a pareti verticali di altezza variabile di circa
Tabella 1
Età B.P.
MA |
Eventi climatici |
Eventi geologici |
Conseguenze paleoambientali |
Attuale
0.01 |
All’inizio dell’Olocene la temperatura raggiunge i
valori attuali per poi aumentare leggermente e stabilizzarsi fino al Medio
Evo. |
Piccole variazioni del livello del mare e attenuazione
dei processi di erosione e sedimentazione. |
Raggiungimento delle condizioni morfologiche ed
evolutive attuali. |
0.32 |
Aumento delle variazioni della temperatura che inducono
grandi variazioni del livello del mare che 18500 anni fa subisce un
abbassamento massimo di |
I marcati fenomeni di trasgressione e regressione del mare danno origine ad una intensa attività erosiva nell’area di Civita. |
Nell’area di Civita hanno luogo grandi fenomeni di
erosione e di trasporto del materiale .
Aumentano i fenomeni di instabilità dei versanti e si
attivano le frane. |
0.35 |
|
In questo periodo
nell’area di Civita si ha la deposizione
di prodotti piroclastici compatti e stratificati, che in alcune aree sono
intervallate da depositi
continentali di tipo fluvio- lacustre (Pialli G. et Al., 1978) |
Formazione di
un tavolato, di prodotti
vulcanici di spessore variabile da poche a parecchie decine di metri,
moderatamente inclinato verso est e nord-est. |
I rapporti tra le
formazioni del complesso vulcanico e quelle sedimentarie, costituiscono un
elemento determinante per le caratteristiche geomorfologiche dell’area.
Infatti la sovrapposizione delle rocce vulcaniche sui terreni argillosi, con
caratteristiche fisiche e meccaniche molto diverse tra loro, associate alle
condizioni meteoclimatiche, danno origine a processi fortemente evolutivi.
L’erosione degli agenti esogeni, nel tempo, ha prodotto l’asportazione della
copertura vulcanica ed il denudamento del substrato argilloso con l’innesco di
processi di erosione differenziata nelle due formazioni e creazione, lungo il
perimetro di contatto dei due litotipi, di forme di rilievo caratterizzate da
bruschi salti morfologici e pareti tufacee verticali. La parete tufacea
è interessata soprattutto da fenomeni di crollo, mentre il complesso
argilloso pliocenico è caratterizzato da fenomeni
franosi tipo colata, da fenomeni erosivi tipo calanchivo ed in misura minore da
frane rotazionali. Inoltre sono riconoscibili nei due litotipi la presenza di
frane complesse. Infatti nella parte sommitale
vengono generati fenomeni di crollo o topless che si propagano nei
sedimenti argillosi sottostanti predisponendoli allo sviluppo di movimenti di
tipo rotazionale.
Nella Tabella 1 sono riportati i grandi eventi geologici che hanno
condizionato l’evoluzione morfologica e paleoambientale di Civita (B.P.:
Before Present)
3.2.
Inventario dei fenomeni franosi ed analisi della franosità storica
L'area è interessata da vistosi fenomeni gravitativi, attivi e quiescenti,
che interessano sia i versanti argillosi che la rupe tufacea, dovuti ad un
complesso di cause tra loro strettamente collegate.
Le principali caratteristiche geomorfologiche di Civita sono state rappresentate
in una carta geomorfologica di dettaglio in scala 1:10.000 utilizzando il
Sistema Informativo geografico ARCVIEW. In relazione alle
condizioni di stabilità le frane riportate nella carta sono distinte in:
quiescenti: frane non soggette a movimenti durante gli ultimi cicli stagionali, ma con evidenze geomorfologiche o testimonianze di attività e con obiettiva possibilità di riattivamento.
·
attive: frane in atto all'epoca del rilevamento o
ricorrente a ciclo breve (frequente, stagionale) ( Carrara et al.
1987);
·
inattive: frane stabilizzate
per le quali le cause di movimento sono state artificialmente o naturalmente
rimosse.
Per la realizzazione
della carta geomorfologica e quindi per la individuazione delle aree interessate
nel passato da fenomeni gravitativi, sono stati utilizzati dati relativi a foto
aeree, notizie storiche, informazioni dedotte dal rilevamento in sito e
informazioni derivanti dalla interpretazione di fotografie ottenute da un volo a
bassa quota effettuato dall’I.G.M. nel 1990. (vedi allegato 2)
3.2.1
Evoluzione morfologica in tempi
storici
L'attuale morfologia della rupe di Civita è il risultato di una serie di
eventi verificatisi nel tempo, la cui
successione è stata minuziosamente evidenziata da una ricerca sui documenti
storici dell’area (Margottini C., Sbarra, 2000) che ha consentito di
ricostruire gli avvenimenti che hanno portato all'attuale configurazione
dell'abitato e di individuarne l'origine.
Dall’analisi dei risultati di questa ricerca risulta che la nascita del primo
nucleo abitativo di Civita risale al periodo etrusco o forse antecedente ad
esso. La città ebbe periodi di grande espansione in epoca romana e durante il
Medioevo. Nell'alto Medioevo al nucleo centrale si affiancarono le contrade, poi
scomparse, di Ponte (lato occidentale, verso Bagnoregio) e Carcere (lato
orientale, verso il Tevere), che determinarono la sua supremazia nei confronti
di Bagnoregio, ridotto ad un semplice sobborgo.
Alla fine del periodo Medioevale, a causa della progressiva riduzione del
suo abitato ad opera di fenomeni quali frane e terremoti, iniziò la decadenza
di Civita. Infatti, la prima documentazione storica dei dissesti risale al 1450
(Margottini C., 1990), quando il
monastero delle Clarisse che era situato in contrada Carcere, a causa di
franamenti, cominciò ad andare in rovina.
Tra il 1466 e il 1469, si verificarono altri fenomeni di dissesto con il crollo
di alcune case sul lato Nord della rupe. Altre notizie relative a fenomeni di
dissesto sono riconducibili ad eventi verificatisi nel periodo storico compreso
tra il 1554 ed il 1888.
Nella Figura 4 viene
riportata la pianta dell’area
urbana degradata di Civita ad opera
dei fenomeni franosi a partire dal XVIII secolo.
Fig. 4 - Planimetria del degrado
dell’area urbana di Civita dovuta ai fenomeni franosi dagli inizi del XVIII
secolo
A causa di questa situazione precaria dovuta all’instabilità dell’a
rupe, l’abitato di Civita ha conosciuto sin dalla prima metà del secolo
scorso un continuo abbandono delle zone abitate
con conseguente impatto negativo sulle opere di sostegno
e di prevenzione realizzate sino allora nell’area.
Le più antiche notizie storiche relative ai processi erosivi che hanno
interessato la via di collegamento fra Civita e Bagnoregio, risalgono al 1545,
anno in cui fu necessario modificare il tracciato stradale in seguito al
verificarsi di una frana di notevoli dimensioni che portò dopo alcuni anni alla
distruzione della Porta di Civita con il crollo parziale delle mura della
contrada Carcere e conseguente rovina
di alcuni edifici.
Con l’inizio del XVII secolo si hanno notizie storiche più dettagliate sugli
eventi che hanno interessato Civita, quali il crollo della strada di accesso a
Civita (1606-1608), in prossimità della chiesa di S. Vittoria, in seguito
completamente distrutta, ed il crollo di alcuni edifici sul lato meridionale
dell'abitato in prossimità della casa di S. Bonaventura, ed ancora il crollo
del ponte di accesso (1684).
A complicare ulteriormente la già precaria situazione del centro di Civita,
l'11 giugno 1695 si verificò un terremoto con intensità compresa tra il
IX-X grado della scala MCS (Mercalli –Cancani-Sieberg) con epicentro
nei pressi dell'abitato (Margottini C. et
alii, 1985) che causò il crollo del
ponte e provocò ampie fessure negli edifici: la contrada Carcere scomparve a
seguito di un esteso fenomeno franoso. Questi avvenimenti segnarono l'inizio
della decadenza di Civita, anche a seguito del trasferimento della sede
vescovile alla vicina Bagnoregio.
Tra i numerosi eventi sismici registrati nel XVIII secolo, quello del 1707
determinò una frana di notevoli dimensioni che ostruì il rio Torbido. Un
ulteriore crollo del ponte si verificò nel
Nel 1810, dopo varie interruzioni della strada di accesso ed il franamento di
parte della rupe comprendente
Fig. 5 -
Caratteristiche della strada di collegamento tra Civita e Bagnoregio nel 1874
La
figura 5 mostra le condizioni morfologiche del versante su cui è ubicata la
strada di accesso a Civita nel 1874. Si nota in particolare come la parte
superiore della strada poggia ancora sulla formazione tufacea mentre la parte
inferiore ed il ponte sono costruite sulle argille.
La sella dove è tutt’oggi
ubicato il ponte, nel 1830 aveva una quota minima di circa 410-
Nel 1944, ad opera delle truppe tedesche in ritirata, si ebbe la distruzione del
ponte in muratura: la costruzione di una passerella in legno consentì il
collegamento con l'abitato. Nel
Dopo questo episodio,
modificando in alcuni luoghi la morfologia della sella, venne realizzato
l'attuale ponte, che fu inaugurato nel 1965.
Attualmente non esistono problemi di stabilità alla struttura del ponte dovuti
a eventuale scalzamento alla base di alcune pile ad opera di fenomeni
gravitativi. Le pile realizzate in c.a. raggiungono una profondità di 25m.
Nella figura 6 è riportata l’evoluzione morfologica della sella dal XVIII
secolo ad oggi .
Fig. 6 - Profili schematici dell’abbassamento indicativo della sella dal
XVIII secolo ai nostri giorni (Legenda: Serie 1= anno 1990; Serie 2= anno 1944;
Serie 3 = anno1937; Serie 4= anno 1874; Serie 5= anno 1830; Serie 6= anno 1764)
Nell’ultimo decennio
una serie di fenomeni franosi ha interessato
il versante nord di Civita in
corrispondenza della rupe e della
sottostate depressione conosciuta come “Cavon Grande” (Casagli et
alii, 2000). Informazioni di dettaglio sul
progressivo arretramento della piastra tufacea a causa di fenomeni gravitativi
si hanno dal 1947, anno in cui fu eseguito un rilievo del limite della scarpata.
Nella figura 7 è riportato il perimetro della rupe nel 1952
ed i limiti delle frane che si sono verificate negli anni successivi.
Fig. 7 - Evoluzione
del versante Nord della rupe di Civita
Al fine di analizzare gli effetti climatici sull’evoluzione delle frane,
è stato installato nell’abitato di Civita nel Gennaio 1987,
una stazione climatica che registra le piogge, l’umidità e le
temperature giornaliere minime e massime.
Inoltre sono state disposte nel 1993, all’interno ed all’imbocco di una
grotta distante circa
Da quando è operativa la stazione climatica di Civita
si sono verificate nella zona 4 frane di crollo
che hanno interessato la parete Nord di Civita il 20.02.1992, nel periodo
tra il 21.08 e il 03.09 del 1993, nel Dicembre e nel 1999.
La frana ha interessato la parete tufacea
ed il crollo
è avvenuto in prossimità della piazza del Vescovado causando
l'arretramento del ciglio della scarpata, per uno spessore stimato, di circa
Fig. 8 - Frana di crollo sulla rupe Nord del Febbraio 1992
Inoltre, sul bordo
della nuova rupe, in corrispondenza del piazzale del Vescovado,
si osservava una frattura beante, subparallela
al fronte con direzione 50- 65 °N.
Nei periodi antecedenti alla frana non
vi furono piogge significative alle quali possa essere attribuita un’azione
destabilizzante.
Per quanto riguarda le condizioni
climatiche, in generale possono essere escluse gli effetti del gelo non avendo
avuti significativi abbassamenti di temperatura nei periodi antecedenti le
frane.
La figura 9 mostra come i crolli sono avvenuti ad ovest della frana del 1992
per un'ampiezza di fronte stimabile in circa 50-
Fig. 9 - Frana del Settembre 1993
Nei mesi precedenti al crollo in corrispondenza della parte più occidentale
del nuovo bordo della rupe si era osservata una frattura aperta e ribassata e
sprofondamenti locali. Tale frattura rappresenta la prosecuzione di quella
tuttora esistente nel piazzale del Vescovado e prolungantesi verso Ovest, al
disotto dell’edificio crollato. Dopo l'evento principale è continuata la
caduta di blocchi isolati, segno del perdurare delle precarie condizioni di
equilibrio del fronte. Il crollo ha interessato entrambe le formazioni tufacee.
Il materiale franato nelle due frane si era accumulato nella sottostante
profonda incisione preesistente nel pendio argilloso (Cavon Grande), fino a
raggiungere, con alcuni blocchi isolati, l'alveo del fosso Cireneo distante
circa
Nel grafico di Fig. 10, sono stati riportati in ascissa i giorni nel periodo
Gennaio - Ottobre 1993. Nell’ordinata di sinistra sono riportati i mm/giorno
delle precipitazioni (bleu), mentre in quella di destra i gradi delle
temperature giornaliere minime e massime ( escursioni termiche giornaliere).
Il grafico mostra come la frana sia avvenuta dopo un lungo periodo di siccità
caratterizzato da forti escursioni termiche.
Fig. 10 Andamento delle
precipitazioni e delle temperature nel tempo
Restano da analizzare gli effetti dovuti alle variazioni termiche che provocano
movimenti nelle parti esterne della rupe soggette a insolazione rispetto alle
parti più profonde e più protette con possibilità di innesco di fenomeni di
rottura progressiva per fenomeni cosiddetti “a fatica”: mentre le parti
esterne sono sottoposte a variazioni di temperatura giornaliere, quelle più
interne mantengono una temperatura pressoché costante.
Fig. 11
Mobilitazione dei detriti durante la frana del 96
Frana
del Dicembre 1996
Nel
Dicembre 1996, sul versante Nord della rupe, si è verificata una frana di
detrito (debris flow) che ha
raggiunto i terreni di fondovalle, come è evidente dalla foto di Fig. 11.
L’evento ha interessato e rimobilizzato i materiali
presenti nella parte medio alta del Cavon Grande crollati tra la fine di
Agosto e gli inizi di Settembre del 1993 depositandoli sul pendio argilloso alla
sua base. L’accumulo del
detrito a fondovalle ha provocato lo sbarramento del Fosso Cireneo ed il
denudamento delle argille sotto il piede della rupe rendendolo vulnerabile ai
processi di scalzamento al piede.
Nel grafico che segue
sono riportate in ordinate i mm di pioggia/ora
ed in ascisse le ore relative al giorno 11 e 12 dicembre. La frana
avvenuta intorno alle ore 16 del 12 dicembre è stata certamente influenzata
dalla piovosità avvenuta nei giorni precedenti.
Fig.
12 - Andamento della pioggia nei giorni 11 e 12 Dicembre 96
Negli stessi giorni
sono state registrate diverse colate che hanno interessato i versanti della
sella tra Civita e Mercatello e dovuti alla saturazione della coltre detritica
argillosa in conseguenza di intense precipitazioni. La profondità delle
superfici di scorrimento di queste colate, che generalmente non supera il metro,
ha interessato soprattutto il versante nord della sella ed in misura minore
quello Sud.Tali fenomeni hanno portato a giorno
porzioni esterne di opere di stabilizzazione realizzate sui versanti
adiacenti ai terreni di fondazione
del ponte di accesso a Civita.
Si tratta di una frana di crollo che ha interessato la rupe ed ha generato
soltanto alcuni m3 di materiale.
Fig. 13 - Frana del ‘99
Frana
incipiente del versante settentrionale (Cavon Grande)
I fenomeni franosi del
Dicembre 1996 rappresentano il contesto evolutivo che tende al livellamento del
rilievo e quindi al franamento verso valle di porzioni consistenti della rupe di
Civita.
Sul versante settentrionale della rupe è presente una grossa frattura che
interessa la formazione tufacea compatta che ha prodotto una grossa fessura nel
terreno e nell’abitazione adiacente (Casa Greco). Per controllare i movimenti
del blocco di roccia in condizioni di instabilità è stato messo in opera il
30.09.93 un estensimetro a filo formato da due supporti a cavallo della lesione.
Per misure di spostamento è stato utilizzato un trasduttore potenziometrico
lineare.
Le letture dei dati raccolti vengono inviate automaticamente via cavo ad una
stazione ubicata a Civita di Bagnoregio, che effettua le letture ogni 15 minuti
e ne registra i dati.
Gli spostamenti di questa frana incipiente sono da tempo monitorati con sistemi
di misurazione elettronica che indicano una forte accelerazione negli ultimi
tempi che potrebbe produrre un ulteriore crollo che potrebbe coinvolgere anche
diversi edifici di Civita. Anche in questo caso, come nei precedenti,
probabilmente giocheranno un ruolo importante le escursioni termine che
provocano movimenti nelle parti esterne della rupe soggette a insolazione
rispetto alle parti più profonde e più protette con innesco di fenomeni “a
fatica”.
3.3.
Distribuzione dei fenomeni di dissesto
Abbiamo visto come la
morfologia attuale del colle di Civita rappresenta il risultato dei numerosi
eventi franosi prodottisi nel tempo che hanno interessato essenzialmente la
parte periferica del centro abitato
con numerosi distacchi di roccia e colamenti lungo i versanti argillosi (Margottini
C. et Alii, 1997). Intorno all’abitato di Civita sono presenti movimenti
franosi attivi e quiescenti che
interessano sia le argille che la serie vulcanica. Tenuto conto delle
implicazione che questi movimenti hanno sulla stabilità della rupe e quindi sul
futuro di Civita, vengono descritte esclusivamente le frane principali (Margottini
C. et Alii, 1997), identificate con un numero iniziando dall’estremità
occidentale del paese e procedendo in senso orario:
frana n° 1
Si tratta di una frana quiescente complessa che lambisce i tufi sovrastanti
e allo stato attuale è stabilizzata dalla vegetazione presente sui fianchi e
nella parte inferiore del pendio. Nel passato ha certamente svolto un ruolo
importante in quanto, data la sua ubicazione nel pendio, potrebbe aver
contribuito ai crolli dei blocchi tufacei che si verificarono nel lato
Nord-Ovest del paese e che
determinarono la scomparsa della contrada Ponte;
frana n° 2
Rappresenta una frana complessa in quanto si suppone che abbia avuto origine
come frana rotazionale e si è evoluta e ingrandita successivamente a causa di
un insieme di colate. Tali colate, che
la stanno interessando ancora attualmente, hanno inizio lungo le ripide scarpate
che delimitano la frana e confluiscono nella parte centrale. Attualmente la
corona della frana è ubicata a contatto con i tufi determinando un effetto di
scalzamento alla loro base che, senza un progetto di intervento con adeguate
opere di consolidamento, potrà dare
origine a crolli di blocchi tufacei.
Nel passato sono state intraprese iniziative per stabilizzare il fenomeno
costruendo a metà del corpo di frana, una
briglia che però non ha prodotto gli effetti desiderati. Infatti, anziché rallentare il fenomeno, la briglia si è comportata come una
diga consentendo, nella zona immediatamente a monte, l’accumulo di materiale
argilloso saturo di acqua che, scavalcandola
successivamente, ha originato
nuove colate.
E’ rappresentata da una vasta coltre di detrito ed è considerata come un
ampliamento della frana precedente. Essa ha inizio dalla rupe sottostante Civita
estendendosi verso valle per una lunghezza di circa
Si tratta di uno scorrimento rotazionale attualmente quiescente ed è
ubicato al piede della frana precedente. Ha interessato i materiali che si
trovano al suo piede e la sua origine è da mettere in relazione ad una serie di
probabili crolli avvenuti nel passato che hanno originato questo grosso accumulo
di materiali. Un ulteriore apporto di materiale si è avuto
con la frana del Febbraio 1992 che ha interessato la rupe tufacea che ha
lasciato scoperto un tratto di scarpata molto fessurata
e con masse in equilibrio precario.
Nella zona Sud orientale del paese, nei tufi stratificati, sono presenti
vari ordini di scarpate e terrazzamenti che hanno dato origine localmente a
crolli che hanno interessato sia le scarpate più esterne sia alcune cavità
scavate nelle balze.
Nel pendio sottostante, lungo la parte Sud dell’abitato, sono presenti alcuni
accumuli di detrito, caratterizzato da clasti di piccole dimensioni, i cui
limiti non sono ben individuabili la cui origine è da mettere in relazione ai
crolli che si ebbero nella parte Sud-Est (frana n° 5) e Sud-Ovest (frana n° 6)
del paese e che portarono alla scomparsa della contrada Carcere e di diversi
edifici tra cui la chiesa di S. Bonaventura.
frana n° 7
Si tratta di una frana quiescente di tipo complesso che comprende anche
colate e soliflussi (lento movimento della coltre superficiale più alterata che
porta alla formazione lungo il versante di piccoli ripiani, di lobi,
ondulazioni e a volte strappi del manto vegetale) che hanno origine nei
pendii con forte acclività.
frana n° 8
E’ ubicata lungo il pendio Nord in corrispondenza della sella e
rappresenta una frana di tipo complesso dove hanno origine alcune colate che
producono lo scorticamento del manto erboso.
frana n° 9
La frana è ubicata lungo il lato Sud in corrispondenza della sella ha le
stesse caratteristiche della precedente.
frana n° 10
Questa frana catalogata nella carta geomorfologica come “scorrimento
rotazionale inattivo” risale all’epoca medievale. Non si hanno molte
informazioni circa l’anno in cui si è verificata, si sa invece che si tratta
di una frana di grandi dimensioni che ha interessato il versante meridionale di
Lubriano. Questa scendendo verso valle ha ostruito il fosso di Lubriano
provocando la sua deviazione verso la riva destra, portandolo ad erodere
maggiormente il piede del versante settentrionale del colle di Civita
aggravandone pesantemente le condizioni di stabilità.
I fenomeni di
instabilità dell’area in oggetto sono da attribuire a un insieme complesso di
cause che partendo dall’approfondimento operato dai corsi d’acqua alla base
della valle, si propagano alle pendici e quindi sulla formazione vulcanica
sovrastante. Tali cause possono essere riconducibili a (Margottini
et Alii., 1997):
continuo approfondimento degli
alvei dei torrenti in particolare in concomitanza con eventi meteorici
critici;
Decadimento delle caratteristiche
geotecniche delle argille, esposte all’azione degli agenti atmosferici,
per uno spessore massimo di 5 –
Formazione di colate di argilla
nei primi 0.5-
Intensa erosione superficiale
conseguente agli agenti meteorici;
Deformazione delle argille di base
allentate in seguito al decadimento delle loro caratteristiche meccaniche
ed induzione di processi deformativi nel complesso tufaceo
sovrastante;
Inizio della fratturazione
all’interno della formazione tufacea causato dall’aumento sforzo
deviatorico associato alla mancanza di contenimento
laterale del pendio;
Apertura delle lesioni
preesistenti nella parte sommitale dei tufi compatti dovute all’aumento
della pressione interstiziale dell’acqua presente nelle fratture e innesco
di fenomeni di crolli nella parte apicale della rupe;
Incremento delle deformazioni
nella parte alta della rupe con innesco dei dissesti che, originatisi nei
tufi compatti in corrispondenza di fratture preesistenti si propagano nella
parte bassa della rupe ed in corrispondenza degli strati argillosi, più
plastici, si trasformano in movimenti rotazionali. Una sintesi di questi
processi è riportata in figura
14.
Fig.14 - Processi geomorfologici in atto nelle
pendici di Civita
La sintesi di tutti i processi in atto è riportata in allegato 2
Lungo tutto il bordo della rupe si riconoscono i segni di una morfologia
molto complessa che è controllata quasi completamente dai fenomeni di
deformazione e rottura delle argille sottostanti la formazione vulcanica e dalla
riduzione delle loro proprietà
meccaniche.
La percolazione di acque meteoriche nelle rocce piroclastiche fessurate
determina, al contatto con la sottostante formazione argillosa, l'instaurarsi di
una falda acquifera di limitata estensione con numerose emergenze localizzate,
favorendo il rigonfiamento ed il
degrado delle proprietà meccaniche della parte superficiale degli strati
argillosi con il conseguente scalzamento alla base del bancone tufaceo di
copertura, ed il progressivo
distacco di porzioni di tufo secondo discontinuità subverticali.
In virtù di questi meccanismi
nella formazione argillosa è possibile trovare le tracce lasciate da frane
rotazionali antiche e recenti e
colate attuali che arrivano a lambire il piede della rupe che producono crolli e
ribaltamenti di grandi porzioni di roccia nei tufi sovrastanti già isolati da
fratture dall’ammasso tufaceo retrostante. L’allontanamento del detrito al
piede ad opera delle frane ed il
continuo crearsi di fratture subverticali nelle parti marginali dei tufi danno
origine alla verticalità delle pareti della rupe.
L’equilibrio della rupe è inoltre alterato a causa
della presenza in essa di molte cavità prodotte dall’uomo. A causa
della loro gravità ai fini della stabilità della rupe, sin dal 1373 furono
previste sanzioni amministrative a quanti, realizzando cavità di vario genere,
aggravano il già precario equilibrio della rupe.
E’ stato rilevato in
altre situazioni analoghe che, gli sforzi al piede della rupe tufacea genera
deformazioni viscoplastiche nella formazione argillosa sottostante con
conseguente fessurazione verticale che conduce ad abbassamento verticale delle
parti periferiche del complesso tufaceo superiore.
Nella zona dove la placca tufacea è stata da tempo asportata a causa delle
frane, si sviluppa una intensa erosione dovuta alle acque superficiali che
genera il tipico paesaggio dei calanchi.
5.1.
Sistema di monitoraggio 1992 - 2001
Al fine di aumentare la sicurezza del centro abitato di Civita è stata
realizzata dall’ENEA nel 1992 una rete di monitoraggio strumentale in
corrispondenza di alcune fratture presenti lungo il bordo perimetrale del
piastrone tufaceo con lo scopo di ottenere valutazioni quantitative sulla
evoluzione dei dissesti della rupe.
La rete di monitoraggio comprende:
rete deformometrica manuale;
deformometro a filo con
registrazione automatica;
sensori termometrici
sensori di rilevamento sismico
Rete
deformometrica manuale
La rete è composta complessivamente di 28 stazioni. I punti (stazioni) di
misura della rete deformometrica interessano la formazione tufacea
e sono disposti lungo la rupe di Civita: 7 stazioni sul lato sud della
rupe e 21 sul versante nord.La maggiore concentrazione di punti di misura sul
lato nord è giustificata dal fatto che, proprio su questa parte, sono
riscontrabili i segni più marcati di instabilità e la maggiore frequenza di
fenomeni franosi.
Dopo
gli eventi franosi dell’inizio di settembre del 1993, che hanno interessato la
porzione NE della rupe, per controllare i movimenti del blocco di roccia in
condizioni di instabilità sovrastante il Cavon Grande, è stato installato il
30.09.93, un deformometro a filo,
collocato
a cavallo di una grossa frattura beante e ribassata, con
registrazione delle letture su memoria di massa.
Misure termometriche
Nel Dicembre 1993, nel settore NE della rupe, all'interno di una cavità
antropica, è stata posta una centralina termometrica composta da 12 sonde di
registrazione termometriche posizionate sia all'interno della roccia, a circa
Sensori di rilevamento sismico
Per la rilevazione delle vibrazioni sulla rupe di Civita, sono state
utilizzate due terne di sensori sismici disposti ortogonalmente tra loro ed
orientati secondo le coordinate geografiche che
hanno rilevato alcune microscosse locali.
Le misure sismometriche, nella situazione di estrema precarietà della rupe di
Civita, risultano molto importanti per il monitoraggio delle microscosse locali
legate alla sismicità dell’area che può incidere negativamente sulla
stabilità della rupe. Questo argomento verrà affrontato in maniera più
approfondita nei capitoli che seguono.
5.2.
Sistema di monitoraggio 2002
La
rete di monitoraggio precedentemente descritta ha fornito per molti anni un
valido contributo scientifico sia per lo studio dei processi dinamici legati a
blocchi instabili che interessano il centro abitato di Civita sia per lo studio
dell’incidenza dei fenomeni meteoclimatici sulla loro stabilità.
Tuttavia la complessa situazione geomorfologica di Civita
richiede un efficace sistema di controllo in grado di fornire
informazioni sia in fase di analisi che durante o dopo gli interventi di
stabilizzazione.
La
realizzazione di un nuovo sistema di monitoraggio nella rupe e lungo le pendici
di Civita deve rispondere ai seguenti requisiti fondamentali:
consentire una migliore
definizione qualitativa e quantitativa dei processi geomorfologici in atto,
alla luce del modello evolutivo di riferimento assunto per l’area (Bandis
et alii, 2000; Casagli et alii, 2000);
consentire la realizzazione
di un sistema di allarme, capace di fornire informazioni in tempo reale su
eventuali situazioni di rischio incombente;
verificare l’efficacia
delle opere di consolidamento in corso di realizzazione.
A tal
fine è stato studiato un sistema di monitoraggio che unisce tecnologie
consolidate e sistemi innovativi quali l’interferometria radar e le tecnologie
TDR. La prima consente di visualizzare spostamenti millimetrici dell’intera
rupe e pendici sottostanti attraverso l’utilizzo di microonde rilevate in un
arco temporale di un anno, dal versante opposto a Civita. La seconda consente
invece di investigare l’uso di tecnologie a basso costo, quali i cavi
coassiali, per il rilievo di eventuali piani di scivolamento nei pendii
dell’area.
La rete di monitoraggio è riportata in allegato 5
Nel recente passato, l’area di
Civita di Bagnoregio è stata oggetto di
indagini geognostiche aventi come obiettivo la caratterizzazione geotecnica sia
delle formazioni vulcaniche che della formazione argillosa sottostante. Le aree
su cui sono state effettuate le
indagini e/o prelevati campioni sono:
1. le argille plioceniche
ubicate sotto il ponte di collegamento di Bagnoregio con Civita
2. abitato di Civita
3. le argille lungo il “Cavon grande”
4. le argille lungo la parte medio alta del il “Cavon grande”
5. l’area terminale del “Cavon grande”
6. il versante meridionale del colle di Civita
1. La formazione delle argille affioranti sotto il ponte di accesso a Civita, sono state investigate nel 1988 (Napoleoni Q., 1991) attraverso una campagna di indagini geognostiche (allegato 3) con l’esecuzione di 3 sondaggi (Na1, Na2, Na3) a carotaggio continuo che hanno consentito la caratterizzazione stratigrafica e geotecnica delle argille.
2. La formazione tufacea su cui è ubicato l’abitato
di Civita, è stata oggetto di indagini nel 1989
(Napoleoni
Q., 1991)
con la
esecuzione di 4 sondaggi geognostici (Na4, Na5, Na6, Na7) a carotaggio
continuo (tav.2) che avevano come obiettivo la caratterizzazione
geo-stratigrafica della placca tufacea del colle.
Il sondaggio Na4, ubicato sotto il ponte di accesso, ha interessato
esclusivamente i terreni della formazione argillosa dato che la copertura
vulcanica in quel punto è assente. Durante
il sondaggio Na4, sono stati prelevati i campioni:
S1C1 a profondità
S1C2 a profondità
Su ciascuno di essi sono stati
ricavati 3 provini su cui sono state effettuate prove triassiali consolidate non
drenate (TxCU).
La forma delle curve sperimentali sforzi-deformazione
ottenute, mostra la mancanza di un picco di
rottura tipico delle argille sovraconsolidate. Al contrario
esse hanno un andamento plastico tipico delle argille normal -
consolidate. Anche i valori di coesione ottenuti dalla elaborazione dei
risultati della prova triassiale sono compresi tra 0.02 e 0.04 MPa
intervallo di valori tipici
in letteratura per le argille normal consolidate.
La prova edometrica effettuata sugli stessi campioni ha fornito
risultati che non rispecchiano le proprietà meccaniche di
sovraconsolidazione delle argille di Civita. Anche le prove di taglio diretto
effettuate su campioni indisturbati prelevati dai fronti di scavo confermano
questa difformità di comportamento rispetto alle argille sovraconsolidate.
Sono state inoltre effettuate
prove di taglio diretto su provini estratti da campioni indisturbati prelevati
sul fronte di scavo. I valori della coesione C’ e dell’angolo d’attrito
f' ottenuti, sono in media più alti di quelli ottenuti dalle prove triassiali.
Questo sembra rispecchiare un comportamento comune a molte argille plioceniche (L.Fazio,
M. Sciotti, 1982).
La spiegazione di questo comportamento apparentemente anomalo delle argille di
Civita è dovuto al loro rigonfiamento che dà luogo ad una modificazione delle
loro caratteristiche meccaniche con conseguente alterazione della struttura e
perdita graduale delle caratteristiche della sovraconsolidazione subita
inizialmente. Ne consegue che un’argilla sovraconsolidata perde memoria delle
sollecitazioni subite inizialmente, per effetto di un rigonfiamento spinto e
assume un comportamento comune a molte argille plioceniche del tutto simile a
quello di un’argilla normal consolidata (Calabresi
e Scarpelli 1982).
Il sondaggio Na5 è stato realizzato davanti alla
porta di accesso a Civita ed ha
interessato i tufi stratificati che sono risultati mediamente inconsistenti ed
ha individuato la formazione argillosa a
Il sondaggio Na6 è stato eseguito sul tufo litoide nella piazza del Vescovato.
Alla profondità di
Il sondaggio Na7 è stato eseguito presso
l’accesso Est del paese: fino a
3. la prima caratterizzazione delle argille lungo il bordo destro del “Cavon
grande” è stata effettuata nel
1990 con il prelievo dalla formazione argillosa di numerosi campioni (Cevolani
et Al.(1990) nei siti riportati tav.1.
I campioni prelevati sono
riferibili a due serie:
a.
la prima serie costituita da 8 campioni rimaneggiati(CVTr 0,
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) sono stati prelevati
sul bordo occidentale della nicchia di frana del Gran Cavon
poco sotto la coltre di alterazione.
b.
la seconda serie costituita da 5 campioni indisturbati (CVTi 0, 2, 3, 5,
7) è stata prelevata a circa
Su tutti i campioni rimaneggiati e
indisturbati sono state effettuate le analisi di laboratorio riportate nelle
tabelle successive.
6.2
Determinazioni
delle caratteristiche fisiche
Dalle curve granulometriche
sono state dedotte le % di sabbia, limo e argilla riportate nella
seguente tabella.
Campione n. |
Tipo |
Profondità
(m) |
Sabbia
% |
Limo
% |
Argilla
% |
Classifica granulometrica A.G.I. |
CVT0r |
Rimaneggiato |
0 |
14 |
56 |
30 |
Limo con argilla
sabbiosa |
CVT1r |
Rimaneggiato |
0 |
12 |
58 |
30 |
Limo con argilla
sabbiosa |
CVT2r |
Rimaneggiato |
0 |
10 |
57 |
33 |
Limo con argilla
sabbiosa |
CVT3r |
Rimaneggiato |
0 |
10 |
60 |
30 |
Limo con argilla
sabbiosa |
CVT4r |
Rimaneggiato |
0 |
5 |
65 |
30 |
Limo con argilla
sabbiosa |
CVT5r |
Rimaneggiato |
0 |
2 |
52 |
46 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
CVT6r |
Rimaneggiato |
0 |
5 |
56 |
39 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
CVT7r |
Rimaneggiato |
0 |
7 |
55 |
38 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
CVT0i |
Indisturbato |
0.60 |
18 |
53 |
29 |
Limo con argilla sabbiosa |
CVT2i |
Indisturbato |
0.60 |
5 |
37 |
58 |
Argilla con limo debolmente sabbioso |
CVT3i |
Indisturbato |
0.60 |
27 |
51 |
22 |
Limo sabbioso con argilla |
CVT5i |
Indisturbato |
0.60 |
2 |
50 |
48 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
CVT7i |
Indisturbato |
0.60 |
4 |
49 |
47 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
Valor medio |
|
|
9.38 |
53.77 |
36.92 |
Limo con argilla debolmente sabbioso |
La classificazione granulometrica adottata in tabella è
quella dell’Associazione Geotecnica Italiana (A.G.I.).
Nella tabella 2 sono
riportati i risultati relativi alle determinazioni del contenuto
naturale di acqua (Wn), del peso di volume (g), del peso specifico dei granuli(Gs),
dell’indice dei vuoti (e), del grado di saturazione (Sr), del contenuto in
carbonato di calcio, del limite liquido(LL), del limite plastico (Lp),
dell’indice di plasticità(Ip) e dell’attività(A).
Tabella 2
Campione n. |
Wn
% |
g
g/cm3 |
Gs
g/cm3 |
e |
Sr
% |
CaCO3
% |
LL
% |
Lp
% |
Ip
% |
A |
CVT0r |
16.1 |
|
|
|
|
24,70 |
28.15 |
19.40 |
8.74 |
0.29 |
CVT1r |
21.5 |
|
2.76 |
|
|
|
33.7 |
20.32 |
13.37 |
0.44 |
CVT2r |
16.8 |
2.77 |
|
|
|
17.7 |
32.25 |
18.88 |
13.37 |
0.41 |
CVT3r |
15.7 |
|
2.79 |
|
|
22.00 |
30.60 |
19.61 |
10.98 |
0.36 |
CVT4r |
17.2 |
|
2.78 |
|
|
20.50 |
39.18 |
18.63 |
20.55 |
0.57 |
CVT5r |
26.8 |
|
2.77 |
|
|
22.70 |
49.70 |
25.22 |
24.48 |
0.54 |
CVT6r |
26.1 |
|
2.77 |
|
|
22.70 |
48.25 |
23.90 |
24.36 |
0.62 |
CVT7r |
23.10 |
|
2.77 |
|
|
21.40 |
46.50 |
24.56 |
21.93 |
0.83 |
CVT0i |
16.71 |
2.11 |
2.75 |
0.44 |
100 |
24.90 |
31.60 |
19.30 |
12.30 |
0.44 |
CVT2i |
15.61 |
2.09 |
2.75 |
0.43 |
95 |
18.30 |
34.55 |
19.24 |
15.13 |
0.41 |
CVT3i |
14.75 |
2.09 |
2.74 |
0.4 |
100 |
22.00 |
30.05 |
20.64 |
9.40 |
0.41 |
CVT5i |
27.59 |
2.0 |
2.66 |
0.76 |
98 |
23.40 |
50.20 |
23.60 |
26.60 |
0.56 |
CVT7i |
25.12 |
1.99 |
2.74 |
0.68 |
100 |
22.50 |
49.68 |
21.73 |
27.95 |
0.60 |
Valor medio |
18.47 |
2.18 |
2.75 |
0.54 |
98.6 |
19.95 |
38.11 |
21.16 |
17.63 |
0.50 |
Fig.15 Posizione dei campioni di Cevolani nell’Abaco di
Casagrande
Sulla base del valore dei limiti di Attemberg , i campioni
sono stati posizionati sull’abaco di Casagrande che ha consentito di
stabilire la tipologia delle argille costituenti i campioni (organiche e/o
inorganiche) ed il loro grado di plasticità.
Da ciascun campione indisturbato
sono stati ricavati, per ciascuna prova, 2 provini su cui sono state effettuate:
prova
edometrica eseguita sottoponendo i
provini a carichi con raddoppi ogni 24 ore fino ad un massimo di 64 Kg/cm2
ed un ciclo di scarico. Dalla
prova sono stati ricavati:
·
mv (cm2/kg)=Coefficiente
di compressibilità edometrica
·
E’(kg/cm2)=Modulo di
compressibilità edometrica
·
sp(kg/cm2)=Pressione di
preconsolidazione
determinazione
della resistenza al taglio diretto eseguita con la scatola di Casagrande
con prove di tipo veloci consolidate non drenate (CU) con
determinazione della coesione non drenata Cu e dell’angolo
d’attrito interno
fi,
Nella tabella 3 sono riportati sinteticamente i risultati delle prove
meccaniche.
Tabella 3
Campione n. |
cu kg/cm2 |
fi
gradi |
mv
cm2/kg |
E’
kg/cm2 |
sp
kg/cm2 |
CVT0i |
1.06 |
28 |
|
|
28.6 |
CVT2i |
0.50 |
30 |
|
|
13.8 |
CVT3i |
1,17 |
27 |
0.001 |
810 |
22.8 |
CVT5i |
0.44 |
33 |
0.038 |
26 |
12.1 |
CVT7i |
0.6 |
27.5 |
0.002 |
457 |
21.3 |
Valor medio |
0.75 |
29.1 |
0.014 |
431 |
19.72 |
4. Nella parte
medio alta del Cavon Grande (Focardi
(1991), sono stati prelevati 3
campioni superficiali (tav.1) per i quali sono state determinate le
caratteristiche fisiche riportate nella tabella sottostante.
Tabella 4
Camp. n° |
Giaia% |
Sabbia
% |
Limo
% |
Argilla
% |
Wn
% |
CaCo3
% |
LL
% |
LP
% |
IP |
F1 |
0 |
1 |
51 |
48 |
24.7 |
19.1 |
56 |
23 |
33 |
F2 |
0 |
1 |
48 |
51 |
24.4 |
24.8 |
56 |
19 |
37 |
F3 |
0 |
5 |
48 |
47 |
25.4 |
23 |
53 |
20 |
23 |
Valor medio |
0 |
3 |
49 |
48.6 |
24.8 |
22.3 |
55 |
20.6 |
31 |
La prova di taglio anulare
Questa prova,
rispetto a quella di taglio di Casagrande, presenta il vantaggio che la
superficie di rottura del provino durante la prova rimane costante e quindi è
più rappresentativa del processo di rottura.
Dalla prova sono state valutate:
la resistenza di picco Rp e quella residua Rr
la coesione C e la coesione residua Cr
l’angolo d’attrito
fa e l’angolo d’attrito
residuo
fr
La tabella 5 riporta i risultati
della prova eseguita sui 3
campioni.
Camp. n° |
Rp
Kg/cm2 |
RR
Kg/cm2 |
Coesione
C
Kg/cm2 |
Coesione residua
CR Kg/cm2 |
fa
(gradi) |
fr
(gradi) |
1 |
0.41 |
0.39 |
0.01 |
0 |
19 |
19 |
2 |
0.42 |
0.42 |
0.04 |
0.03 |
18 |
18 |
3 |
0.35 |
0.34 |
0.02 |
0 |
16 |
16 |
Valor medio |
0.39 |
0.38 |
0.02 |
0.01 |
17.6 |
17.6 |
5. Nell’ambito dei lavori di
stabilizzazione della frana del 18.12.96, sono stati prelevati 5 campioni
indisturbati (No1, No2, No3, No4, No5) lungo
uno scavo con orientamento SO-NE e un’altezza variabile tra zero e circa
fig. 16 Ubicazione del campionamento di Nolasco (da
Nolasco 1998)
I campioni sono stati prelevati tra quota
Su ciascun campione
è stata effettuata l’analisi granulometrica sia sulla frazione sabbiosa
(>63
m) che su quella argillosa (<63mm) e costruite le curve
granulometriche da cui sono state dedotte le percentuali di sabbia, silt e
argilla riportate nella tabella 6.
Tabella 6
Campione |
No1 |
No2 |
No3 |
No4 |
No5 |
Valor medio |
Sabbia % |
31.16 |
25.32 |
20.83 |
24.04 |
16,50 |
23.58 |
Limo% |
32.84 |
37.41 |
37.45 |
39.04 |
40,75 |
37.50 |
Argilla % |
36 |
37.27 |
41,72 |
36.92 |
42,75 |
38.93 |
Contenuto nat. acqua W% |
16.9 |
17,6 |
12.9 |
18.29 |
12.7 |
15.7 |
Peso volume
g (gr/cm3) |
2.13 |
2.11 |
2.09 |
2.07 |
2.03 |
2.09 |
Peso spec. Granuli Gs
(gr/cm3) |
2.71 |
2.7 |
2.69 |
2.7 |
2.74 |
2.71 |
Indice dei vuoti e |
0.49 |
0.50 |
0.45 |
0.54 |
0.53 |
0.50 |
Porosità n % |
32.9 |
33.4 |
31.03 |
35.06 |
34.5 |
33.8 |
Limite Liquido LL% |
32,4 |
32 |
36.74 |
32.52 |
36.6 |
34 |
Limite plastico Lp% |
16.2 |
16.2 |
18.04 |
16.57 |
18.9 |
17.18 |
Indice di plasticità Ip% |
16.2 |
15.8 |
17.8 |
15.95 |
17.7 |
16.69 |
Indice di consistenza Ic% |
0.95 |
0.9 |
1.33 |
0.9 |
1.1 |
1.04 |
Grado di saturazione Sr% |
93 |
94 |
78 |
78 |
66 |
81.8 |
I risultati
delle analisi (Nolasco,1998) forniscono i seguenti risultati medi:
Fillosilicati =37%
Calcite =23,5%
Quarzo = 21%
Plagioclasi =7.5%
Dolomite = 5.7%
Minerali pesanti =3%
Kfeldspati =2.3%
Queste
percentuali mostrano come i minerali inerti (Calcite, Quarzo, Plagioclasi,
Dolomite, Minerali pesanti, Kfeldspati) sono presenti nei sedimenti in
percentuale maggiore rispetto a quelli attivi (Fillosilicati).
I minerali che
costituiscono i fillosilicati sono essenzialmente l’illite (24.1%),
la smentite (4.6%), la clorite (4.1%), la caolinite(4%).
L’illite che
ha elevata superficie specifica (65-200 m2/gr) ed in misura minore la
caolinite hanno la capacità di adsorbire molecole di acqua e quindi di
espandersi in sua presenza agevolando in tal modo l’erosione.
L’elevata
percentuale di calcite presente nei campioni è in relazione alla abbondanza di
fossili presenti nei campioni.
Sui campioni
argillosi prelevati sono state anche
eseguite prove di taglio diretto del tipo consolidato drenato (CD) per la
determinazione della coesione C’ e dell’angolo d’attrito
I risultati
ottenuti sono tra loro abbastanza
omogenei con valori di resistenza al taglio che non superano i 2 kg/cm2
, coesione compresa tra 0.4 e 0.6 kg/cm2
ed angoli d’attrito anche di 38° ad eccezione
del campione No5 con angolo d’attrito di 28°. Nelle Tabelle 7 e 8 sono
riportati i dati relativi alle caratteristiche fisiche e meccaniche effettuate
sui campioni.
Sono state determinate le percentuali granulometriche di sabbia, limo, argilla, il valore del peso specifico, dei limiti di Attemberg ed il loro valore di attività. Questi risultati sono riportati nella tabella 7.
Tabella 7
Campione n°/
Granulometria |
Argilla
% |
Limo
% |
Sabbia
% |
Peso specifico
gr/cm3 |
LL
% |
Lp
% |
Ip |
A |
Valore Attività |
Classe di appartenenza |
1 |
29 |
57 |
14 |
2.775 |
34.96 |
17.69 |
12.27 |
0.62 |
Inattivo |
Limo argilloso con sabbia |
2 |
38 |
42 |
20 |
2.795 |
28.60 |
17.04 |
11.55 |
0.28 |
Inattivo |
Limo argilloso con sabbia |
3 |
50 |
32 |
18 |
2.775 |
28.32 |
17.43 |
10.89 |
Indet. |
Indeterminato |
Argilla limosa con sabbia |
4 |
45 |
35 |
10 |
2.775 |
36.40 |
20.71 |
15.69 |
0.36 |
Inattivo |
Argilla limosa con sabbia |
Valor medio |
40.5 |
41.5 |
15.5 |
2.78 |
32.07 |
18.22 |
12.52 |
0.42 |
|
|
A= Ip % / Frazione granulometrica % < 2
m
- inattivi A < 0.75
- normali 0.75 < A < 1.25
- attivi A > 1.25
b. Campioni indisturbati (Caratteristiche fisiche)
Tabella
8
Campione n. / Caratteristiche fisiche |
Contenuto acqua
W (%) |
Porosità
n (%) |
Indice dei vuoti
e |
Grado saturazione
S (%) |
1 |
18.80 |
2.138 |
0.542 |
96.30 |
2 |
20.91 |
2.071 |
0,629 |
92.60 |
3 |
18.82 |
2.132 |
0.546 |
95.65 |
4 |
19.55 |
2.088 |
0.589 |
91.44 |
Valor medio |
19.52 |
2.11 |
0.576 |
94 |
Prove meccaniche
Prove edometriche
Dai 4 campioni indisturbati sono stati ricavati diversi
provini su cui sono state effettuate le prove edometriche con carichi massimi di
Prova di taglio
Sui campioni indisturbati sono state effettuate delle
prove di taglio semplice con la scatola di Casagrande, la prova non consentendo
di controllare ne le condizioni di drenaggio ne di misurare le pressioni
interstiziali, va eseguita ad una velocità che garantisca a priori
l’impedimento del drenaggio. Sono stati quindi determinati per ciascun
campione l’angolo d’attrito
f e la coesione non drenata cu.
I risultati di entrambe le prove sono riportate nella
tabella seguente.
Tabella 9
Campione n. |
Edometrica |
Taglio semplice |
||
|
sp (Kg/cm2)
|
mv (cm2/Kg) |
Cu (Kg/cm2) |
f (°) |
1 |
27 |
0.068 |
0.3 |
18 |
2 |
21.5 |
0.066 |
0.3 |
11 |
3 |
26 |
0.027 |
0.3 |
17 |
4 |
24.5 |
0.096 |
0.3 |
15 |
Valor medio |
24.75 |
0.064 |
0.3 |
15.25 |
6.4.
Caratteristiche fisiche e meccaniche dell’argilla di base
L’argilla del Pliocene medio di Orvieto rappresenta la
base dell’intera sequenza stratigrafica. Sui campioni di argilla prelevati
sono state effettuate prove
meccaniche di taglio diretto, prove
triassiali non consolidate non drenate (UU) e consolidate drenate (CD).
Nell’ambito della formazione argillosa, a partire dal
basso verso l’alto, distinguiamo tre orizzonti con caratteristiche fisiche e
meccaniche diverse:
a. Argilla dura con
valori di Cu compresi tra 1-1.6 MPa come si vede dalla tabella 10. La
prova edometrica effettuata sui
provini di argilla ha mostrato che i valori della preconsolidazione apparente è
almeno uguale a 8-9 MPa ossia 5-10 volte maggiore dei valori della
preconsolidazione stimati in sito. Secondo Lembo Fazio et al., 1986, questa
discrepanza può essere attribuita
all’effetto della cementazione dovuta al carbonato di calcio contenuto nella
misura del 30% nella formazione argillosa.
b. Argilla soffice con valori di Cu nettamente
inferiori ai precedenti compresi tra 0.3-0.6 MPa
c. Argilla molle
Tabella 10
La tabella 11 riporta i valori del peso
di volume
gespresso in g/cm3 , relativamente ai tre tipi di argille che si
rinvengono a Orvieto.
Tabella 11
Tipo argille |
Peso di volume
g (g/cm3) |
Argille
dure
|
2.099-2.14 |
Argille tenere |
1.94-2.06 |
Argille molli |
1.99 |
6.5
Comportamento delle argille sovraconsolidate
Le resistenza allo scorrimento delle
argille sovraconsolidate, cioè di quelle argille che hanno subito nel passato
pressioni litostatiche superiori a quelle cui sono sottoposte attualmente,
dipende dal loro grado di consolidazione.
In generale la resistenza unitaria al
taglio
tf offerta dalle
terre per effetto della pressione
s‘ effettiva tra i suoi granuli è
generalmente espressa con il criterio a rottura di Mohr-Coulomb:
dove:
C’ = Coesione efficace, cioè la forza di adesione dei
grani di terra l’uno all’altro dipendente dalle caratteristiche fisiche e
mineralogiche del materiale e dal grado di consolidazione.
f' = Angolo di
attrito interno caratteristico della terra.
Quella che agisce sullo scheletro solido (s)
Quella del fluido che riempie gli spazi
intergranulari nel caso dell’acqua (u)
s' = (s - u) =0
e quindi
tf =C
in cui la tensione efficace
s’ è nulla e la resistenza al taglio è
data unicamente dal valore della coesione che viene detta non drenata (Cu).
Le argille
sovraconsolidate quando sono sottoposte a prove di taglio dirette
e/o triassiali, prima di rompersi subiscono un incremento di volume.
Hanno in genere una rottura di tipo fragile e raggiunta la resistenza massima
essa decade con l’aumentare delle deformazioni.
Le argille ed in generale le terre, sottoposte a pressioni
verticali come nel caso di Civita in cui la formazione argillosa è sottoposta
al carico della placca tufacea, subiscono un incremento delle pressioni
orizzontali secondo la relazione:
s0 =Ksv
dove Kè il coefficiente di spinta a riposo delle terre.
Se viceversa subiscono una riduzione della pressione
verticale, il valore
snon subisce grosse variazioni per cui può ritenersi costante. Questo spiega
il perché nelle argille sovraconsolidate le pressioni orizzontali possono
essere anche maggiori di quelle verticali fino ad un valore massimo
smax
oltre il quale si avrebbe
la rottura del materiale.
Le argille sovraconsolidate sottoposte a variazioni dello
stato tensionale, a causa di fenomeni erosivi quali le frane, modificano lo
stato tensionale cui sono sottoposte subendo fenomeni di rigonfiamento (swelling)
con ampliamento delle microstrutture presenti e successivamente fenomeni di
rammollimento, a causa dell’infiltrazione di acqua,
I tempi per il raggiungimento delle condizioni a lungo
termine, sono per questi generalmente dell’ordine della decina di anni (Esu e
Calabresi, 1969).
Nel
caso di Civita i fenomeni di rammollimento sono favoriti dalla presenza di
fratture presenti nelle argille (argille strutturate) che si formano durante il
periodo estivo e che vengono riempite successivamente d’acqua nei periodi
invernali. Con il procedere del
softening si ha una continua riduzione della loro coesione
sino all’ annullamento, mentre l’angolo d’attrito interno si mantiene
praticamente costante. Il materiale perde il suo stato tensionale comportandosi
come un’argilla nomal consolidata (Cotecchia
et. Al., 1979).
Quando le argille
sovraconsolidate subiscono un completo rammollimento raggiungono i valori di
resistenza minima. In questo caso parliamo di resistenza residua espressa
dall’angolo d’attrito residuo il quale viene usualmente calcolato con prove
di laboratorio su provini a prova di taglio anulare.
Le argille plio-pleistoceniche di Civita di Bagnoregio
appartengono alla gamma delle argille sovraconsolidate
in quanto nel passato sono state sottoposte ad un carico litostatico maggiore di
quello attuale dovuto al peso del tufo eroso sovrastante
a cui va aggiunto, allontanandosi dalla rupe, il carico litostatico
esercitato dallo spessore delle argille asportate la cui altezza cresce dalla
rupe verso il fondovalle.
Purtroppo non siamo in grado di valutare l’altezza
massima raggiunta nel passato dalla formazione argillosa e quindi il suo carico
prima della messa in posto dei tufi che l’ hanno ricoperta, come testimoniano
le serie continentali nella vicina Orvieto (serie di Albornoz) il cui tetto è
stato datato da Pialli et Al nel
Certo è che le argille sovraconsolidate di Civita di
Bagnoregio soprattutto nelle loro
parti più superficiali, sono soggette a fenomeni di swelling e softening.
Questi fenomeni producono nel tempo la perdita della resistenza acquisita dalle
argille in virtù della preconsolidazione e si comportano, nei riguardi della
resistenza al taglio, come argille normalmente consolidate (Calabresi et Al.,
1985)