Studio sui dissesti idrogeologici attivi nell’area della Baia di Portovenere (SP) finalizzato alla individuazione delle cause e dei possibili interventi di mitigazione
2.
Cenni
storici e naturalistici
3.
Aspetti
geologici e tettonici
5. Indagini geognostiche e proprietà geotecniche delle rocce
6.
Fattori
predisponenti e scatenanti
7.
Analisi
di stabilità dei fronti rocciosi
La ricerca è volta in primo luogo ad analizzare i dissesti idrogeologici attivi nell’area e ad individuare le loro cause, per poi proporre interventi di mitigazione a basso impatto, scelti nel rispetto degli aspetti paesaggistici, storici e culturali del sito.
Il territorio che si estende per circa quindici chilometri da Monterosso al Mare a Portovenere è caratterizzato da un profilo costiero aspro e irregolare, che è stato modellato dall’uomo nel corso dei secoli fino ad ottenere un paesaggio unico. La successione di pendici montuose a picco sul mare, scandite da una serie di terrazzamenti coltivati, le torri, i muri a secco, i sentieri e le scalinate di pietra hanno da sempre esercitato grande fascino sui visitatori e sono stati evocati da poeti romantici e contemporanei, offrendo ispirazione non solo per testi letterari, ma anche per composizioni musicali e rappresentazioni pittoriche. Alcuni dei visitatori, tra cui i Francesco Petrarca, i poeti romantici Lord Byron e Percy Bysshe Shelley e il compositore tedesco Richard Wagner hanno cantato nelle loro opere la singolare bellezza di questi luoghi, consegnandoli di fatto ad una fama eterna.
In questo senso, per le diverse suggestioni che provoca nell’osservatore, il paesaggio di Portovenere si può definire un paesaggio culturale ed è proprio questa la motivazione per cui Portovenere, le Cinque Terre e le Isole di Palmaria, Tino e Tinetto sono stati iscritti dal 1997 nel registro UNESCO dei beni patrimonio mondiale dell’umanità. La riviera di levante costituisce infatti un sito culturale di eccezionale valore, dove l’uomo e la natura sono integrati in un paesaggio unico. Oltre a ciò lo stile di vita tradizionale è conservato intatto da secoli e ancora oggi svolge un ruolo socio-economico di grande importanza nella sussistenza della comunità.
Considerate le valenze culturali del sito di studio, oltre agli aspetti prettamente tecnici di studio dei dissesti in atto, si intende proporre una metodologia di valutazione d’impatto sul paesaggio (VIP) che tenga in considerazione tanto la funzionalità dei necessari interventi di mitigazione dei fenomeni d’instabilità, quanto la conservazione della integrità paesaggistica, nel senso più ampio del termine, del sito. È evidente come i dissesti idrogeologici che minacciano un bene debbano essere sanati, nell’ottica di una corretta gestione del territorio e dei rischi geologici adesso connessi, ma è altrettanto importante tutelare gli aspetti culturali ed evocativi di un paesaggio, regolando in maniera illuminata i processi di mutamento del territorio stesso, siano essi naturali o realizzati dall’uomo.
2.
Cenni storici e naturalistici
Poco
oltre il confine orientale delle Cinque Terre, l’antica Portus Veneris
fu fondata dai romani come stazione navale tra Luni e Sestri. Tra i resti che
risalgono a quest’epoca, si segnalano le vestigia di una grande villa romana
(fine II inizio I secolo a.C.), visibili nella zona del Varignano. Nel 1113
Portovenere fu occupata dai Genovesi. Oggi presenta l’aspetto tipico delle
città fortificate, con le sue case dominate dalla mole del castello (originario
del XII secolo, ma ricostruito nel XVI). La chiesa parrocchiale di San Lorenzo,
edificata nel 1116 e ripresa in epoche successive, presenta una facciata nella
quale elementi romanici, come il portale, si uniscono ad altri gotici e
rinascimentali. Sul sottile promontorio roccioso dell’Arpaia, proteso sul
mare, sorge la chiesa di San Pietro, superbo edificio eretto nel 1277 e
costituito da due corpi diversi, il maggiore dei quali sovrastato da un
campanile. Nell’interno, in stile gotico, una piccola navata conduce ad una
chiesa paleocristiana del V-VI secolo. Di fronte alla costa di Portovenere si
trovano le tre isole di Palmaria, Tino e Tinetto, sulle quali sono stati
rinvenuti resti di monasteri eretti nei primi secoli del cristianesimo. Palmaria
e Tino sono soggette a servitù militare, in quanto vicine alla base navale di
La punta di Portovenere costituisce la parte terminale
del promontorio che delimita ad occidente l’ampio Golfo di
|
Fig. 1 Localizzazione dell’area in esame
Lo schema tettonico della zona del Golfo di
Nell’area di studio affiorano i termini triassici
costituiti dalla Formazione di
Si presentano con strati
alternati di spessore metrico o plurimetrico nella parte bassa, mentre nella
parte medio alta gli strati calcarei sono di spessore decimetrico. Le condizioni
di deposizione fanno riferimento ad un ambiente marino poco profondo, in un
ampio bacino.
Calcari di Portovenere (Retico)
Questa unità si è
sedimentata in continuità con la precedente, dalla quale si differenzia
essenzialmente per la composizione decisamente carbonatica e la minore quantità
di argille. Il litotipo prevalente è costituito da un calcare di colore scuro,
a stratificazione sottile o molto sottile, talvolta con interstrati marnosi. A
tetto è presente in modo discontinuo un orizzonte di spessore variabile senza
una precisa posizione stratigrafica, costituito da dolomia saccaroide di origine
secondaria. La dolomitizzazione è ascrivibile a fenomeni incompleti e tardivi.
L’ambiente di deposizione è riconducibile ad una situazione di mare calmo, profondo, in un bacino aperto.
La dorsale che costituisce il promontorio occidentale che
delimita a sud ovest il Golfo di
Per quanto riguarda in particolare il promontorio di Portovenere, si può notare come il suo assetto strutturale sia condizionato dalla presenza di un sistema di faglie minori e tardive. Queste faglie sono caratterizzate da relazioni geometriche ambigue e talvolta palesemente contrastanti, cosicché risulta spesso impossibile stabilire con certezza le direzioni di movimento, anche perché è probabile che tali faglie si siano riattivate in tempi diversi con sensi di spostamento anche alternati.
In linea generale, prescindendo dalle incertezze interpretative legate al sistema di faglie minori, è possibile che le fratture soggette a componenti di moto differenziate abbiano avuto come effetto la creazione di diversi blocchi svincolati tra loro e soggetti a movimenti verticali differenziali.
La struttura del promontorio è stata interpretata come un graben delimitato da due faglie probabilmente più antiche della faglia che attraversa il promontorio di San Pietro, ben visibile sul terreno in corrispondenza di un’ampia fascia cataclastica. Questa faglia delimita il bordo occidentale del graben, separando il membro calcareo marnoso dalla dolomia, che rappresenta il lato ribassato.
È certo che, benché l’importanza di queste faglie minori, di limitata estensione e rigetto ridotto sia del tutto trascurabile nei riguardi dell’assetto tettonico e strutturale regionale, esse abbiano giocato un ruolo fondamentale nel determinare l’assetto strutturale del promontorio e quindi costituiscano tutt’ora l’elemento condizionante del comportamento dell’ammasso roccioso.
Il lato occidentale del promontorio di Portovenere presenta uno stato diffuso di dissesti attivi a carico dell’ammasso roccioso. Questi fenomeni mettono in pericolo la stabilità e l’integrità di alcuni edifici di grande interesse storico e impediscono la piena fruibilità di luoghi di grande attrattiva paesaggistica per il notevole afflusso turistico della zona. A questo proposito è necessario sottolineare come, nonostante l’accesso ai piedi della falesia e alla Grotta di Byron sia vietato da una disposizione della Capitaneria di Porto, l’intera area sia costante meta di visitatori, con una situazione di grave rischio per l’incolumità delle persone.
Per quanto riguarda la tipologia di dissesti,
nell’area in esame si possono identificare frane per crollo, per ribaltamento
e frane di scivolamento planare. I suddetti fenomeni franosi presentano un forte
stato di attività e coinvolgono l’ammasso roccioso sia alla scala
dell’affioramento, sia nel suo complesso. Qui di seguito si descrivono le aree
più significative e i disesti in atto.
Nell’area circostante il portale in pietra dal
quale si accede alla cala, sono stati costruiti alcuni speroni a sostegno del
muro in pietrame sovrastante, che attualmente non mostrano segni di dissesto. Al
contrario, il piccolo terrazzo lastricato che si trova alla sinistra del portale
è interessato da continui crolli, di cui l’ultimo risale alla scorsa stagione
autunnale. Il fronte roccioso è caratterizzato dalla presenza di numerosi
blocchi disarticolati, anche di notevoli dimensioni, separati da fratture molto
aperte.
Una vasta area ai piedi dello sperone roccioso che ospita
il Castelletto Vistetta è caratterizzata dalla presenza di un vasto e potente
deposito caotico di materiale detritico e di massi di grandi dimensioni, per un
volume totale stimabile in alcune migliaia di metri cubi, che dalla quota di
circa
Alla quota del livello medio del mare, infine, si notano ampie cavità generate dall’erosione ad opera del moto ondoso.
5.
Indagini
geognostiche e proprietà geotecniche delle rocce
Nell’ambito dello studio di fattibilità per il progetto di consolidamento del fronte roccioso del Castelletto Vistetta in San Pietro di Portovenere, commissionato dalla Regione Liguria, sono state condotte approfondite indagini geologiche in superficie e nel sottosuolo, finalizzate alla descrizione ed alla comprensione delle cause dei fenomeni di instabilità che interessano il promontorio e alla individuazione di possibili interventi di mitigazione (Stura et alii, 1999).
La campagna di indagini ha previsto il rilevamento geologico e geomorfologico dell’area in esame, un approfondito rilievo strutturale degli affioramenti più significativi, sondaggi geognostici a carotaggio continuo con prelievo di campioni in seguito analizzati in laboratorio per la determinazione delle proprietà fisiche e meccaniche e, infine, prospezioni geofisiche, in particolare prove sismiche in foro e indagini GPR (Ground Penetrating Radar).
Rilievi strutturali
Per la definizione dell’assetto strutturale
dell’ammasso roccioso che costituisce la parte occidentale del promontorio
sono stati eseguiti accurati rilievi degli affioramenti.
In particolare sono stati effettuate le seguenti
osservazioni e determinazioni:
- individuazione dei differenti tipi di discontinuità, ovvero delle famiglie di discontinuità e misure delle loro giaciture;
- descrizione della morfologia e delle caratteristiche geometriche delle discontinuità;
- descrizione dello stato di conservazione dei giunti delle discontinuità;
- osservazioni relative alle condizioni idrogeologiche;
- misura della resistenza sulla superficie dei giunti mediante misure puntuali con il martello di Schmidt.
L’ammasso roccioso che costituisce il promontorio è
caratterizzato da una situazione geologico-strutturale complessa. Gli eventi
tettonici che si sono susseguiti nell’area hanno favorito lo sviluppo di un
diffuso reticolo di fratture che pervadono l’ammasso roccioso, sovrapponendosi
alla stratificazione.
Le giaciture dei piani di discontinuità sono state
rilevate sistematicamente al fine di analizzare la loro distribuzione geometrica
e quindi valutare l’influenza di tale distribuzione sulla stabilità
dell’ammasso roccioso. Oltre allo studio delle orientazioni dei piani di
discontinuità, sono stati considerati anche i parametri necessari alla
classificazione dell’ammasso roccioso secondo il Rock Mass Rating system
(RMR, Beniawski, 1973;1989)
Per valutare quali sistemi di fratture influenzino
direttamente la stabilità di ciascuna parete rocciosa, sono state considerate
solamente aree omogenee. Le aree prese in considerazione sono:
- T1 - parete sudoccidentale del promontorio;
- T2 - parete nordoccidentale del promontorio, sotto il castelletto Vistetta, che comprende la fascia milonitica e lo specchio di faglia;
- T3 - settore centrale della parete occidentale, sotto il muro di costruzione medievale, dove si osservano i crolli più recenti;
- T5 - parete occidentale, alla radice del promontorio;
- T7 - Grotta di Byron;
- T8 - parete occidentale al di sopra del camminamento che porta alla Grotta di Byron;
- Zona della faglia.
Analizzando i dati raccolti durante il rilievo geostrutturale, si sono individuate 5 famiglie di giunti che rappresentano altrettanti sistemi di fratture, oltre ai piani costituiti dalla stratificazione (fig. 3).
Classificazione dell’ammasso roccioso
I parametri necessari alla classificazione dell’ammasso
roccioso secondo il criterio definito dalla classificazione RMR sono:
- resistenza alla compressione uniassiale della roccia, determinata in laboratorio tramite prove di compressione monoassiale;
- il valore di RQD (Rock Quality Designation), calcolato sulle carote recuperate nei sondaggi;
- la spaziatura delle discontinuità;
- le condizioni delle discontinuità,
- la presenza di acqua.
A ciascun parametro viene attribuito un punteggio e la
classe di qualità dell’ammasso risulta dalla somma dei singoli punteggi.
In seguito alla classificazione, nell’ammasso roccioso
del promontorio si possono distinguere un membro calcareo marnoso, un membro
calcareo dolomitico e la fascia di roccia cataclastica.
|
Punteggio massimo |
Punteggio minimo |
Classe |
Calcare marnoso |
60 |
42 |
Classe III - Qualità
Discreta - Mediocre |
Calcare dolomitico |
60 |
55 |
Classe III - Qualità
Discreta - Buona |
Zona milonitica |
47 |
51 |
Classe III - Qualità
Discreta |
Sondaggi geognostici e prospezioni geofisiche
Per ricostruire la stratigrafia del sottosuolo e
raccogliere campioni per analisi geotecniche e geomeccaniche, sono stati
perforati tre sondaggi a carotaggio continuo con asse verticale. La lunghezza
complessiva teorica di perforazione era di
Le prospezioni geofisiche condotte nell’area di studio
hanno consistito in prove sismiche in foro secondo le tecniche del cross-hole e
del down-hole e in indagini GPR. L’interpretazione integrata delle due
metodologie ha permesso di ricostruire le condizioni del substrato.
Le prove sismiche in foro, sia nella configurazione
cross-hole (tra coppie di fori adiacenti) sia down-hole (tra superficie e foro)
sono state eseguite utilizzando otto fori appositamente realizzati e rivestiti
con tubo PVC cementato.
Per quanto riguarda le indagini sismiche, la prospezione
non è in grado di evidenziare volumi vuoti, in quanto il valore della velocità
risulta mediato. In ogni caso la presenza di anomalie negative di velocità in
zone complessivamente caratterizzate da velocità più elevate, possono indicare
sia zone di roccia particolarmente alterata e fratturata, sia con vuoti diffusi.
L’indagine tramite GPR viene eseguita in superficie e
consiste nel rilevamento delle caratteristiche delle riflessioni di onde
elettromagnetiche trasmesse al terreno mediante un’antenna. L’elaborazione
dei dati consente la ricostruzione della stratigrafia del terreno secondo
profili continui, individuando la presenza di strutture sepolte.
A questo proposito si ricorda che il GPR non è in grado
di fornire indicazioni relativamente a strutture sommerse o comunque sotto il
livello di falda. Inoltre, l’individuazione di anomalie associabili ad esempio
a cavità sotterranee non fornisce informazioni sulle loro dimensioni assolute
in quanto il segnale può esser influenzato dall’ampiezza laterale e dalla
presenza di cavità sovrapposte a diversa profondità.
L’interpretazione stratigrafica complessiva del
promontorio si basa sull’analisi integrata tra i risultati delle indagini
dirette e indirette.
L’esame delle carote recuperate nel corso dei sondaggi,
conferma quanto visibile a livello di affioramento, ma ha evidenziato alcune
significative particolarità.
Nei sondaggi S1 e S2, ubicati ad est della faglia che
separa il membro calcareo-marnoso dal membro dolomitico, si rileva la presenza
di alternanze costituite da calcare grigio e calcare nerastro. Mentre il primo
si presenta sostanzialmente sano o poco alterato, fratturato, con giunti di
stratificazione suborizzontali e giunti di fratturazione inclinati o molto
inclinati, con spaziatura media di 7-
Nel sondaggio S3, effettuato in corrispondenza della
fascia di roccia cataclastica che affiora in corrispondenza della faglia, ha
rivelato la presenza di una cavità che si estende tra la profondità di 11,
Le indagini geofisiche, oltre alle strutture
dell’ammasso roccioso costituite da stratificazione ondulata, pieghe e faglie,
mettono in evidenza la presenza di cavità a profondità comprese tra 2,5 e
La ricostruzione tomografica tridimensionale, che
rappresenta la distribuzione volumetrica delle velocità di trasmissione delle
onde, indica la presenza di un corpo roccioso caratterizzato, nel complesso, da
velocità più basse nel settore orientale del promontorio, mentre nel settore
occidentale si registrano velocità più elevate, con esclusione della fascia
anomala interessata dalla faglia. In generale, si può osservare che le velocità
delle onde di compressione sono comunque basse (2000-2500 m/s – 1000-1500 m/s)
Per quanto riguarda le cause della formazione delle cavità
sotterranee, si ritiene che esse siano dovute a processi di dissoluzione della
roccia carbonatica e dolomitica ad opera delle acque circolanti nei reticoli di
fratture. Tali fenomeni sono quindi da ascrivere a fenomeni carsici poco
sviluppati, limitati alla formazione di strutture minori.
Analisi di laboratorio, prove geotecniche e geomeccaniche
Le prove geotecniche e geomeccaniche di laboratorio sono
state eseguite per ricavare i parametri di resistenza della roccia integra. In
particolare le prove hanno riguardato alcuni provini ricavati da spezzoni di
carote rappresentativi dei litotipi presenti nell’area.
Le prove di laboratorio sono consistite in:
- determinazione del peso di volume della roccia;
- compressione uniassiale per la determinazione della resistenza della roccia integra;
- determinazione della velocità di propagazione delle onde di compressione;
- prove di taglio dirette sui giunti di discontinuità;
- frazione argillosa, limiti di Atterberg e parametri di resistenza del materiale argilloso di riempimento delle fratture.
La resistenza a compressione uniassiale dei provini di
rocce prelevati nel corso dei sondaggi ha fornito risultati che variano tra
114,62 MPa nel caso di roccia calcarea, 71,17 MPa per il calcare dolomitizzato,
40,82 MPa per il calcare marnoso, 17,04 MPa per il calcare dolomitizzato della
fascia milonitica.
La prova di resistenza al taglio su di un giunto aperto
in un campione di calcare marnoso che può essere considerato rappresentativo,
ha dato valori di angolo di attrito interno che varia tra 20° e 30,7° a
seconda della tensione normale applicata.
È stata eseguita anche una prova di taglio sul materiale
argilloso di riempimento dei giunti, un’argilla caolinitica non attiva e di
plasticità medio-alta; il valore dell’angolo di attrito interno
dell’argilla rimaneggiata è risultato di 25,5°. La prova di taglio su di un
giunto riempito di argilla essiccata ha dato valori di angolo di attrito interno
pari a 33,8°.
6.
Fattori predisponenti e
scatenanti
La costa che da Portovenere porta alle Cinque Terre è soggetta a fenomeni di erosione che si evidenziano localmente in crolli di roccia dalle pareti verticali. La progressiva demolizione delle falesie deriva dai processi di disgregazione e alterazione meteorici, che tendono ad accentuare le fessurazioni presenti nell’ammasso roccioso, unitamente alle azioni di cavitazione e abrasione ad opera dei frangenti di costa che scavano un solco di battente in corrispondenza al livello medio del mare (Panizza, 1992), che evolve poi in crolli della parete sovrastante.
Nel caso in esame, i diffusi fenomeni di dissesto in atto
o potenziali, sono certamente intensificati dalla presenza concomitante di
diversi fattori predisponenti.
Il primo fattore di instabilità è da ricondurre
all’assetto strutturale del promontorio, determinato dall’evoluzione
tettonica dell’area sia nella fase dell’orogenesi appenninica, sia nelle
fasi di deformazione tardiva. Le differenti famiglie costituite dai giunti di
strato e dai sistemi di fratture che si intersecano con angoli diversi,
determinano un complesso reticolo di discontinuità che, insieme alla giacitura
delle pareti rocciose, provoca la creazione di condizioni geometriche tali da
favorire il verificarsi di diversi fenomeni di instabilità.
Oltre a ciò, si deve considerare che nel promontorio affiora una facies marnoso-argillosa dei Calcari di Portovenere che risulta strutturalmente più debole di quella più francamente calcarea. Questa situazione favorisce l’instaurarsi di fenomeni di erosione selettiva che, nelle aree più fittamente stratificate, genera un profilo discontinuo nelle pareti rocciose. Gli strati calcarei fratturati risultano spesso pensili e quindi soggetti a crolli e ribaltamenti di blocchi di dimensioni diverse.
A questa situazione strutturale si aggiungono particolari
condizioni ambientali e atmosferiche. Infatti, l’azione delle onde e dello
spray marino accelerano la disgregazione dell’ammasso roccioso, tanto alla
scala della parete rocciosa, con fenomeni di scalzamento al piede e arretramento
della falesia, quanto alla scala dell’affioramento, per l’instaurarsi di
fenomeni di degradazione chimica e fisica delle rocce.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, si possono
fare alcune considerazioni a proposito del clima meteo marino locale.
La penisola della punta di San Pietro è situata
all’estremità della costa rocciosa che delimita a Ovest il golfo di
La propagazione dei moti ondosi secondari nella Cala
Arpaia genera infatti un’onda trasversale che incide perpendicolarmente sulla
penisola, tra
In particolare, l’azione dei mari diretti genera
un’azione d’urto che è stata in parte smorzata dal frangimento delle onde
sul fondale antistante, che presenta pendenze dell’ordine del 12% nella
direzione delle onde stesse; l’azione dei mari indiretti, invece, per effetto
combinato di diffrazione e riflessione, causa escursioni di livello e spinte a
quote anche elevate in fase di cresta e che, in certi casi, possono scoprire il
piede della falesia in fase di cavo.
Le azione ondose meccaniche di martellamento provocano
degli shock impulsivi tendono quindi ad aumentare il numero e l’estensione
delle fratture all’interno dell’ammasso roccioso, mentre le azioni
idrauliche che provocano le variazioni del livello del mare sopra e sotto la
quota media, favoriscono il distacco di blocchi fratturati.
7. Analisi di stabilità dei fronti
roc
Dopo avere individuato la presenza di diverse famiglie di
piani di discontinuità (Fig. 2), si sono considerati i diversi meccanismi di
rottura che possono interessare l’ammasso roccioso. I modelli cinematici
considerati sono lo scivolamento lungo un piano, lo scivolamento di un cuneo di
roccia generato dalla intersezione di due piani di discontinuità e il
ribaltamento. L’analisi dei dati strutturali mediante il reticolo
stereografico equiareale è finalizzata alla individuazione dei possibili
fenomeni di instabilità e, in seguito, al dimensionamento delle opere di
mitigazione di tali fenomeni.
L’analisi di stabilità dei fronti rocciosi è stata
condotta sulle sei zone omogenee precedentemente individuate e nella zona di
faglia. L’angolo di attrito dei giunti è stato posto a 20°, valore calcolato
in laboratorio su provini rappresentativi delle condizioni medie di scabrezza
dei giunti presenti nell’ammasso.
Vista la complessità strutturale dell’area in esame,
dall’analisi cinematica sono risultati possibili diversi meccanismi di
rottura. Dall’esame dei reticoli stereografici è inoltre possibile dare una
stima qualitativa del livello di pericolosità.
ZONA |
Ribaltamento |
Livello di pericolosità |
Scivolamento planare |
Livello di pericolosità |
Cuneo |
T1 |
si |
basso |
si |
alto |
Si |
T2 |
si |
moderato |
no |
|
Si |
T3 |
si |
alto |
si |
moderato |
Si |
T5 |
si |
alto |
si |
alto |
Si |
T7 |
si |
moderato |
si |
basso |
No |
T8 |
si |
basso |
no |
|
No |
F1 |
si |
alto |
si |
basso |
No |
|
|
|
|
|
In considerazione dei fattori predisponenti e
scatenanti i diffusi fenomeni di instabilità che interessano l’area di
studio, le tipologie di intervento possibili sono il consolidamento del fronte
roccioso e/o la protezione della Cala Arpaia dal moto ondoso.
Nello studio di fattibilità della Regione Liguria (Stura et
alii, 1999) si prevede di procedere esclusivamente al consolidamento
dell’ammasso roccioso, giudicando un intervento marittimo di difesa troppo
gravoso sia dal punto di vista dei costi, sia dal punto di vista dell’impatto
visivo.
Per il consolidamento del promontorio sono state
previste due fasi: la prima avrà come scopo la riapertura al pubblico di parte
della passeggiata attualmente interdetta per ragioni di sicurezza, nonché il
consolidamento della parte sommitale della parete rocciosa del promontorio. La
seconda fase prevede il consolidamento profondo dell’ammasso roccioso, con
particolare riferimento alle cavità sotterranee.
Tipologie di intervento
Disgaggio di blocchi instabili
Il disgaggio consiste nel provocare il distacco e la
caduta di blocchi di roccia instabile in condizioni controllate. Tale intervento
sarà effettuato a carico di quei blocchi che non saranno considerati da
consolidare, ovvero in aree nelle quali la conservazione dell’assetto attuale
non è ritenuta fondamentale nell’ottica della tutela del paesaggio. Per
quanto riguarda i detriti risultanti, il progetto prevede la loro collocazione
nell’area occupata dal detrito di frana in corrispondenza del piano di faglia,
in considerazione della modesta volumetria e della limitata variazione
dell’assetto attuale della cala. Inoltre, si prevede di utilizzare parte del
materiale ottenuto dal disgaggio come inerte di roccia locale o lastre di
rivestimento in pietra naturale.
Per limitare il crollo di blocchi calcarei
aggettanti, il progetto prevede il riempimento periodico con malta cementizia
degli interstrati argillosi interessati da fenomeni di erosione differenziale.
Tramite il rivestimento della malta usata per il
consolidamento con malta pigmentata da ossidi s’intende limitare l’impatto
visivo dell’intervento.
Barre, tiranti, chiodature, sottomurazioni e paratie
di micropali
In situazioni particolari, come ad esempio nel caso
della volta della Grotta di Byron, nel progetto si prevede l’utilizzo di barre
iniettate con malta cementizia prive di testata, alloggiate in fori che saranno
in seguito occultati con malte pigmentate. Oltre a ciò sono previsti tiranti
subverticali dotati di testata con piastra, che dovrebbe essere trattata con
coloranti che ne limitino l’impatto visivo.
Il tratto di fronte roccioso adiacente alla grotta
sarà consolidato in via preventiva tramite una paratia di micropali dal piano
piazzale, eventualmente uniti da un cordolo in cemento armato poi ricoperto di
pietra naturale. Oltre a ciò, per assicurare la stabilità del piazzale e del
fronte roccioso alla base del castelletto, si prevede di realizzare una serie di
tiranti presollecitati, con testata occultata.
Le cavità accessibili dal mare dovrebbero essere
sottomurate, e di fronte ad esse saranno collocate delle berme in pietrame con
lo scopo di limitare l’impatto del moto ondoso, con l’accorgimento di
utilizzare per la parte superficiale delle berme del materiale con
caratteristiche cromatiche analoghe alla roccia in posto. Per quanto riguarda la
sistemazione del crollo più recente, in prossimità dell’accesso al mare, il
progetto propone la realizzazione di un muro di cemento armato, ricoperto con
blocchi di pietra naturale.
Progetto sostenibile e valutazione di impatto sul
paesaggio (VIP)
Sulla base del progetto
della Regione Liguria che prevede il consolidamento del fronte roccioso del
promontorio di San Pietro, sono state valutate le caratteristiche di quello che
può essere definito il “progetto funzionale” in rapporto al “progetto
sostenibile”.
Nel caso di interventi in luoghi di particolare
pregio, che fanno parte del patrimonio artistico e culturale non solo italiano,
ma mondiale, non si devono considerare solo la fattibilità e la riuscita
tecnica dell’intervento stesso, ma anche il suo impatto sul paesaggio inteso
nel senso più ampio del termine, ovvero sul quel “paesaggio culturale”, che
trae la sua valenza dalla compenetrazione di aspetti naturali e di suggestioni
culturali. Infatti, oltre agli aspetti puramente estetici, si affiancano
connotazioni percettive profondamente individuali, che derivano da concezioni
apprese in passato, nonché dallo stato mentale di chi si trova di fronte al
paesaggio: oltre al concetto di paesaggio culturale, quindi, si deve considerare
l’idea di paesaggio della percezione, in cui tutti i sensi, oltre
all’intelligenza, alla memoria e ai sentimenti, sono coinvolti.
Un paesaggio come quello del Golfo di Portovenere, ad
esempio, ha offerto motivo di ispirazione
per poeti, artisti, musicisti ed è
per chiunque lo osservi fonte di emozioni, di arricchimento e di conforto. Il
concetto di sostenibilità di qualsiasi intervento a suo carico si riferisce
alla tutela della sua integrità, non soltanto dal punto di vista meramente
ambientale. In questo senso, la tutela non è sinonimo di cristallizzazione,
soprattutto nel caso in cui il bene in questione sia minacciato da fenomeni di
instabilità: essa va intesa come la capacità di ottenere un controllo sul
mutamento del territorio, tanto nelle sue connotazioni naturali quanto in quelle
procurate dall’uomo.
A questo proposito si intende aprire la strada ad una
nuova forma di valutazione di impatto di un intervento, non sull’ambiente in
senso lato, ma in particolare sul paesaggio: non solo Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA) quindi, ma Valutazione di Impatto sul Paesaggio (VIP).
Un aspetto da sottolineare e la sostanziale
differenza tra impatto visivo in senso stretto ed impatto paesaggistico.
L’impatto visivo può essere definito come il grado di percezione, da parte di
un osservatore, di un insediamento industriale o abitativo o delle modifiche, in
genere, apportate dall’intervento umano su un determinato territorio. Il grado
dell’impatto visivo dipende da molteplici fattori, come la difficoltà del
preesistente ad accogliere i nuovi elementi, oppure, al contrario, la sua
capacità ad integrarsi con essi, nonché dalle caratteristiche dei nuovi
elementi stessi. Ma l’impatto sul paesaggio culturale integrato non è
solamente visivo in senso stretto, perché un intervento può incidere anche
sulla sfera emotiva, che va certamente oltre quella visiva.
Se si considerano unicamente gli impatti visivi,
ovvero si utilizza un ottica unidimensionale, la mitigazione degli impatti e le
scelte progettuali avranno come finalità la mascheratura dell’opera e, in
particolare, la cura nella scelta dei materiali costruttivi e dei colori. In tal
modo si restringe la concezione di paesaggio al mero aspetto visibile,
concentrando l’attenzione sul modo di apparire del sito prima e dopo gli
interventi e sui cambiamenti osservabili dai punti e dai percorsi a più alta
sensibilità e sulle ripercussioni che tali cambiamenti generano sugli
osservatori.
Se però l’intervento viene pensato direttamente in
fase progettuale in tutte le sue connotazioni, non si vanno a considerare solo
le possibili vie per nascondere l’inserimento dell’opera nel suo contesto,
ma si può pensare un design che mantenga una stretta continuità con
l’esistente. In questo senso un attento monitoraggio dell’insieme
opera-paesaggio assolve alla funzione di controllare sì l’efficacia delle
mitigazioni, ma anche di seguire l’evoluzione nel tempo del paesaggio stesso,
eventualmente introducendo progressivi adattamenti.
Dal punto di vista metodologico, per comprendere i
possibili impatti di un’opera sul contesto paesaggistico, si deve in primo
luogo definire il concetto di paesaggio: esistono innumerevoli concezioni e una
grande varietà di orientamenti teorici utilizzati nelle diverse discipline per
una sua definizione e descrizione. L’approccio più semplice è quello che
deriva dalla nozione che il paesaggio è l’aspetto visibile del mondo che ci
circonda, che presenta diversi valori formali ed emergenze storiche, culturali e
naturalistiche che ne fanno un bene culturale ed ambientale complesso. Una
concezione di paesaggio transdisciplinare integra infatti tutte le fondamentali
dimensioni in esso presenti, quelle culturali, formali ed ecologiche.
Una
volta acquisito il concetto di paesaggio integrato, si deve procedere
all’analisi del paesaggio ante operam e post operam. L’approccio
da utilizzare deve essere geografico nella lettura dei caratteri oggettivi del
paesaggio e della sua evoluzione, ma anche percettivo, ovvero teso ad
individuare le sensazioni che il paesaggio provoca nell’osservatore.
L’analisi d’impatto visivo deve essere effettuata sulla base del progetto di
massima o esecutivo dell’intervento, sia relativamente alle opere
architettoniche ed ai manufatti che lo contraddistinguono, sia relativamente
alle modificazioni ed alle sistemazioni ambientali che ne fanno parte
integrante. L’analisi deve riguardare i caratteri dimensionali, formali,
distributivi e quantitativi dell’intervento, gli aspetti cromatici e la
valutazione delle condizioni d’adattamento o di contrasto con il paesaggio e
l’ambiente circostante. La descrizione dovrà anche indicare le strategie di
minimizzazione e di compensazione previste per la mitigazione dell’impatto
visivo e ambientale nel suo complesso.
Sotto il profilo
metodologico si potrà procedere attraverso le seguenti fasi:
-
Definizione e descrizione
dell’ambito visivo del progetto ed analisi delle condizioni visuali esistenti;
-
Identificazione delle
vedute-chiave, ovvero significative o determinanti perla valutazione
d’impatto;
-
Simulazione degli effetti
dell’intervento proposto nel paesaggio (impatti visuali);
-
Definizione ed analisi degli
impatti visuali nel paesaggio naturale ed umano;
-
Descrizione delle misure previste
per l’eliminazione dei possibili effetti negativi e, se ineliminabili, per
minimizzare l’impatto;
Uno strumento utile alla
definizione dei caratteri percettivi del paesaggio interessato dall’intervento
è una Carta delle unità di paesaggio definite in base ai caratteri delle
componenti naturali (geomorfologia, vegetazione, corpi idrici, ecc.) e umane
(paesaggi costruiti) nella quale siano documentati i confini e margini delle
unità di paesaggio, i corpi idrici superficiali e reti di drenaggio, i geositi
o biotopi di rilevante interesse le forme d’uso del suolo, i beni
d’interesse storico-artistico ed archeologico, architetture tipiche o
tradizionali, contesti di archeologia industriale e rurale e infrastrutture
principali (viarie, ferroviarie ecc.).
Le modalità di percezione
possibili possono essere descritte da una Carta delle condizioni visuali e
percettive attuali che costituisce uno strumento di sintesi di grande
utilità sia nella fase di progettazione sia in quella di valutazione della
compatibilità paesaggistica dell’intervento.
In tale carta dovranno
essere indicati:
–
la localizzazione
dell’intervento;
–
il limite dell’area
d’intervisibilità e il raggio di visibilità in funzione della scala
adottata;
– i “capisaldi” di
riferimento paesaggistico, ovvero i punti di vista del luogo dell’intervento o
dal luogo d’intervento particolarmente significativi;
–
gli elementi
“minori” del paesaggio significativi per l’esperienza visiva;
–
le vedute principali ed
i relativi angoli visuali;
–
gli ostacoli visuali;
–
i crinali fisici;
– le infrastrutture viarie
e ferroviarie, le piazze, le vie, i percorsi significativi in relazione
all'impatto visivo generato dall’intervento;
–
i limiti delle aree edificate, di quelle con vegetazione, di quelle agricole o
degli specchi d’acqua ecc.. La
definizione e la descrizione dello spazio visivo del progetto e l’analisi
delle condizioni visuali può essere illustrata mediante una Carta
dell’intervisibilità in scala adeguata.
Dall’insieme dei dati così
analizzati si dovrà poi desumere una valutazione complessiva che consenta di
fornire indicazioni sulla compatibilità dell’intervento in relazione alle
caratteristiche del contesto naturale ed umano in cui si colloca. Il grado di
compatibilità dovrà essere valutato in relazione al fattore sensibilità del
paesaggio che potrà essere determinato facendo riferimento alle qualità
naturali, agli elementi caratteristici del paesaggio storico ed agli elementi
d’interesse architettonico ed archeologico.
Il giudizio dovrà essere
relativo sia all’impatto visivo in sé, sia al contesto in cui andrà ad
inserirsi, ed anche alla stessa capacità propria del paesaggio di schermare o
assorbire le modificazioni che si vogliono introdurre.
Una stima del contrasto visivo tra opera e paesaggio (Bruzzi,
1999) può essere ottenuta utilizzando una semplice matrice:
|
Acqua/Terra |
Vegetazione |
Struttura |
|||||||||
Grado di Contrasto |
F |
M |
D |
N |
F |
M |
D |
N |
F |
M |
D |
N |
Forma
|
|
|
|
|||||||||
Disegno |
|
|
|
|||||||||
Colore |
|
|
|
|||||||||
Tessitura |
|
|
|
|||||||||
I punti di vista:
Il primo piano (0-10m)
La piccola distanza (10-400/600m)
La media distanza (600-4000/6000m)
La grande distanza (oltre i 4000/6000m) o
vista infinita
Bruzzi L. (1999).
Ciarapica G. (1985).
Il Trias dell’Unità di Portovenere e confronti con le coeve
successioni apuane e toscane: revisione degli “strati a R. contorta” Auctt.
dell’Appennino settentrionale.
Mem: Soc. Geol. It., 30, 135-151.
Ciarapica G. & Passeri L.
(1980).
La litostratigrafia della Serie triassica del
promontorio occidentale del Golfo di
Giammarino S & Giglia G.
(1990).
Gli elementi strutturali della piega di
Stura
S., Brizzolara E., Baracco
C. & Pelli F. (1999). Studio
di fattibilità per il consolidamento del fronte roccioso del Castelletto
Vistetta in S. Pietro di Portovenere. Regione Liguria.