Dissesti idrogeologici in aree a particolare valenza culturale:  monitoraggio e valutazione del rischio nell’area del Monte alle Croci (Firenze)

PARTE I - Stato delle conoscenze

      

    Introduzione

1. Evoluzione urbanistica del sito

2. Il patrimonio artistico e architettonico del Monte alle Croci

    2.1. La chiesa di San Salvatore e il convento di San Francesco

3. Cronologia dei dissesti e principali studi

4. Analisi ed interpretazioni dal 1928 a oggi

5. Interventi di consolidamento effettuati in tempi recenti

6. Sintesi delle conoscenze

 

Indice Monte alle Croci

 

 

Introduzione

La collina di Monte alle Croci, o collina di San Miniato, anticamente chiamata Monte del Re, costituisce il più famoso dei “Colli Fiorentini”, l’insieme dei rilievi che, posti in sinistra idrografica del fiume Arno, segnano scenograficamente il limite meridionale dell’area urbana di Firenze (figura 1), componendo, assieme al vastissimo patrimonio architettonico della città, uno dei più famosi complessi storico-ambientali del mondo (figura 2 e tavola 1). Il rilievo, seppur di modesta entità ( 136,7 m s.l.m.), è interessato da secoli da fenomeni di dissesto idrogeologico, che si sono manifestati prevalentemente in seguito alle modificazioni del versante, a volte anche notevoli, apportate dall’uomo e che, spesso, si mostrati con frammentari indizi di movimento e tramite deformazioni strutturali e lesioni dei manufatti.  L’area è stata oggetto di numerosi studi, anche in passato, così come testimoniano la consistente documentazione storica esistente ed i numerosi studi geologici e geomorfologici più recenti, ma la peculiare natura geologica del terreno unita alla forte antropizzazione rendono arduo discriminare i dissesti connessi con il cattivo stato delle opere di sostegno, contenimento e drenaggio da quelli ascrivibili a movimenti del terreno. Per questo è stato scelto di progettare e realizzare un moderno sistema di monitoraggio in grado di integrare le informazioni storiche e i dati esistenti. Obiettivo del presente studio è stato quello di giungere, attraverso il monitoraggio, ad una maggiore comprensione delle dinamiche morfoevolutive del versante per potere delineare degli scenari di rischio dell’area in esame, dopo aver analizzato, parallelamente, il grado di vulnerabilità dei beni culturali presenti nel sito.

 

Figura 2 – Basilica di San Miniato (sec. XI), Palazzo de’ Vescovi (sec. XIV), Cimitero delle Porte Sante (sec. XIX) e Bastioni Michelangioleschi (sec. XVI)

1. Evoluzione urbanistica del sito

Nei primi secoli dell’era cristiana il territorio non era abitato e, infatti, San Miniato viveva da eremita sul Mons Florentinus, che divenne poi luogo della sua sepoltura e della costruzione della basilica a lui dedicata (Busignani A., 1974). Sul finire del ‘200, Arnolfo di Cambio progettò una nuova cinta muraria della città che lambiva il colle di San Miniato, escludendolo (figura 10). Dopo poco meno di due secoli, ai tempi della cacciata dei Medici e della proclamazione della Repubblica Fiorentina, si decise di fortificare il complesso del colle di San Miniato, per la sua posizione strategica. Ad organizzare rapidamente la difesa fu chiamato lo stesso Michelangelo: venne realizzato un fronte bastionato orientato verso SE (da dove effettivamente arrivò l’attacco delle artiglierie nemiche) che circondava la sommità del colle di San Miniato racchiudendo anche il complesso di San Salvatore e con due tratti di mura che scendevano rapidamente verso l’Arno (Bertocci et al., 1995) (figura 11). Caduta, nonostante la disperata difesa, la Repubblica e tornati i Medici, si dette forma e struttura definitiva alle fortificazioni, così come si legge nelle varie carte della città fino a quella di F. Fantozzi del 1843. (Fanelli G., 1973)

Ptolomaei Claudii Cosmografia, 1472,
la collina di San Miniato è raffigurata all'estrema sinistra
Figura 11 - Veduta di Firenze, impressa nella stamperia G.D. de Rossi in di San Miniato. Roma, 1765. Particolare dei bastioni michelangioleschi (Ciullini R,1973)

In seguito, l’assenza di Monte alle Croci dalle cronache storiche delle vicende della città, lasciano presumere un’assenza di interventi di rilievo, fino al periodo tra il 1865 e il 1876, successivamente alla designazione di Firenze come capitale del Regno d’Italia. La città e, in particolare, la sua zona meridionale furono interessate da profonde opere di riqualificazione urbana, ispirate ai modelli delle grandi capitali d’Europa (Parigi, Vienna) e dirette dall’Ingegnere Giuseppe Poggi (Poggi G., 1872). Sulla collina di San Miniato, Poggi progettò e costruì il Viale dei Colli quale segmento meridionale dell’anello viario di circonvallazione del nucleo urbano più antico, ideandolo come un percorso scenografico di grande effetto, con punti panoramici sulla città sottostante, di cui il Piazzale Michelangelo e il sistema delle Rampe sono l’esempio più rilevante per dimensioni e notorietà (figura 12).

Il progetto di Poggi prevedeva spese molto ingenti e tra le ragioni addotte dal progettista per superare le riserve legate all’eccessivo onere economico, furono rilevanti quelle connesse con l’esigenza di un riordino delle condizioni idrogeologiche del versante finalizzato alla prevenzione di possibili futuri dissesti (Poggi, G., 1882). La realizzazione delle opere progettate comportò una decisa mutazione della morfologia del versante, con sbancamenti e riprofilature che coinvolsero volumi ingenti di materiale, la costruzione di strutture murarie di contenimento di zone di riporto e terrapieni, la realizzazione di sistemi di drenaggio e canalizzazione finalizzate all’adduzione delle acque a vasche e fontane ornamentali; il progetto venne però concepito con la forte consapevolezza, da parte del Poggi, della criticità della zona in cui andava ad operare (Canuti P. et al., 1999). Infatti, le aree più instabili furono lasciate a verde pubblico (area attualmente occupata da un campeggio), le Rampe furono progettate con la funzione principale di stabilizzare, attraverso una serie di muri a retta, il terreno soggetto a problemi di instabilità del versante ed al peso dei materiali di riporto del piazzale che fu realizzato utilizzando, sia per ragioni statiche che di economia, le strutture di difesa cinquecentesche e la scalinata monumentale di accesso a San Miniato fu progettata con funzione, oltre che architettonica, di sistemazione del pendio caratterizzato da piccoli ma insistenti fenomeni di dissesto.

Figura 2 – La rampa di San Niccolò, foto Alinari, 3355 collodio 21x 27. Nel riquadro la basilica di San Miniato, la chiesa ed il convento di San Salvatore ed il Piazzale Michelangelo collegato al Lungarno attraverso le Rampe.

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2. Il patrimonio artistico e architettonico del Monte alle Croci

La collina di Monte alle Croci costituisce un sito di elevato valore paesaggistico e ospita monumenti di inestimabile valore artistico, storico e culturale.  Sulla sommità del colle sorge la basilica di San Miniato al Monte (XI secolo; figg. 3, 4) che costituisce uno degli edifici romanici più importanti di Firenze ed è sicuramente uno dei capolavori dell’architettura fiorentina. L’edificio risale al 1018, quando il vescovo Ildebrando decise di ricostruire la vecchia chiesa che si trovava nello stesso luogo dove nel 250 il primo martire fiorentino era stato martirizzato sotto l’imperatore Decio. I lavori di costruzione e di decorazione della basilica di San Miniato durarono circa due secoli, così come testimonia un’iscrizione pavimentare. A fianco della basilica sorge un monastero la cui esistenza è nota fin da tempi remoti, anche se molti degli ambienti conventuali furono realizzati nella prima metà del quattrocento ad opera delle maggiori botteghe fiorentine. Il principale corpo di fabbrica del complesso monastico, è costituito dal Palazzo dei Vescovi, iniziato nel 1295 e terminato nel 1320. Il palazzo fu radicalmente restaurato tra il 1902 ed il 1924 con la sistemazione sia della facciata che degli interni, e successivamente negli anni 1962-87. Durante gli interventi di restauro sono stati rinvenuti un affresco di Andrea del Castagno e uno di Paolo Uccello. Tutto il complesso è circondato dai bastioni realizzati provvisoriamente in terra battuta e mattoni crudi da Michelangelo nel 1529. Nel 1552 i bastioni vennero trasformati in una fortezza permanente in muratura, ulteriormente modificata tra il Cinque e il Seicento. L’area interna alla fortezza cinquecentesca, intorno alla basilica e al monastero, è occupata completamente dal Cimitero Monumentale, detta anche delle “Porte Sante”, realizzato a partire dal 1865. Numerosi mausolei neogotici e neorinascimentali forniscono un interessante panorama dei gusti architettonici della fine dell’Ottocento. Vi sono sepolti numerosi uomini illustri fra cui Carlo Lorenzini (Collodi), Ruggero Leoncavallo, Giovanni Papini, Vasco Pratolini, Giovanni Spadolini. Accesso ai monumenti si ha attraverso la Scalinata Monumentale , realizzata dal Poggi in travertino, nel tentativo di armonizzarla il più possibile con la facciata marmorea della basilica, nell’impossibilità di utilizzare il marmo per motivi economici (1865-1876). 

 Figure 3 e 4 – Interno e prospetto della Basilica di San Miniato al Monte (sec. XI)

Sul versante settentrionale sorge la Chiesa di San Salvatore (secondo Lapini A., 1900, il nome corretto sarebbe San Francesco) con il contiguo convento di San Francesco (1499-1504) (figg. 5, 6), della cui fondazione si parlerà ampiamente nel capitolo successivo. Di rilievo sono la facciata estremamente semplice, con le ampie superfici intonacate interrotte solo dal portale e dalle finestre a timpano; l’interno è a una sola navata, fiancheggiata da una serie di cappelle, e la qualificazione architettonica delle pareti è affidata alla pietraforte anziché alla pietra serena che era il materiale più usato dopo Brunelleschi.

 

Figura 5 e 6 – Interno e prospetto della Chiesa di San Salvatore (sec. XV)

Nella porzione mediana del versante NORD, su un antico pianoro ampliato alla fine del secolo scorso, ha sede il piazzale Michelangelo (1865-1876; figg. 7, 8). Questo costituisce uno dei più famosi panorami urbani del mondo: la storica terrazza è un maestoso monumento con cui il Poggi ha voluto omaggiare la memoria del celebre artista fiorentino; è infatti dominata da un’imponente riproduzione in bronzo della sua opera marmorea, il David (1501/1504, Galleria dell’Accademia), alla cui base sono state poste altre copie di sculture che l’artista realizzò per le tombe medicee, “Il giorno e la notte” e “Il crepuscolo e l’aurora”(Chiesa di S. Lorenzo, Cappelle Medicee). L’idea del Poggi aveva mire ancora più ambiziose e celebrative, progettò infatti la Loggia (1873), edificio destinato a diventare museo michelangiolesco, ma tale ambizione non andò mai in porto: la struttura, pur essendo stata realizzata, ha ceduto all’inclinazione turistica del luogo, trasformandosi in ristorante e ambiente per cerimonie.

 

Figure 7 e 8 – Il piazzale Michelangelo: la Loggia ed il David (1865 – 1876)

Sulla porzione inferiore del versante settentrionale della collina è situato l’ottocentesco sistema di percorsi pedonali, aiuole e fontane delle Rampe, che conducono ai quartieri di Oltrarno (figura 9); il sistema delle Rampe ha infatti la funzione di riallacciare la grande apertura del Piazzale Michelangelo al tessuto urbano, traducendo parte del versante collinare in un sapiente angolo di città poggiana. Il tema delle Rampe denota in modo velato ma eloquente una forte aderenza a quel tema toscano del terrazzamento, dei muri eretti a sostegno della scarpata, elementi da sempre scritti per necessità nella morfologia del paesaggio toscano. Il progetto calca la struttura degli impianti ideati dall’uomo nel terrazzare i declivi collinari e alterare le superfici in modo da lui scelto e ordinato, appropriandosi del carattere e adeguandolo a propria misura.

 

Figura 9 – Le Rampe (1865 – 1876)

Tutti questi monumenti sono collegati fra loro e alla città attraverso il viale dei Colli, la passeggiata con cui Firenze capitale d’Italia ha emulato le analoghe realizzazioni delle grandi capitali europee, Il viale dei colli, previsto come completamento del circuito dei viali di circonvallazione della città, si distanzia dalle mura che furono in questa zona in gran parte risparmiate. Alla base del versante settentrionale, sorge la torre di S. Niccolò, imponente per il suo valore artistico e storico. La torre è una testimonianza dell’assetto urbanistico fiorentino antecedente alle trasformazioni apportate in seguito al progetto del Poggi in quanto costituiva una delle porte di accesso alla città: il piano di ampliamento di Firenze prevedeva infatti l’abbattimento di gran parte delle mura trecentesche ma risparmiava, come in questo caso, le porte medievali per utilizzarle come fuoco di riferimento prospettico su cui aprire le piazze. Porta S. Niccolò, l’unica ad aver mantenuto intatta l’alta torre difensiva, risale all’anno 1324, e il suo valore artistico è arricchito da un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi.

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2.1. La chiesa di San Salvatore e il convento di San Francesco

L’instabilità del colle, detto in antico Monte del Re, è nota fin da tempi assai antichi e notizia delle sue manifestazioni è giunta a noi attraverso la cronaca dei dissesti occorsi agli edifici che su di esso si ergevano. Gli edifici che maggiormente hanno risentito degli effetti dell’instabilità del colle sono la Chiesa di San Salvatore e l’annesso convento, per i quali è particolarmente difficile discernere i dissesti causati da movimenti del suolo da quelli dovuti alle precarie condizioni strutturali degli edifici, così come testimonia la travagliata storia della loro costruzione, durata circa un secolo.  La denominazione originaria dell’edificio è Chiesa di San Salvatore al Monte, altrimenti detta in seguito, San Francesco al Monte alle Croci, detta anche Chiesa della Bella Villanella da Michelangelo. La chiesa sorse sul luogo di un antico oratorio dedicato ai Santi Cosma e Damiano donato da un signore fiorentino ai frati francescani nel 1417. La donazione aveva lo scopo di indurre i frati a fondare un nuovo convento e una chiesa nell'arco di un anno e questa condizione venne rispettata trasformando, probabilmente, delle strutture già esistenti. Durante il 1418 si finì di costruire un piccolo oratorio e fu ultimata la ristrutturazione della villa in convento (Bacci P., 1960). Solo in un secondo momento, dopo il 1419, i frati cominciarono a costruire una chiesa i cui muri furono completati nel 1431. Non si conosce la data esatta di inizio dei lavori della prima chiesa di San Salvatore, si sa, però, che fu dopo il 1419; l'edificio era in costruzione nel 1430 e venne completato nel 1435. (Giubbi G., 1996.) Dallo studio dell’architettura attuale, dei documenti e delle vedute di Firenze sono state avanzate varie ipotesi sulla localizzazione delle strutture più antiche della chiesa (Neri D., 1933; Pellecchia Najemy L., 1979, Foraboschi et al. 1991). Il primitivo oratorio è probabilmente individuabile nell’attuale Cappella del Santissimo Sacramento, mentre la chiesa era di modeste dimensioni e, probabilmente, orientata ortogonalmente a quest’ultima (Pellecchia Najemy L., 1979, Foraboschi et al. 1991). Negli anni successivi il numero dei religiosi salì tanto da risultare inadeguato e da indurre l’Ordine a rivolgersi a Cosimo il Vecchio che seppur munifico con tutte le istituzioni religiose, si rifiutò di sovvenzionare i lavori, a causa della già accertata instabilità della collina, soggetta a continui smottamenti verso l’Arno. (Pulinari D., 1913; Berti G.F., 1850) Grazie al sostegno di un ricco benefattore, nel 1449 iniziarono i lavori di ampliamento del convento i quali furono subito sospesi per discordie con l'ordine Francescano e ripresi poi in anni diversi a seguito del lascito testamentario del benefattore. Nel 1474-'75 iniziarono le fondazioni della nuova chiesa e non si sa se la precedente fosse stata demolita o in parte conservata. Non si conosce con certezza l’autore del disegno originale, anche se alcuni storici ritengono che potrebbe essere stato un frate francescano, frate Lione, conosciuto come architetto in un documento del 1465. (Bacci P., 1960, Carocci, G., 1907, Paatz W. Ed E., 1940, Neri D., 1933). I lavori, però, furono sospesi nel 1477 per problemi sorti all'interno dell'Ordine, a causa della discordia nata fra i frati medesimi, alcuni dei quali ritenevano che i disegni della chiesa fossero contrari al voto di povertà (Pulinari D., 1913). L’attività riprese solo molti anni dopo, nel 1489 (Landucci L., 1883) grazie alla morte di quei religiosi che ne avevano ostacolato il proseguimento a grazie all’intervento del granduca Lorenzo de’ Medici (Wadding P.L., 1932). Probabilmente la lunga interruzione rese più ardua l’impresa di ripristino perché, come riporta il Bacci, l’acqua piovana era penetrata ovunque , aveva corroso le murature e aveva “reso più slittante il suolo” (Bacci P., 1960). I nuovi lavori furono portati a termine, probabilmente secondo il disegno di Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, intorno al 1499 (Bacci P., 1960). A comprovare l'attendibilità di queste date ci sono sia Wadding che Pulinari i quali sostengono che la chiesa fu iniziata nel 1490 e che il 9 luglio 1498 al Cronaca venne dato l'incarico dalla Signoria, attraverso l'Opera del Duomo di cui era capomastro, di montare una campana, tolta dal convento di San Marco, nel campanile di San Salvatore. Nel 1504 la Chiesa fu consacrata a San Salvatore ed il convento a San Francesco stigmatizzato (Lapini A., 1900).

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3. Cronologia dei dissesti e principali studi

I dissesti dell’area di Monte alle Croci sono registrati in una lunga serie di documenti storici e d’archivio: le vicende della collina, rilevante sia per motivi religiosi che militari (questi ultimi connessi con la posizione strategicamente dominante) ricorrono infatti ripetutamente nella storia della città di Firenze e dei suoi avvenimenti politici. Grazie a tale abbondante documentazione è possibile ricostruire in dettaglio la successione degli interventi di restauro che hanno interessato, nel corso dei secoli successivi alla loro costruzione, molti degli edifici e strutture monumentali menzionati. Fin dai tempi di Cosimo il Vecchio il monte non era stabile “per acqua che dicono corrervi sotto”, come venne affermato, intorno al 1447, quando i frati francescani chiesero a Cosimo de’ Medici il finanziamento per lavori di ampliamento che non fu loro accordato proprio a causa dei continui smottamenti del terreno verso l’Arno (Berti G.F., 1850; Pulinari D., 1913; Poggi G., 1872, pag. 35). Fenomeni gravitativi si erano quindi già evidenziati nel corso del ‘400, ma alla fine di detto secolo si palesarono evidenze fessurative e deformazioni di notevole entità nel complesso di San Salvatore (la chiesa omonima e l’annesso convento di San Francesco). Secondo alcuni, a seguito di movimenti del terreno causati dalla infiltrazione delle acque meteoriche, si ebbero dei danni nella chiesa (Mazzanti et al., 1876); secondo il Carocci (Carocci G., 1907) ed altri autori, la chiesa, invece, a causa di spostamenti del suolo rovinò completamente e, soltanto dopo questo episodio, fu ricostruita secondo il disegno del Cronaca. Autori più attendibili riportano che soltanto il Convento rovinò e che vedendosi la difficoltà grandissima di riparare le fondazioni, si pensasse di ricostruirlo completamente in una posizione più vicina alla chiesa, la quale fu al tempo stesso riparata (Atti del Consiglio Comunale, 1870) La chiesa di San Miniato riportò danni di poco conto mentre il suo campanile prima si inclinò e poi, nel tentativo di raddrizzarlo, rovinò (Anonimo, 1834). Nel 1499 vennero interpellati fra gli altri, Leonardo da Vinci, Giuliano da Sangallo e Jacopo del Pollaiolo sulle cause dei dissesti e sul modo di ricostruire il campanile di San Miniato. La commissione indicò come causa dei dissesti la natura geologica del terreno, l’infiltrazione nel terreno delle acque di precipitazione ed i tagli operati alla base del versante per l’attività di una cava di materiale per laterizi1. Fra gli interventi proposti, fu scelto di rifondare il Convento. La stessa commissione espresse giudizio anche su dove fosse meglio ricostruire il campanile di San Miniato e pochi anni dopo Baccio D’Agnolo cominciò i lavori nello stesso luogo dove era caduto. Questi provvedimenti, tuttavia, non risolsero definitivamente i problemi di San Salvatore anche perché, fra l’altro, nel 1529, ai tempi della guerra di Firenze contro le armate del principe Filippo d’Orange Viceré di Napoli, San Salvatore si trovò sotto il tiro delle artiglierie avversarie ed il convento colpito rovinò del tutto mentre la chiesa fu danneggiata per le vibrazioni del terreno (Bacci P., 1960). Nel 1530 si formarono infatti dei cretti nella facciata e nella parete di destra a cui si cercò di rimediare convogliando le acque in una cisterna scavata sotto l’attuale boschetto del convento. Altri movimenti che crearono profonde spaccature nel terreno si ebbero nel 1536 (Bacci P., 1960). Nel 1547 sul colle adiacente a est del Monte alle Croci, la collina di Boboli-Belvedere (detta anche Poggio dei Magnoli), si verificò una frana disastrosa con effetti tragici che portò al divieto di costruire su tutto il versante del Poggio2. (Morozzi, 1762, Lastri 1821, Losacco 1957). Nel 1550 si ebbero nuovi danni alla chiesa ed al convento, a cui seguirono interventi di rifondazione degli edifici, la costruzione di barbacani e la collocazione di catene (Moreni D., 1791). Nel 1562 furono fatti nuovi lavori tra cui l’abbassamento del campanile della chiesa di San Salvatore di 26 braccia (circa 15 m ) per il timore che con il suo peso esso contribuisse al movimento del suolo. Questi continui movimenti costrinsero i frati, nel 1561, ad abbandonare il sito e a realizzare opere di consolidamento. Nel 1571 si ebbero nuovi danni dovuto ai movimenti del terreno causati da intense precipitazioni (Bacci P.,1960).  

 Figura 13 – Schema del dissesto del 1652 e della rete di drenaggio (acquidocci)
realizzati dai Capitani di Parte Guelfa (Poggi, 1872

Nel 1651, in seguito alle imponenti precipitazioni avvenute nei quattro mesi precedenti (Morozzi F., 1762), si ha notizia di diffusi fenomeni di dissesto idrogeologico, concentrati nell’area di San Salvatore, che costrinsero il Granduca Ferdinando II a intervenire interpellando gli ingegneri A. Cecchi, G. Silvani, e A. Parigi. Questa commissione, in accordo con la commissione del 1499, individuò tre cause principali: la natura geologica del terreno, le infiltrazioni di acqua piovana ed i tagli operati alla base del versante. Come rimedio venne realizzato un sistema di raccolta delle acque di dilavamento attraverso un sistema di acquidocci murati e lastricati (figura 13), di cui oggi non rimane più traccia sul terreno3 e venne imposto il divieto di coltivazione dell’area, per limitare ulteriormente il processo di infiltrazione delle acque nel sottosuolo. La soluzione dei tre ingegneri trovò una forte opposizione nei proprietari della collina secondo i quali i danni provenivano dalle acque sotterranee. La disputa si protrasse per alcuni mesi e finalmente, dopo ripetuti sopralluoghi, prove effettuate in pozzi e cisterne e relazioni, venne convalidata l’ipotesi dei tre ingegneri, secondo i quali la causa era l’infiltrazione di acque meteoriche, ed i lavori vennero eseguiti.  (ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872). Nel 1695, in seguito a 4 mesi di piogge incessanti, si verificarono nuovi dissesti che arrecarono danni alla chiesa di San Salvatore, in particolare nel lato sud, ed al convento. I tecnici incaricati di proporre dei rimedi, individuarono le seguenti cause: le fondazioni poggiavano su terreno scadente ed intriso d’acqua, l’inclinazione del pendio verso l’Arno era alta (circa 30°), il podere intorno era utilizzato per scopi agricoli, facendo così penetrare più facilmente l’acqua piovana, mentre in passato “quella ripa era tutta a quercioli, che con le radici tenevano il terreno assodato anche perché non vangato sopra”. (ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872). Vennero costruiti nuovi barbacani e le fondazioni della chiesa vennero protratte per circa altri 4 m , fino a uno strato di roccia, anche se due secoli dopo, la Commissione Giordano , investigando con sondaggi profondi, vide che al di sotto di questo strato si ritrovava un nuovo strato argilloso e decise quindi di non intervenire più sulle fondazioni, ma di collocare catene nella chiesa. 

Non si hanno notizie di movimenti fino al 1758 anche se dopo periodi di piogge prolungate, come nel 1709 e nel 1722, si resero necessari rafforzamenti alle fondamenta ed al tetto. Nel 1758 si aprirono nuovi cretti nella facciata e nella parete di destra della chiesa a cui seguirono nuovi interventi di restauro. (Bacci P., 1960)

Nuovamente nel 1853 gli smottamenti nella collina si ripeterono in modo preoccupante e provocarono lesioni nella chiesa e nel convento. Così il Governo Toscano incaricò il Consiglio dei Lavori Pubblici di nominare una Commissione perché affrontasse il problema. I membri della Commissione erano F. Chiesi, P. Poccianti, G. Baccani, P. Falcini, L. Passerini e G. Poggi. I movimenti del suolo vennero imputati alla infiltrazione di acqua piovana ed alla coltivazione delle pendici e, per rimediarvi, come nel 1652 e nel 1695, fu proposta la canalizzazione delle acque superficiali, la costruzione di muri di sostegno, il divieto di coltivazione ed il rimboschimento delle pendici verso l’Arno, ma questi interventi non vennero mai realizzate. (ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872) Quando nel 1865 la capitale d'Italia venne trasferita da Torino a Firenze, iniziarono i lavori di ampliamento della città con la costruzione del viale dei Colli e del Piazzale Michelangelo, lavori che avrebbero dovuto anche risolvere il secolare problema degli smottamenti del Monte alle Croci. Questi interventi furono realizzati dall’ingegnere Giuseppe Poggi che, infatti, nel suo rapporto del 31 ottobre 1870 scrisse: in primo luogo è dovere dichiarare che i grandi lavori del Viale e del Piazzale Michelangelo sono nella prima linea dei provvedimenti di tutela, e questi produrranno effetti utilissimi, avendo resa sodiva una rilevante estensione di quel colle ed avendo raccolte le acque pluviali che spiovono sui medesimi, per condurle in direzioni opposte agli antichi movimenti del colle. (ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872) Nonostante gli interventi realizzati dal Poggi nel novembre 1878 e nella primavera 1879, a causa delle forti piogge si verificarono ulteriori movimenti del terreno che interessarono la chiesa di San Salvatore ma anche alcune opere del Poggi di recentissima costruzione, come la Loggia ed i muri di sostegno del Piazzale Michelangelo (figura 14). Infatti, oltre all’ampliamento di lesioni nel complesso di San Salvatore, si ebbero cedimenti dell’angolo NE del Piazzale Michelangelo, lesioni sull’angolo NO della Loggia, l’apertura di lesioni nei bastioni di San Miniato, lesioni sulle murature di una villa (Villa Mattani), a monte dell’angolo NE del Piazzale. Sul Lungarno Cellini, subirono danni anche un tratto del muro a retta, la galleria filtrante realizzata nel 1870 ad alcuni metri di profondità sotto il livello dell’Arno, allo scopo di raccogliere le acque del fiume e renderle potabili. le condotte dell'acqua potabile e la fogna sovrastante, creando gravi problemi d'inquinamento. (Giordano F., 1884) (tavola 3).

In seguito a tali movimenti, nella primavera del 1879 fu nominata una apposita commissione di studio, presieduta dall’Ing. F. Giordano; i risultati furono presentati in una ampia relazione corredata da planimetrie (figura 15) e da stratigrafie di pozzi profondi. La tavola I allegata a tale relazione contiene una planimetria di grande dettaglio (curve di livello a 1m e punti quotati) che ha permesso di individuare l’esatta ubicazione degli acquidocci realizzati nel 1652 e quindi di posizionare la cava di laterizi, dato che nei documenti comunali si legge che l’acquidoccio principale, era da farsi “in quei luoghi accennati in sul disegno” (figura 13) in modo che esso “conduscha l’aqque alla cava della Terra de’ mattoni e di lì per un ramo solo la porti al fiume”

(ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872).  I pozzi, realizzati a profondità variabili fra 15 e 33 m mostravano, a diverse altezze, intercalate fra strati ad andamento regolare, dei livelli caotici di galestro inglobanti, in una massa argillitica molto alterata, del pezzame calcareo, alcuni “liscioni”, corrispondenti a livelli scistosi di spessore ridotto, assimilati a probabili superfici di scivolamento, ed infine, la presenza di venute d’acqua, anche cospicue. I sondaggi rivelarono inoltre, una sorta di inflessione sinclinale tra la chiesa di San Miniato ed il fiume.  L’ubicazione dei sondaggi è riportata in tavola 4, Carta delle indagini geognostiche e geofisiche di profondità. La Commissione ipotizzò che dall’alterazione di questi orizzonti caoticizzati dovessero risultare dei “naturali accasciamenti del terreno” e furono ipotizzati movimenti indipendenti tra loro, escludendo l’esistenza di movimenti di massa generalizzati o di un unico corpo franoso, sulla base anche degli eventi precedenti i quali non avevano “mai assunto le proporzioni di una vasta catastrofe”. A convalidare questa ipotesi, l’esistenza nell’area di una discontinuità nei danneggiamenti delle opere, con alcune completamente indenni, fra cui la statua del David, sul piazzale Michelangelo, tra altre gravemente danneggiate. La Commissione rilevò comunque una connessione tra i sistemi fessurativi e deformativi della chiesa di San Salvatore, della Loggia (del Piazzale Michelangelo) del tratto sotto la balaustra del Piazzale contigua al Giardino delle Rose e del Viale Poggi, che lasciava supporre l’appartenenza ad uno stesso sistema gravitativo.  Le cause dei franamenti furono ascritte alle scadenti qualità dei terreni, alle condizioni stratigrafiche della serie disposta a franapoggio verso l’Arno, dallo scalzamento naturale del fiume, dagli scalzamenti artificiali per il taglio della strada sul Lungarno, dei viali e della galleria filtrante. Dato che era generalmente condivisa l’opinione che il fenomeno dipendesse dalle acque percolanti nel sottosuolo, e dato che le venute d’acqua furono riferite principalmente, più che ad acquiferi veri e propri, ad acque di infiltrazione, i rimedi proposti comprendevano, come nel passato, opere di convogliamento ed allontanamento delle acque piovane, la realizzazione di opere di sostegno, la prescrizione che i terreni non venissero più utilizzati per comuni colture ma riservati a prato e bosco ed infine, limitazioni dell’edificazione (Giordano F., 1884 contenuto in ASCF, Affari Generali 1881, busta 852, fascicolo 6561).

   

Figura 15 – Tavola I allegata alla relazione fatta dalla Commissione Giordano (Giordano F., 1884). In planimetria sono riportati i terreni da espropriare (area in giallo, oggi occupata dal campeggio), gli edifici dissestati, l’ubicazione dei sondaggi, le tracce delle sezioni.  

La Commissione propose alcuni provvedimenti da adottare fra cui l'incatenamento dei muri della navata e delle cappelle della chiesa di San Salvatore sotto il piano del pavimento attraverso le fondazioni, escludendo lavori di sottofondazione a causa delle scadenti qualità del terreno.

L'ingegnere Tito Gori, nel 1881, redasse e realizzò il progetto dopo aver osservato che la parte superiore dei muri della navata e delle cappelle, legata alle travature del tetto, non si era mossa, mentre quella bassa si era spostata notevolmente. Si sarebbe fermato lo spostamento del lato SW della navata, ossia il lato più lesionato, agganciandolo con due catene al campanile, mentre altre due catene, una posta in corrispondenza dell'arco del presbiterio ed un'altra tra il campanile e la facciata, oltre ad una serie di catene secondarie collocate tra le pareti esterne e quelle della navata, avrebbero completato il sistema di consolidamento (figura 16) (ASCF, Atti del Consiglio Comunale,  1872).

 

Figura 16 – Intervento di consolidamento della Chiesa di San Salvatore effettuato nel 1881

Alla fine del XIX secolo, in seguito ad un terremoto (1895) ed allo scavo delle tombe nel cimitero delle Porte Sante e nella Basilica, si verificarono numerosi dissesti nella Basilica, i quali resero necessario effettuare alcuni interventi di consolidamento. Intorno al 1960 furono effettuati numerosi interventi sia nel Cimitero delle Porte Sante che nel Palazzo dei Vescovi, ma, probabilmente, anche in questo caso, i dissesti sono ascrivibili non tanto a movimenti del suolo quanto piuttosto alle realizzazione di numerose tombe; infatti, in una lettera indirizzata dai monaci benedettini alla Sovrintendenza, vengono chiesti interventi urgenti quali ”…la fortificazione delle fondamenta del palazzo dei Vescovi onde fermare i grossi cretti interni che ancora si aprono nell’interno dei saloni (questi cretti li abbiamo veduti nascere e crescere dacchè intorno al Monumento, il Comune ha fatto degli scavi per aumentare la possibilità di seppellire i morti”. (Archivio della Sovrintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici con sede in Palazzo Pitti) Anche in tempi più recenti i danni si sono concentrati nelle aree storicamente instabili, in maniera più o meno evidente, con episodi più importanti nel 1973, in cui si sono verificate lesioni e cedimenti nella pavimentazione in asfalto dell’angolo NE del Piazzale Michelangelo, con fessurazioni e deformazioni delle mura sottostanti, e nel 1989 con lesioni nelle mura di sostegno del Piazzale Michelangelo e con lesioni e deformazioni del muro a retta nell’orto del complesso di San Salvatore. Infine, nel periodo 1992-1995 si è registrata una marcata instabilità nel versante occidentale della collina di Ricorboli, nel settore sottostante il complesso ospedaliero dell’Istituto Ortopedico Toscano, culminata con l’occorrenza di un fenomeno di scivolamento rototraslativo di modeste dimensioni, attualmente in stato di quiescenza.

Tabella 1 - Cronologia dei principali dissesti ed interventi antropici nell’area di Monte alle Croci.

Data

Evento

Edifici interessati da dissesti

Interpretazione (Autore)

Interventi antropici

XI – XII

 

 

 

Costruzione Basilica di San Miniato

XV-XVII

 

 

 

Attività estrattiva della cava di mattoni

1418

 

 

 

Ristrutturazione di una villa in un convento (San Francesco)

1430

Movimento del suolo

Complesso di San Salvatore

 

 

1435

 

 

 

Terminata la costruzione della prima chiesa di San Salvatore

 

 

 

 

Terminata la costruzione della seconda chiesa di San  Salvatore

 

 

Crollo del campanile di San Miniato

Problemi strutturali (Leonardo da Vinci, Jacopo del Pollaiolo, Giuliano da Sangallo)

 

1499

Movimento del suolo

Crollo del convento di San Francesco 

Percolazione delle acque e presenza di una cava ai piedi del versante (Leonardo da Vinci)

 

 

 

 

Percolazione delle acque e problemi di fondazione (Jacopo del Pollaiolo)

Interventi sulle fondazioni del Convento

1500 ca.

 

 

 

Ricostruzione campanile di San Miniato

1529

 

 

 

Michelangelo costruisce i Bastioni

 

Guerra

Rovina del convento e danni alla chiesa 

 

 

1529

Movimento del suolo

Lesioni esterne nella chiesa di San Salvatore (facciata e parete destra) 

Problemi di drenaggio superficiale (Michelangelo?)

Convogliamento delle acque sotterranee  in una cisterna scavata nei pressi del convento

1536

Movimento del suolo

Lesioni nel pavimento della chiesa di San Salvatore

 

Lavori di consolidamento delle fondazioni

1550

Movimento del suolo

Crollo della parte orientale del convento e lesioni nella chiesa San Salvatore

 

Realizzazione di nuove fondazioni, barbacani, catene

1562

 

 

 

Sbassamento del campanile di San Salvatore di 26 braccia ( 15 m )

1571

Movimento del suolo

Lesioni nella parte rimanente del convento

Infiltrazione delle acque (Anonimo)

Restauro di tutta la chiesa di San Salvatore

1651

Terremoto

 

 

 

1651

Frana del versante NE della collina

Danni al complesso di San Salvatore e distruzione di numerose case nel quartiere di San Niccolò

Infiltrazione delle acque superficiali (Commissione Cecchi, Silvani, Parigi)

Realizzazione di drenaggi superficiali sulla collina e di opere idrauliche nel quartiere di san Niccolò. Vincoli sull’uso del suolo. Collocazione di catene nella Chiesa di San Salvatore

 

 

 

Acque sorgenti  (Gargiolli)

 

1695

 

Lesioni sul muro meridionale del complesso di San Salvatore

Cause geologiche e geomorfologiche predisponenti al dissesto (Arch. Ferri e Nelli)

Nuove strutture di fondazione a maggiore profondità sul lato meridionale e costruzione di nuovi barbacani verso l’Arno. 

1709

Movimenti di poca rilevanza

Danni al complesso di San Salvatore non ben documentati

 

 

1722

Movimenti di poca rilevanza

 

 

Interventi su fondazioni e tetto della chiesa di San Salvatore

1758

 

Nuove lesioni su facciata e parete destra della chiesa di San Salvatore

 

Interventi di restauro

1853

Notevoli movimenti in tutta la collina

Danni al complesso di San Salvatore ed alle strutture murarie di contenimento

Condizioni geologiche del terreno di fondazione (Arch. Baccani)

 

 

 

 

Infiltrazione delle acque superficiali (Ing. Chiesi)

 

1865-76

 

 

 

Costruzione Piazzale Michelangelo, Viale dei Colli, le Rampe (Ing. G. Poggi)

1870

 

 

 

Scavo galleria filtrante ( 11 m di profondità, parallela al fiume)

 

1872

Movimento del suolo

Lesioni nell’angolo NE del Piazzale Michelangelo

 

 

 

Movimenti del suolo su tutto il colle

Lesioni diffuse nell’area del Piazzale Michelangelo e del versante sottostante. Ampliamento delle lesioni nel complesso di San Salvatore

Problemi di regimazione delle acque superficiali e uso del suolo (Ing. Poggi)

 

1878-79

 

 

Condizioni geologiche del terreno (Commissione Giordano)

1) concatenamento fondazioni della Loggia  2) espropriazione terreno Frullini (attuale campeggio) e divieto di coltivazione 3) concatenamento delle fondazioni della chiesa di San Salvatore 

1895

Terremoto

Danni alla basilica di San Miniato

 

 

1903-1908

 

Lesioni nella basilica di San Miniato

Scavo di tombe all’interno della Basilica (Sovrintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici)

Collocazione di catene e costruzione di nuovi pilastri

1926

 

 

 

Collocazione di catene all’interno della Basilica di San Miniato

1960

 

Lesioni nel Cimitero delle Porte Sante

 

 

1965-72

 

Lesioni nel Palazzo dei Vescovi

Scavo di tombe (Sovrintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici,1988)

-Restauro con abbattimento di sovrastrutture -Consolidamento delle fondazioni della facciata -Formazione di intelaiature di cemento armato nei rinfianchi delle volte e nei sottofondo del pavimento del convento

1973

 

Cedimenti della pavimentazione dell’angolo NE del Piazzale Michelangelo con lesioni delle mura sottostanti

(Comune di Firenze, 1974)

Consolidamento del muro a retta sotto l’angolo NE del piazzale mediante sottofondazione con micropali. Restauro dei muri di sostegno lesionati.

1979

 

Lesioni nelle mura di sostegno del Piazzale Michelangelo e nel muro di cinta del complesso di San Salvatore

(Comune di Firenze, 1979)

Non viene proposto alcun intervento di consolidamento auspicando un più approfondito monitoraggio dei fenomeni di dissesto che affliggono l’intero colle.

  

Tabella 2 - Testimonianze storiche relative ai principali eventi occorsi sul Monte alle Croci

 

MONTE ALLE CROCI

 

1499

“Era appena la fabbrica della Chiesa che cominciò a pericolare a cagione dei movimenti prodotti dalle acque penetranti tra il sasso del quale è formato il poggio e lo strato di terra che lo ricopre”

Mazzanti E., Del Lungo T., 1876

 

“si sa che nel 1499, per movimenti di suolo essa (la chiesa) rovinò completamente e che dovette esser rifatta a qualche distanza dalla precedente.

Carocci G, 1907

 

A chiesa di San Miniato riportò danni di poco conto mentre il suo campanile prima si inclinò e dopo, “avendo un ingegnere intrapreso esteriormente a raddrizzarlo…”(anonimo, 1834), rovinò

Anonimo, 1834

1529

Il convento, colpito dalle artiglierie nemiche rovinò del tutto mentre per la chiesa, come riporto il Bacci (1960)”…ciò che non fecero le artiglierie, lo fece lo spostamento dell’aria, lo scotimento del terreno per il rovinio dell’edificio che agevolò lo slittamento dei fondamenti”

Bacci P., 1960

1536

“…si aprirono profonde spaccature nel terreno, nel pavimento della Chiesa e crollarono moltissime parti delle costruzioni che affiancavano il convento”

Bacci P., 1960

1550

“…per la natura del terreno, o per altra qualunque causa, precipitò quasi tutto il Convento di S.Francesco, che stava a Levante, e s’aprì in più luoghi la bela Chiesa per la di cui riparazione l’Arte di Calmala dovette erogare gran somma di danaro per rinnovare nel 1551, i fondamenti, per farvi profondi barbacani, e per cingerlo di catene, lavoro che durò fino al 1555 per cui necessitati furono i frati rifugiarsi in Firenze…”

Moreni D., 1791

1571

“…si rinnovarono ripetutamente altri movimenti tellurici sulla collina, causati soprattuttodalle solite infiltrazioni delle acque sotterranee, le quali minavano sordamente i fondamenti di tutto il fabbricato, per cui quella parte insignificante del convento rimasta miracolosamente in piedi, ne risentì con nuovi cretti e nuove spaccature, che ferita e indebolita dalla guerra, faceva temere e prevedere una non lontana e completa rovina”.

Bacci P., 1960

1651

“…per la gran pioggia durata per lo spazio di quattro mesi,…rovinò per molti luoghi nello Stato, in specie a San Francesco al monte, che vi fecero molte catene, e altri ripari, e bisognò che i frati si ritirassero verso la Fortezza

Morozzi F., 1762

1758

Nel 1758 essendosi aperte nuove ferite nella facciata e nella parete di destra, causate sempre dalle solite infiltrazioni di acque nei fondamenti, il Sig. …, fece restaurare a proprie spese Convento e Chiesa”

Bacci P., 1960

1853

Nel 1853 (anno di grandi piogge) si rinnovarono dei notevoli movimenti della Chiesa, convento del Monte, alle cisterne contigue, ed a vari muri a retta del colle”

Poggi G., doc. 1870

 

“Grandi cretti manifestatisi in quelle fabbriche messero in timore i Frati, i quali invitarono l’Architetto G. Baccani a proporre rimedi atti ad impedire la rovina”

Mazzanti E., Del Lungo T., 1876

1878-79

“La nomina dell' attuale Commisione ebbe origine dall'allarme eccitato da certi movimenti di alcune zone di terreno e di parte degli edifizii, antichi, moderni, esistenti sulla pendice di detto monte volta verso l'Arno, movimenti che si manifestano nel novembre del 1878 ed in parte nella primavera del 1879, in seguito a prolungate piogge. Erano in modo speciale avvertibili alcuni spostamenti nei muri laterali dell'antica chiesa di S. Francesco od altrimenti detta S. Salvatore al Monte e i numerosi spacchi nell'attiguo convento dei Francescani; le mosse e gli spacchi nella Loggia di recente costrutta sopra al piazzale Michelangiolo, specialmente nel suo angolo all’ovest, verso la città; le molte fessure nel fondo della grande vasca che ne impedivano l'uso; le rotture in vari punti dei tubi di ghisa destinati alla conduttura della acque della Gamberaia al piazzale e loro distribuzione alle aiuole della rampe d'accesso; varii spacchi nei nuovi muraglioni di sostegno del piazzale stesso. Questi ultimi spacchi però erano di poco momento, tranne all'angolo N.E. del piazzale, dove il muraglione, alto parecchi metri e sovrastante al predio Frullini, manifestava un sensibile rigonfiamento su 15 a 20 metri di lunghezza, il quale probabilmente era dovuto a parziale cedimento della base, poichè, secondo le notizie avute sul modo di costruzione, non era da attribuirsi a spinta di terrapieno.  E' cosa notevole però che il David col suo gran piedistallo, che sta in mezzo al piazzale, non abbia dato allora né poi segno alcuno di movimento. Così pure può dirsi che non si videro segni di movimento nell'antica fortezza superiore, entro cui stanno la bella basilica e il cimitero di S. Miniato, salvo alcune lesioni in qualche angolo del bastione verso nord-ovest, le quali però sembrano di antica data.  All'est del piazzale si estende un terreno dell'area di più ettari, spettante alla signora Frullini, il quale forma una specie di valle assai aperta e pendente verso l'Arno. Questo terreno, in riguardo alla sua instabilità sotto l'azione delle piogge, era stato in tempi antichi vietato alla coltura, reso sodivo e munito di canali o acquidocci murati per la raccolta ed innocuo scolo delle acque. Ora però trovasi tutto coltivato a cereali e con diversi alberi da frutta, ed è tenuto da coloni che lo vangano e lavorano a loro talento e che lasciarono andare in completa rovina gli anzicennati acquedocci. Sull'orlo di questa zona di terreno eransi manifestate varie mosse, specialmente nel lato a levante dove è la villetta Mattati, la quale anzi presentò ripetute lesioni, talchè si dovette sostenerla con molte incatenature di ferro. Qui è da notarsi che la ville Redditi, situata poco sopra alla villa Mattani, non manifestò movimento alcuno. Si mantenne pure a abbastanza ferma sin ora un'altra casa non discosta da questa medesima villetta.  Scendendo poi al piede del Monte, trovasi il nuovo Lungarno, ove nel tratto a monte dell'edificio delle macchine elevatrici dell'acqua potabile corre la profonda galleria filtrante, che adduce l'acqua suddetta, non che la fogna sovrastante che raccoglie le acque sporche delle vicine abitazioni. In questa località eransi appunto manifestate delle mosse assai allarmanti, cioè il muraglione lungarno, alto circa 6 metri e di oltre 2m,50 di spessore alla base, aveva manifestato un rigonfiamento, benchè assai lieve, verso il fiume per un 50 metri di lunghezza poco a monte dell'edifizio delle macchine; ed inoltre tanto da galleria filtrante che la sopra posta fogna avevano subito delle screpolature, le quali potevano avere per effetto immancabile l'inquinamento dell'acqua potabile e col tempo minacciare anche la solidità di quelle arterie destinate ad usi igienici diversi ed importantissimi. Notavasi poi, altre ai descritti guasti, quelli avvenuti alle case vicine, di cui talune, a poca distanza dall'edifizio delle macchine, eransi screpolate al punto da dovere essere abbandonate degli inquilini; e tenendo conto della direzione delle mosse avvenute, risultava che in questo punto del Lungarno si era prodotta una spinta del terreno dalla parte del monte verso il fiume.”

Giordano F., 1884

   

  Tabella 3 - Testimonianze storiche relative ai principali eventi occorsi sulla collina di Boboli-Belvedere (detta anche Poggio de’ Magnoli)

 

COLLINA DI BOBOLI-BELVEDERE

 

1284

“…negli anni di Cristo 1284, il dì di Domenica d’ulivo…, in Firenze hebbe grande diluvio d’acqua…, ch’el fiume d’Arno crebbe tanto che allagò molto della Città presso le rive, et per la detta acquazzone il Pogio detto dei magnoli di sotto a S. Giorgio, et sopra S.Lucia si commosse a rovina, venne rovinando infino in Arno, et fece cadere, et guastare più di 50 case, ch’erano sopra al detto Pogio…” 

Villani G., 1845

1547

“…avvenne in questo tempo un diluvio grandissimo il quale allagò, e ricoperse buona parte della Città…[…]…Erano sei mesi che quasi di continuo era piovuto, …[…]…ed in Toscana specialmente piovventanto, che non solamente i fiumi tutto l’anno vi furono altissimi, ma mosse in modo in Firenze il suolo della terra del Poggio sotto la porta S.Giorgio chiamato dagli antichi Poggio dei Magnoli, che le case de’ Nasi e de’ Neri, le quali erano a pie’, e nella costa del Poggio, in tutto ne rovinarono dirimpetto a S.Lucia, con alcune altre di sopra e di costa con ispavento di tutta la Città”

Morozzi F., 1762

 

Testimonianza di un cittadino dell’epoca che fu accusato,insieme ad altri, di aver provocato la frana mediante tagli fatti al versante per diminuire la spinta del terreno sulle case. “…se venissi dall’esser tagliato il poggio sarebbe seguita questa ruina più anni sono; perché sebbene il poggio fu tagliato da noi dreto alle nostre Case quattro anni or sono, are stato tagliato prima quando le case furono edificate cinquanta anni sono; …[…]…Ma una ragione se ne vede più chiara, che è che …[…]…la fosse fatte da noi dreto alle nostre Case non si aggiungono, anzi ancora loro cosi aperte calorno…[…]…il poggio dove è seguito questa ruina per tutto ha un braccio, o manco di terra in superficie, e sotto è tutto lastre e suoli l’una appresso all’altra; alcune d’esse sono grosse un dito, altre dua, le più grosse non sono un ottavo di braccio, e sono tanto fragile che non servono per murare,  e se stanno allo scoperto, si risolvono e diventano terra…[…]….Fra l’uno e l’altro è un mezzo dito, o un dito, o due di terra morbida, che pare sapone, ed è sempre molle il che mostra che il poggio ha per le sue vene assai acque, che penetrando si smaltiscono per questi filaretti non piani, ne alquanto pendenti secondo il poggio, ma in modo erti, e precipiti, che quello filaretto, che in un luogo si trova un braccio sotto, lontano di qui quattro braccia, si trova quattro o cinque braccia più basso…[…]…Penetrando adunque l’acqua fra l’uno e l’altro filaretto, intenerisce, e ne porta la terra, sicchè rimanendo voto fra l’uno,e l’altro, conviene che il poggio sdruccioli essendo tanto precipite, o che cali”.

Lastri M., 1821 Losacco U., 1957

1651

Molti danni si ebbero in San Niccolò dove”…con varie sfaldature del Monte rovinarono ancora più case…”

ASF, “Carte Poggi”, Doc. del 1870

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1 Secondo quanto riportato dagli Ingegneri Cecchi, Silvani, Parigi nel 1652, la cava doveva trovarsi nell’aria dove attualmente è situato il campeggio. (ASCF, Atti del Consiglio Comunale, 1872)

2 A questa frana si deve indirettamente la nascita del genio dell’architetto Buontalenti. Infatti, come riporta il Berti (Berti L., 1824), il Buontalenti, allora fanciullo di 11 anni di umili origini, rimase sepolto sotto le macerie. Il granduca Cosimo I, impietosito da questo avvenimento, lo adottò e lo fece educare sotto la guida di F. Salutati.  

3 In realtà sia il Poggi che la Commissione Giordano   parlano dell’esistenza di questi acquidocci. Il Poggi, nell’elenco degli interventi da attuare per tutelare il colle sottolinea infatti l’importanza di “restaurare l’antico acquidoccio restato nei beni Frullini (attuale area del campeggio), come l’acquidoccio del Forte San Miniato” (Poggi G., 1872) mentre, nella anche tavola I allegata alla relazione Giordano del 1880, di cui si parlerà successivamente, è riportata la planimetria di questo sistema di canali (Giordano F., 1884).  

Inizio

4. Analisi ed interpretazioni dal 1928 a oggi

La diffusa instabilità dei versanti della collina è stata oggetto di numerose analisi anche in tempi più recenti rispetto alla sequenza di studi e rilievi esaminati nel capitolo 3.  
Alcuni decenni più tardi rispetto agli studi compiuti dalla Commissione Giordano (Giordano F., 1884), si registra la posizione di Canavari (1828) che si allineò con quella interpretazione, sottolineando l’azione delle acque percolanti che, a contatto prolungato con le argilliti, “le avrebbe ridotte a una vera e propria poltiglia” (Canavari M., 1928).  
Il Losacco invece, nel 1957, attribuì i “liscioni” ed i livelli di scompaginamento a zone di scorrimento lungo cui si sarebbe mossa l’intera collina, scalzata alla base dall’azione erosiva dell’Arno. Secondo Losacco, i livelli scomposti caotici non sono responsabili di movimenti di cedimento verticale, ma di un movimento di traslazione , avvenuto secondo superfici di strato, in corrispondenza dei livelli scistosi. Egli perciò attribuisce il movimento, secondo la classificazione del Penta, a scorrimenti lungo superfici preesistenti al movimento e non originate da questo; egli rileva inoltre che “non si trova un unico piano di scivolamento, ma livelli multipli di scorrimento, indipendenti tra loro e corrispondenti sempre a superfici di strato” (Losacco U., 1957).

Nel 1973, a seguito del verificarsi di alcuni dissesti, fu realizzata, per conto del Comune di Firenze, una prima campagna di indagini geognostiche e geotecniche. Attraverso questa campagna è stata confermata la giacitura a franapoggio degli strati e la presenza a diverse profondità di acqua piovana, ed è stata nuovamente avanzata la conclusione proposta dalla Commissione Giordano, secondo la quale i movimenti sono dovuti a dei cedimenti verticali in corrispondenza di livelli scistosi caotici presenti alla profondità di 20-30m (Comune di Firenze, 1974).   
Nel 1989, il Comune di Firenze nominò una Commissione di Studio Interdisciplinare con lo scopo di stabilire criteri di intervento per il consolidamento del Monte alle Croci. Nella relazione finale venne in parte sostenuto quanto già affermato dal Losacco nel 1957, ossia che i dissesti del colle erano riconducibili a movimenti traslativi lungo superfici preesistenti corrispondenti a livelli di argilliti fortemente alterate e scompaginate posti a quote diverse da zona a zona. Si affermò inoltre che l’assetto strutturale sfavorevole (a franapoggio), l’azione erosiva del fiume Arno al piede della pendice, la sconnessione di tratti di rete fognaria, e le manomissioni antropiche consistenti in notevoli riporti di terreno ed in tagli lungo il colle per la realizzazione del viale, ma anche al piede di esso con una galleria filtrante, avevano contribuito al dissesto generalizzato dell’area. Si sottolineò inoltre che l’acqua di infiltrazione superficiale, che attraversava a vari livelli l’ammasso considerato, contribuiva notevolmente ad aggravare le già mediocri caratteristiche fisico­meccaniche. La commissione concluse la relazione sottolineando la necessità di un piano di monitoraggio che consentisse di seguire l’evoluzione del fenomeno e di progettare gli interventi risolutivi (Comune di Firenze, 1990)

Nei primi anni ’90 è stata realizzata una campagna di analisi, la cui documentazione è andata in gran parte persa, a causa dell’acquisizione dei documenti da parte della Pretura di Firenze a seguito di una inchiesta giudiziaria (Comune di Firenze, documentazione sparsa). Nell’ambito della campagna sono stati realizzati, inoltre, 8 sondaggi sismici tomografici in 4 pozzi profondi fino a 50m, con misure ogni due metri ed energizzazioni fino a 50 m dalla bocca pozzo (l’ubicazione è riportata in tavola 4). In base ai risultati ottenuti, la profondità massima dell’eventuale movimento franoso è stata individuata fra i 4 m e gli 8 m di profondità dal piano campagna (Comune di Firenze, 1992?).  
Focardi, evidenziando la struttura a sinclinale con direzione degli strati variabile tra E-W nella zona a sud di San Miniato e N-S in prossimità del fiume Arno e considerando che l’assetto degli strati misurati nei pozzi eseguiti dalla commissione Giordano si mantiene praticamente costante per tutta l’altezza di indagine, ritiene che non siano avvenute frane di scivolamento rotazionali o lungo direttrici diverse da quelle di massima pendenza degli strati, bensì una frana di scivolamento planare in direzione NE che coinvolge il campeggio e l’area sovrastante. (Focardi P., 1991)  
Recentemente, in base all’analisi della documentazione storica ed all’analisi geomorfologia, viene esclusa altresì la possibilità di una frana di vaste dimensioni, in quanto sono state rilevate manifestazioni di numerosi fenomeni franosi distinti (Bertocci R. et al, 1995). Gli autori suppongono che le scarpate e le lesioni che si manifestano nell’area del campeggio siano da associare ad una superficie di scorrimento multipla non affiorante oppure che gli spostamenti che si manifestano nella zone a monte sono assorbiti da fenomeni di compressione e da leggeri rigonfiamenti nelle parti inferiori del pendio, senza lo sviluppo di una superficie di scorrimento continua e definita fino al piede della massa potenzialmente in frana.  
Dal 1992 al 1999 è stata realizzata, da parte del comune di Firenze, una nuova campagna di monitoraggio, così come schematizzato nella tabella sottostante. Gran parte della strumentazione installata allora è tuttora funzionante o è stata ripristinata ottenendo una utile integrazione con la nuova strumentazione in progetto (vedi capitolo 10).

Tabella 4. Campagna di monitoraggio realizzata dal Comune di Firenze nell’area di San Miniato (Comune di Firenze, 1999).  

 

Totale

Profondità massima (m)

Profondità minima (m)

Profondità media (m)

Periodo funzionamento

N. Misure

Deformometri

44

-

-

-

               1992-1999

25

Inclinometri

30

80

26

49

               1997-1999

6

Piezometri

15

53

9

33

               1996-1999

34

Per quanto concerne il monitoraggio delle lesioni murarie, in molti casi le misure hanno presentato delle oscillazioni stagionali, anche di notevole entità, e, talvolta, è apparsa evidente una tendenza sufficientemente definita di approfondimento delle lesioni, come nel caso delle lesioni che si trovano sul muro di cinta del complesso di San Salvatore e sui Bastioni Michelangioleschi. I realizzatori del monitoraggio hanno sottolineato che gli andamenti stagionali non possono essere ricondotti univocamente a movimenti del terreno quanto piuttosto a problemi strutturali dei singoli edifici, ipotesi che comunque non riduce la possibilità di un eventuale collasso. In base alle misure piezometriche,  lo studio ha evidenziato che non esiste una falda vera e propria, ma più acquiferi distinti; nonostante questo l’andamento nel tempo è stato simile in tutti i piezometri, caratterizzato da un innalzamento nel periodo invernale e comunque da un immediato effetto prodotto dalle piogge, con l’unica eccezione del piezometro posto nell’area del campeggio, che ha presentato un picco estivo nel 1998. I risultati del monitoraggio inclinometrico eseguito nel periodo 1997-1999 non hanno condotto ad interpretazione univoca della geometria e cinematica di tali movimenti, soprattutto per quanto concerne la definizione dell’esistenza di superfici di scivolamento e sulla determinazione della loro profondità. Per quanto siano da considerarsi pienamente affidabili le misure effettuate, sono state avanzate alcune riserve sulle modalità di installazione dei tubi, legate in taluni casi a pendenze eccessive, in altri a problemi di scarsa aderenza al terreno a seguito di insufficiente o non idonea cementazione.  
In conclusione, dalle indagini svolte nel periodo 1992-1999, è emerso che non si sono manifestate particolari condizioni di aggravio dei dissesti tali da indicare condizioni di pericolo per la collina nel suo insieme; tuttavia sono state individuate situazioni locali di sofferenza statica in compagini strutturali o di movimenti del terreno per i quali si è resa necessaria una ulteriore valutazione (Comune di Firenze, 1999).

Per un controllo altimetrico dell’area di San Miniato sono state eseguite livellazioni geometriche di alta precisione nel febbraio 1990, nel luglio-agosto 1993 e nel novembre 1993. In occasione della prima campagna, condotta da personale IGM, sono state controllate le quote di alcuni capisaldi installati dall’IGM negli anni 1910-1911 e sono stati posizionati altri nuovi punti. Dal confronto fra le misure eseguite nel novembre 1993 e nel febbraio 1990 risulta essersi verificato un sollevamento lungo il viale Michelangelo all’altezza del campo di atletica, pari a 29,6 mm , e lungo il viale Poggi, in corrispondenza delle Rampe, di entità di 17mm. Gli altri punti hanno subito oscillazioni positive e negative comunque inferiori a 5-6mm. Il capisaldo del Piazzale Michelangelo, per il quale nel periodo 1910-1990 si erano registrati forti cedimenti ( -64,7 mm ), nel periodo 1990-1993 è risultato praticamente fisso ( -0,0014 mm ). Nel periodo luglio-novembre 1993 sono stati misurati leggeri innalzamenti generalizzati su tutta l’area, con valori massimi di 7 mm , ad eccezione di Porta San Niccolò, in cui sono stati misurati leggeri abbassamenti (-3,4mm).  
Fra il 1994 ed il 1996 sono state monitorate, con frequenza mensile, 23 lesioni significative presenti nella chiesa di San Salvatore. Tutte le lesioni osservate si sono dimostrate pressoché statiche, ad eccezione di spostamenti riscontrati sul muro di sostegno in pietra che si affaccia sul piazzale Michelangelo e sul muro di sostegno di fianco alla facciata della chiesa. Lo studio ha quindi confermato l’equilibrio statico dell’edificio, mentre la causa dei dissesti presenti, seppur minimi, vengono attribuiti alla natura del terreno. (Giubbi G., 1996)
 
Nell’agosto 1999 sono stati fatti degli accertamenti volti ad individuare lo spessore dei terreni di riporto in corrispondenza del Piazzale Michelangelo. L’inquadramento geologico, geomorfologico e geotecnico sposa completamente l’ipotesi dell’esistenza di più fenomeni distinti (Bertocci R. et al, 1995), non arrivando però ad effettuare accertamenti diretti sullo spessore del riporto rimandando ad una verifica da effettuarsi con la tecnica della sismica a rifrazione (Ceccanti G., 1999). Tale verifica è stata effettuata realizzando l’esplorazione di quattro profili, ciascuno profondo 55 m (l’ubicazione è riportata in tavola 4). Lo spessore del riporto, così come si legge nella carta delle isopache del terreno di copertura, arriva a valori superiori a 6 m nello spigolo NE del Piazzale, spigolo che è anche oggi soggetto a continui lesionamenti. Tale risultato concorda con la ricostruzione effettuata da Bertocci et al.,1993, realizzata analizzando il progetto dello stesso Poggi (Poggi, A.S.F.), nel quale è riportata l’indicazione delle quote topografiche di una rete di picchetti con il valore degli sterri e dei riporti da effettuare e da cui risulta che il massimo riporto è stato realizzato proprio nello spigolo NE. Inoltre, le indagini effettuate con la sismica a rifrazione hanno portato alla individuazione di un substrato, posizionato a circa 10- 14 m di profondità, la cui velocità sismica potrebbe far ritenere probabile che si tratti di uno strato della formazione di Sillano sensibilmente allentata e alterata (Georisorse Italia, 1999). 

Infine, la Carta inventario dei fenomeni franosi del Bacino del Fiume Arno realizzata dall’Autorità di Bacino dell’Arno e dall’Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze della Terra, riporta nell’area di San Miniato – Comune di Firenze (codice carta 48017C1), sei frane a rischio elevato R3 (codici: 48017F1/F2/F3/F4/F5/F6) allineandosi quindi con la tesi dell’esistenza di più movimenti franosi distinti (Autorità di Bacino del Fiume Arno, 2000).

Nella tavola 4 è riportata l’ubicazione delle principali indagini geognostiche effettuate.

Da quanto esposto risulta che gli studi ed i rilevamenti effettuati hanno condotto a conclusioni non sempre concordanti in merito alla caratterizzazione dei movimenti (Focardi P., 1991; Taddei E., 1992; Bertocci R. et al., 1995; Autorità di Bacino del Fiume Arno, 2000; Agostini G. et al., 2002a; 2002 b). In taluni casi è stata infatti ipotizzata l’esistenza di un movimento generalizzato del versante settentrionale della collina, in altri l’interpretazione ha condotto alla definizione di alcune frane rototraslative di medie dimensioni con superficie di scivolamento a profondità indeterminata; alcuni studi, infine, suppongono la presenza di numerosi movimenti superficiali di superficie e tipologia variabile. Nel complesso, tuttavia, la letteratura non fornisce dati sufficienti per giungere ad una identificazione affidabile né della profondità dei movimenti né della geometria superficiale.

Tabella 5 –Indagini geognostiche effettuate nell’area del Monte alle Croci (Agostini et al., 2003)  

Data

Indagini effettuate e strumentazione installata

Interpretazione dei risultati

1879-80

5 sondaggi e saggi di esplorazione

Movimenti indipendenti dovuti a cedimenti verticali del terreno

 

Censimento degli edifici danneggiati

 

1973-74

24 sondaggi a rotazione

Ipotesi di cedimenti verticali dovuti alla presenza di zone alterate

 

34 carotaggi di ispezione superficiale

alla profondità di 20-30m.

1978-79

16 deformometri

Dati insufficienti

1991

Tomografie sismiche

Profondità dell’eventuale movimento franoso fra 4 e 8 m

1991

Studio geomorfologico

Esistenza di un unico movimento franoso del versante NE a

 

 

profondità non determinata

1994-95

23 deformometri nel complesso di San Salvatore

Lesioni significative in corrispondenza del lato NE del complesso.

 

 

Le altre lesioni non presentano movimenti di rilievo

1910-11

Livellazioni topografiche di alta precisione

Aree in sollevamento: versante E e Rampe

1990

Confronto tra i dati delle tre campagne

Aree stabili: Piazzale Michelangelo

1993

 

Aree in abbassamento: San Niccolò

1991-99

10 piezometri a tubo aperto

Assenza di comportamenti anomali rispetto alle variazioni stagionali

1997-99

30 inclinometri

Vedi testo

1992-99

44 deformometri

Vedi testo

1999

4 profili sismici a rifrazione nell’area del

Identificazione dello spessore del terreno di riporto (max  6 m nello

 

Piazzale Michelangelo (profondità 55 m )

spigolo NE) e individuazione di un substrato alterato, a circa 12 m

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5. Interventi di consolidamento effettuati in tempi recenti

Nel corso del XX secolo, le strutture che sorgono sul Monte alle Croci, comprese le opere del Poggi, le quali sono oggi esse stesse annoverate nel patrimonio architettonico della città, sono state interessate da dissesti strutturali di varia entità e ciò ha condotto, assieme al perdurare della dinamica del quadro fessurativo del complesso di San Salvatore, alla realizzazione di una serie di interventi, sintetizzati nella Tab. 6 (Agostini et al., 2003). Gli interventi realizzati nel passato, di cui si ampliamente parlato nel capitolo 3, sono stati essenzialmente di tre tipologie: 

1. realizzazione di sistemi di drenaggio

2. politiche di uso del suolo

3. interventi sulle singole strutture

Per quanto riguarda l’allontanamento delle acque superficiali, i primi interventi risalgono al XV secolo, con la realizzazione di fossi drenanti, seguiti dalla realizzazione delle cisterne forse da parte di Michelangelo, gli acquidocci ed i pozzi nel 1652, la rete drenante del Poggi. In tutti i documenti storici queste opere vengono menzionate solo in occasione della loro realizzazione. Non diverso è il destino delle opere più recenti, come ad esempio la rete fognaria di cui non esiste nemmeno una planimetria ufficiale, o il sistema di drenaggio nel cimitero delle Porte Sante (realizzato dal comune di Firenze nel 1990) la cui manutenzione è piuttosto scarsa.  E’ da sottolineare che queste opere drenanti se dissestate, determinerebbero un effetto opposto a quello per cui sono state realizzate. Il sistema di captazione e di raccolta delle acque, progettato da Poggi per alimentare la vasca del Piazzale Michelangelo ed il sistema delle Rampe, è stato oggetto di uno studio da parte del Comune di Firenze per conoscere la situazione attuale del sistema con lo scopo di ripristinare la circolazione delle acque (Comune di Firenze, comunicazione personale).  Per quanto riguarda l’uso del suolo, più volte, nel corso dei secoli, è stato imposto il divieto di coltivare il terreno per limitare l’infiltrazione di acqua piovana e di edificazione nelle aree maggiormente a rischio. In particolare, l’area espropriata secondo quanto disposto dalla Commissione Giordano alla fine del XIX secolo, è attualmente occupata da un campeggio. In passato gli interventi strutturali sono stati effettuati prevalentemente sugli edifici appartenenti al complesso di San Salvatore, e, alla fine dell’800, sulle opere del Poggi.  Negli ultimi anni gli interventi sono stati prevalentemente interventi di restauro degli edifici storici come il palazzo dei Vescovi ed il Convento di San Francesco (Morozzi G., 1979, Pacciani B., 1988) e di consolidamento di muri a retta; attualmente in corso un intervento sui muri a retta del sistema delle Rampe.  In buona misura si tratta di interventi diretti al restauro e al ripristino, anche se non mancano opere di consolidamento strutturale: in ogni caso è da rilevare che i numerosi interventi realizzati sono stati puntuali e per lo più sconnessi fra loro. Nella tabella sottostante sono riportati i principali interventi realizzati recentemente nell’area; per gli interventi effettuati nel passato si rimanda alla tabella 1.

Tabella 6 – Principali interventi realizzati nel corso del XX secolo (fonti: Comune di Firenze, 1990, 1999) 

Data

Aree e strutture interessate

Interventi effettuati

1965-72

Palazzo dei Vescovi

Consolidamento delle fondazioni della facciata Formazione di intelaiature di cemento armato nei rinfianchi delle volte e nei sottofondo del pavimento del convento Sistemazione delle fratture su pavimenti e strutture in elevazione

1970

Convento di San francesco

Opere di restauro

1971

Fortificazioni michelangiolesche – lato NE

Cementazione di una profonda lesione

1977-79

Piazzale Michelangelo – lato NO

Sottofondazione con cortine di pali radice della lunghezza di circa 16 m Restauro della balaustra del Piazzale Michelangelo

1979-80

Rampe

Consolidazione di alcune strutture murarie di contenimento

1981-85

Area del campeggio

Consolidazione delle strutture murarie

1981-83

Scalinata monumentale di San Miniato

Opere di restauro

1987

Viale dei Colli

Consolidazione di alcune strutture murarie di contenimento

1990

Piazzale Michelangelo – lato NO

Consolidamento con micropali e tiranti Opere di drenaggio superficiale

1990

Piazzale Michelangelo – lato E

Opere di restauro

1990

Cimitero Monumentale delle Porte Sante

Opere di drenaggio superficiale

2003

Rampe

Consolidazione di alcune strutture murarie di contenimento

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6. Sintesi delle conoscenze

Tutti gli studi effettuati nel corso dei secoli, iniziati nel 1499 con Leonardo da Vinci, concordano sui fattori predisponenti e sui probabili fattori di innesco:

fattori naturali predisponenti:

1) la natura geologica del terreno (strati disposti a franapoggio ed interstratificazioni argillose), 

2) l’infiltrazione dell’acqua nel terreno, 

3) lo scalzamento naturale del fiume. 

 

  fattori antropici predisponenti:

1) inadeguato sistema di drenaggio

2) alterazione morfologica dei versanti (gli scalzamenti artificiali dovuti, in antichità, ad una cava di laterizi, e, in tempi più recenti, alla realizzazione della galleria filtrante ed al taglio della strada sul Lungarno, a riporti e sbancamenti)

3) uso del suolo 

 

  probabile fattore di innesco:

1)      le precipitazioni meteoriche

Permane tuttora una notevole difficoltà nell’interpretazione delle evidenze superficiali dei movimenti, e quindi anche sul meccanismo degli stessi, dovuta a:

§         intensa urbanizzazione dell’area

§         difficile interpretazione dei dati delle passate campagne di monitoraggio

§         lenta evoluzione dei movimenti (dell’ordine dei mm/anno)

Per quanto riguarda il meccanismo sono state avanzate varie ipotesi, così riassumibili:

1) movimento generalizzato del versante della collina in direzione dell’Arno (Losacco U., 1957)

2) movimenti indipendenti:

a. cedimenti verticali del terreno (Giordano F., 1884, Canavari M., 1928)

b. scivolamenti traslazionali (Comune di Firenze, 1990)

c. scivolamenti traslazionali con superficie di scorrimento multipla (Focardi P., 1991, Bertocci et al., 1995)

d. fenomeni di compressione e rigonfiamento nelle parti inferiori del versante settentrionale (Bertocci et al., 1995)

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